Scafati. Estorsioni e cavalli di ritorno con l’utilizzo di armi, lo scafatese Pasquale Panariello figura apicale della criminalità locale e dell’hinterland vesuviano era stato tratto in arresto (poi scarcerato) perché avrebbe preparato pistole e armi da guerra, modificando quelle a salve in armi perfettamente funzionanti nonché ordigni esplosivi su commissione della criminalità dedita alle estorsioni e soprattutto per “recuperare” dietro compenso auto rubate e restituite ai legittimo proprietari dietro la proposta di compenso. Le indagini avevano dimostrato che Panariello era entrato in scena anche in due estorsioni per recuperare delle autovetture con cavalli di ritorno dimostrando ancora una volta che era lui l’epicentro del crimine scafatese. Uomo di vertice del clan Buonocore Matrone di Scafati e fratello di Marcello Panariello, considerato il gestore del sistema dello spaccio nella centralissima zona vetrai di Scafati, nonché giovane tristemente vittima di un incidente stradale che ne causò la morte a febbraio 2022. Lo stesso gip aveva respinto la richiesta d’arresto presentata dalla Procura per altri 13 indagati. “O mi dai seicento euro oppure di tolgo le ruote da sotto al camion” avrebbe detto all’imprenditore vessato uno degli indagati (Angelo Catania genero di Vincenzo Buonocore) che poi era stato spalleggiato da Vincenzo Buonocore. “Devi onorare il debito con il mio amico e nel più breve tempo possibile, ho ricevuto un’imbasciata dal carcere da mio padre Giuseppe”, avrebbe rimarcato il figlio del capoclan dei Matrone. Per il gip Masucci Angelo Catania avrebbe fornito all’imprenditore presunto vessato delle ruote per il camion, che lo stesso acquirente avrebbe pagato solo in parte con un assegno postdatato a garanzia. “Trascorso del tempo il venditore aveva insistito che la somma gli venisse corrisposta che minacciando la presunta vittima che se non avesse pagato lui si sarebbe ripreso le ruote da sotto al camion cosicchè il debitore aveva versato una ulteriore tranche di denaro”, motiva il giudice nella sua ordinanza di rigetto della misura cautelare richiesta dalla procura. Tra le estorsioni anche i classici cavalli di ritorno dopo aver trafugato autovetture: cifre che si aggiravano tra i 300 e i 700 euro per ottenere indietro il bene sottratto ai legittimi proprietari i quali, dopo aver sborsato la cifra, avrebbero trovato il proprio mezzo in zone della città come davanti al Plaza oppure presso un noti bar di Scafati. Risultano sul registro degli indagati gli scafatesi Giuseppe Buonocore, detto Peppe ‘e Scafati e il figlio Vincenzo, Angelo Catania, Giuseppe Russo, Giampiero Ruotolo, Catello de Simone, Raffaele De Simone, Michele Ruggiero e Salvatore Marra. Quindi Corrado Umberto Grimaudo (residente a Boscoreale), Aniello Alfano (di Sant’Antonio Abate), Antonio De Rosa (di Castellammare di Stabia) e Giuseppe Tufano (di Torre Annunziata). Tutti secondo la pubblica accusa avrebbero fatto parte di un giro di estorsioni nei confronti di imprenditori e semplici cittadini di Scafati e dei Vesuviani aggravato (solo per qualche indagato) dal fatto di aver preparato armi utili per il pizzo.
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