Paleontologia e beni archeologici:che passione. Intervista a Pietro Gaglio - Le Cronache
Salerno

Paleontologia e beni archeologici:che passione. Intervista a Pietro Gaglio

Paleontologia e beni archeologici:che passione. Intervista a Pietro Gaglio

di Jacopo Tafuri
Alzi la mano chi, da bambino, non è stato attratto dai dinosauri. A tanti, crescendo, è poi rimasta la passione, o almeno un interesse, per queste creature tanto diverse dagli animali che conosciamo oggi.
Molti avranno anche avuto l’intenzione di acquistare qualche reperto, ma la complessità della normativa in materia ha creato la falsa idea che la compravendita e la detenzione di tali reperti è illegale. Vogliamo introdurre il lettore al mondo della paleontologia, sfatando l’idea che non si possa acquistare in maniera legale, e quindi detenere, un reperto paleontologico. Lo stesso discorso vale per i beni archeologici, anche questi reperti, a determinate condizioni, sono acquistabili e detenibili legalmente.
Per approfondire l’argomento ci rivolgiamo a Pietro Gaglio, titolare del negozio online Paleobusiness.com, professionista del settore noto in Italia ed all’estero.
Come e quando nasce l’idea di una attività di vendita di reperti paleontologici, in un paese dove esiste una grande confusione legislativa in materia?
“L’attività di vendita, seppur non così ideata, nasceva quando ancora non avevo nemmeno la carta di identità! Ebbene si! Tutto cominciò nel 1998, all’epoca, ancor prima di compiere i quattordici anni, avevo già la passione per i fossili ed i minerali. Piero Angela è stato un’importante mentore. Con la voglia di scoperta ed avventura, giravo i monti di Palermo insieme ai miei cari, sempre con un martelletto in tasca: poteva sempre scapparci una calcite, un quarzo o altro in queste gite domenicali.
Iniziai poi ad acquistare piccoli minerali e fossili, in un negozietto del figlio di un ex minatore delle solfare Siciliane. Mi resi conto sin da subito che quando trovavo dei doppioni nella mia collezione e quando mi capitava un campione più bello o particolare, potevo rivendere il precedente per finanziare un prossimo acquisto. Nel giro di poco tempo imparai che acquistando interi lotti, i costi per reperto scendevano. Credo che in quel momento si sia cristallizzata l’idea di vendere reperti geo-paleontologici. Da quei momenti ad oggi i passi sono stati tanti, importanti, piacevoli e molto sofferti, ma con forza e tenacia unita alla enorme passione per la natura oggi Paleobusiness è una delle realtà più conosciute a livello nazionale ed all’estero.
Passando dal momento emozionale alla realtà dei fatti, posso senza dubbio affermare che l’Italia è un paese “complesso” a livello legislativo. Senza scendere nel dettaglio delle Leggi di riferimento in materia, possiamo sintetizzare in un modo abbastanza esaustivo dicendo che tutto ciò è ritrovato su suolo italiano è di proprietà dello Stato. Purtroppo non esiste un organo preposto ma tutto viene gestito dal nucleo delle “Belle Arti”.
Altra stranezza tutta italiana è che la Legge tutela i reperti di evidente valore scientifico e definiti “unici”, ma non si occupa delle migliaia di reperti che ogni giorno diventano brecciolino per fondi stradali o materiale da costruzione (per esempio il magnifico marmo Rosso Veronese: un calcare in cui sono presenti ammoniti e belemniti, conosciuto da tutti in quanto si vedono sempre in sezione questi famosi Cefalopodi); questi reperti non vengono tutelati perché ve ne sono in ampia quantità e non vi è la reale rarità o la possibilità di perdere qualcosa di unico. Purtroppo non esiste un nucleo preposto e preparato relativamente alla paleontologia, e molte volte oltre a non riconoscere fossili autoctoni, nei verbali delle forze dell’ordine, questi “beni paleontologici” vengono considerati come “beni archeologici”. Abbiamo un Patrimonio paleontologico assolutamente invidiabile rispetto a qualsiasi altro Paese; purtroppo non viene valorizzato e, molto spesso, va incontro al naturale disfacimento dovuto al passare del tempo ed all’azione degli agenti atmosferici.
Quasi tutto ciò che proviene dall’estero è di libera detenzione fino a prova contraria”.
Come vi procurate i reperti che poi mettete in vendita?
“Tutti i nostri reperti provengono dall’estero e da Paesi liberi da convenzioni internazionali antibracconaggio. Siamo estremamente attenti alla questione legale e siamo estremamente selettivi. Ci riforniamo unicamente da professionisti del settore che forniscono tutte le garanzie e la qualità che richiediamo per i reperti che proponiamo in vendita. In casa Paleobusiness vige la regola del: “noi siamo clienti di noi stessi”, per cui se un pezzo dovesse essere “brutto”, fortemente restaurato o peggio ancora, falso, o di provenienza illecita, non fa per noi! Cerchiamo sempre di fornire reperti della qualità più elevata al miglior prezzo. Questa politica ci ha permesso di avere un seguito di veri collezionisti che sanno di portare a casa un reperto originale, di tutto riguardo e con le dovute documentazioni. Per concludere, proprio allacciandoci alla questione di detenzione legale e non perseguibilità derivante dal possesso, Paleobusiness rilascia un documento ufficiale di acquisto e libera detenzione composto da: nome del fossile, provenienza, età e dalla fotografia del reperto, ed una “carta di identità” che indica in maniera inequivocabile che quel reperto è uscito dal nostro magazzino. In caso di controlli, esibendo questo documento, si scarica la responsabilità sul fornitore che, nel nostro caso, ha sempre avuto tutto in regola per operare ormai da oltre venti anni. Questo è un servizio di assistenza legale che in Italia, attualmente, non fa nessuno e che noi forniamo gratuitamente per tutti i nostri clienti, indistintamente dal reperto acquistato”.
Riuscite a soddisfare richieste specifiche di reperti da parte dei collezionisti?
“Fino ad ora siamo sempre riusciti a soddisfare tutti i clienti che si rivolgono a noi con richieste valide. Non riteniamo una “richiesta valida”, per esempio, quella di un cliente che è alla ricerca di un dente di T-rex ed ha un budget di cinquanta euro! In casi come questo siamo nel campo dell’immaginario! Così come non è possibile richiederci reperti “protetti” dietro “lauti compensi”, proprio perché amiamo la natura e richiediamo il massimo rispetto delle Leggi.
Parecchi anni fa siamo riusciti, invece, a risolvere un caso un po’ difficile, che interessava l’acquisizione di uno squalo fossile dal Libano. Era ancor prima della guerra e i mercati erano liberi. Trovammo il reperto (era semplicemente splendido!), fornita la foto al nostro cliente ed avuto il suo benestare, iniziammo le pratiche per l’importazione. Una volta spedito il pacco e sdoganato in Libano, il pacco fu fermato a Roma per diverse settimane (perché la bolla riportava la parola “squalo”). Lo squalo è un animale protetto dalla convenzione internazionale tra stati, atta a proteggere gli animali in via di estinzione, nota come Cites (quindi applicabile ad animali vivi, e/o compravenduti morti o imbalsamati)!
A nulla valsero le continue telefonate fatte al centro delle dogane, spiegando che erano arrivati tardi, in quanto lo squalo era ormai pietra da milioni di anni e definitivamente estinto. Dopo quattro settimane circa è stato chiamato un paleontologo da Roma, che ha ufficialmente indicato lo squalo in questione come “reperto fossile” e quindi non sottoponibile al certificato Cites. Abbiamo avuto subito dopo il via libera. Il cliente, una volta sentito l’accaduto, dopo una lauta risata, è rimasto uno dei nostri migliori clienti negli anni a venire, oltre che prezioso amico”.
Sarebbe auspicabile che il legislatore modifichi o integri la normativa, definendo precisamente una procedura e/o una documentazione univoca che accompagni i pezzi compravenduti?
“Sarebbe auspicabile, si! Il problema di fondo è che ci vuole una preparazione talmente elevata, che graverebbe sulle casse dello Stato. Inoltre occorrerebbe creare aree geograficamente definite come “aree di scavo” che possano essere monitorate e gestite in maniera corretta ed equa. Spesso invece le aree sono distrutte da scavi massivi attraverso l’utilizzo di bulldozer ed escavatori. Ho visto questo scempio in Sicilia: aree destinate alla produzione di brecciolino stradale dove sono state distrutte ammoniti dal diametro di oltre centocinquanta cm, oltre che vertebrati marini e cavità carsiche dove erano stati trovati resti di megafauna.
Nell’impossibilità dell’azione, spero sempre nel buonsenso comune”.
Qual è stato il reperto più importante che avete mai avuto?
“Abbiamo avuto reperti da diverse migliaia di euro ed altri talmente rari da essere introvabili (come per esempio le prime forme di vita pluricellulari). Abbiamo avuto alghe di oltre 1,5 miliardi di anni, oppure enormi ammoniti da oltre un metro di diametro interamente calcificate, oppure denti, vertebre, artigli ed altre parti del corpo di dinosauri.
Diciamo che, personalmente, un reperto per me assolutamente unico, è quello ritrovato in un lotto di ambra giovane del Madagascar: concluso l’affare ed iniziata la pulizia dei pezzi mi ero accorto che dentro uno di questi reperti d’ambra c’era qualcosa di molto strano; una volta fatto esaminare, scoprii che si trattava di una porzione di scheletro in connessione anatomica di un arboricolo (probabilmente un piccolo pipistrello, deceduto ed ormai decomposto fino alle ossa). Questo piccolo scheletro è stato inglobato da una copiosa colata di resina che lo ha conservato fino ai nostri giorni. Oggi quel pezzo si trova presso una prestigiosa collezione in Austria.
Un altro reperto molto importante per noi è stato il primo scheletro, anche se parziale, di Mosasauro (rettile marino vissuto nel Cretaceo superiore, circa settanta/sessantacinque milioni di anni fa) che abbiamo liberato, in laboratorio, dalle sabbie marocchine che lo inglobavano: un attento lavoro di preparazione museale che ha interessato diverse persone per diverso tempo. Un po’ come il “primo bacio”, che non si scorda mai, per noi… il “primo Mosasauro” che non scorderemo mai!”