Ieri la figlia Fiammetta ha dialogato con gli studenti del Liceo “R.Caccioppoli” di Scafati, testimone di un periodo sordido, doloroso e sanguinoso. L’unica uscita di sicurezza è lo studio e la cultura
«È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola»: così Paolo Borsellino presagiva la propria sorte, segnata da un rischio a cui la propria professione di magistrato esponeva quotidianamente. Egli, tuttavia, credeva fermamente nei propri ideali improntati sulla lotta alla mafia. Difatti, nonostante la morte di diversi colleghi che precedentemente si erano impegnati a combattere proprio tali associazioni criminali, egli scelse di rischiare a ogni modo la propria vita con lo scopo di osteggiare l’empietà della mafia, passando alla storia come il simbolo della lotta alla criminalità organizzata. «Noi stessi chiedevamo a nostro padre di non tirarsi mai indietro…», racconta Fiammetta Borsellino -figlia di Paolo- protagonista oggi dell’incontro con gli studenti del liceo “R. Caccioppoli” di Scafati, per il quale sentiamo di ringraziarLa per il ferace dialogo, unitamente all’associazione Animus e le docenti che hanno collaborato affinché l’evento avesse luogo. Parole che senz’alcun dubbio lasciano intendere come l’intera famiglia abbia colto appieno il messaggio del padre, capace di comunicare loro il proprio sentire. La Borsellino ha poi aggiunto:« Mio padre amava parlare con i giovani e aveva “il pallino” della scuola, amava l’istruzione, la cultura poiché sono i mezzi attraverso i quali si combatte la mafia». Difatti le associazioni criminali, come ben sappiamo, si servono molto spesso del consenso dei giovani, i quali illusi da futili ricompense, prestano la propria vita diventando dei veri e propri soldati della criminalità organizzata. A tal proposito Fiammetta Borsellino ha paragonato in modo non casuale l’apparente benevolenza della mafia nei confronti dei ragazzi con la droga, affermando che entrambe, pur presentandosi inizialmente come una cura ai momenti difficili della vita, diventano delle vere e proprie forze devastatrici che portano al disfacimento della persona. L’unica cura, buona e giusta, è l’istruzione capace di elevare i ragazzi verso la liceità, respingendo completamente le tentazioni e le illusioni della mafia. La viltà della criminalità organizzata, dunque, rende schiavi ed è la distruzione della vita. Fiammetta Borsellino, tuttavia, ha raccontato di essere speranzosa per il prossimo futuro e in particolare ha parlato di una speranza legata all’investimento dello Stato sui giovani, un concetto che il padre Paolo presentava nell’ultima lettera prima della sua morte, in cui constatava per l’appunto un impegno sempre maggiore da parte dei giovani nella lotta alla mafia, affermando che la generazione futura avrebbe avuto molta più forza nel reagire a tali soprusi e a tale forma di illegalità rispetto a quanta ne aveva avuta lui fino ad allora. Il magistrato Paolo Borsellino non si sbagliava: aveva predetto con correttezza ciò che si sarebbe verificato nel prossimo futuro e ne è testimonianza la partecipazione attiva da parte dei ragazzi del liceo di Scafati, i quali con entusiasmo hanno posto diverse domande alla dott.ssa Borsellino, alcune delle quali qui di seguito:
«Dove ha trovato il coraggio, ma soprattutto l’energia interiore di affrontare tale situazione, dopo la fine che il destino ha riservato a suo padre?»
«Nel momento in cui ti ritrovi in una situazione particolare, la forza arriva, e ci permette di convivere con il dolore nella quotidianità. Ciò che ci dà la forza di andare avanti è la forza di vivere, la volontà di non fermarsi agli ostacoli, la quale ci permette di crescere e di superare la paura.»
«Com’è stato scoprire che la mafia aveva rapporti con uomini importanti?»
«Non è stato facile, ciò ha significato che anche persone di alto rango erano corrotte e, dunque, non sarebbe stata una passeggiata condannarle. Si può vincere la mafia, ma le istituzioni, ad ogni livello, devono remare sempre nella giusta direzione, poiché risulta difficile costruire una società basata sulla legalità se parte delle figure alla guida del Paese si macchiano a loro volta di corruzione.» Senza alcun’ombra di dubbio è stata un’esperienza unica poter colloquiare con una figura dal calibro di Fiammetta Borsellino, figlia di uno dei simboli che meglio rappresenta la parte bella dell’Italia, quella legata alla legalità e alla lotta contro il male. La dott.ssa si è dimostrata disponibile e aperta al dialogo con tutti, nonostante le difficoltà dovute allo svolgimento dell’incontro mediante piattaforma digitale. È stato particolarmente interessante poter assorbire parte del suo grande racconto di vita, un racconto in cui, quasi boccaccescamente, è inserito quello del Borsellino uomo e magistrato. Il Borsellino che i figli ricordano per essere stato un padre amorevole e presente, e il Borsellino che, tutt’uno con la propria missione, era ormai giunto a minacciare seriamente un sistema di uomini vili. Attraverso le proprie parole Fiammetta Borsellino ha trasmesso coraggio, determinazione, amore per la propria terra, ma soprattutto fiducia, quella fiducia che deve aiutare a credere nella giustizia, nel cambiamento e nella collaborazione che è il segreto per essere uniti contro il nemico comune, la mafia, la quale può essere sconfitta, a sua volta, attraverso l’onestà che è alla base di una società corretta e che ha saputo contraddistinguere la figura del magistrato Paolo Borsellino, da molti considerato un eroe, ma che – come racconta Fiammetta Borsellino- non era altro che un semplice lavoratore onesto che si batteva per il bene comune.