di Aldo Primicerio
Proprio così. Con la Grecia siamo maglia nera mondiale nella riscossione dei debiti. Come fa la nostra premier ad essere “soddisfatta dei risultati economici? Ad esser fiera della crescita dell’Italia”, come lei stessa ha dichiarato al termine del vertice del Consiglio Europeo? O noi non capiamo niente, o lei pensa di stare su un altro pianeta. Una delle due. Per noi sono solo ai numeri a dover parlare. Ed i numeri dicono che siamo nei guai. Secondo i dati Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, siamo con i greci i peggiori al mondo, con un sistema di riscossione dei debiti disarmante. Siamo il Paese che ha in magazzino un esigibile (che non sa riscuotere) pari al 60% del Pil. E questa sarebbe la crescita dell’Italia? Ed è una storia vecchia, non certo di questo governo, che poi ci mette del suo.
Come nasce e perché non si è mai saputo risolvere la storia del debito pubblico italiano?
E’ una storia fatta di poteri limitati dell’Agenzia delle Entrate, di mancata verifica preventiva della solvibilità dei debitori, di mancato aggiornamento dei debiti nel passaggio dalle agenzie private a quella pubblica, e, drammatica costante di questo Paese, una storia anche di personale insufficiente. Ed al fondo di questo barile scassato che è diventato l’Italia in ostaggio a politici ignoranti ed irresoluti, c’è anche la non-volontà politica di intervenire. Il governo Draghi, molti ricorderanno, aveva freezato la riforma promettendo un condono sulle cartelle fino a 5mila euro. Ora – dopo la solita pensata facile di Salvini di ricorrere ad una nuova rottamazione dei crediti-debiti – il governo Meloni ha varato una delega fiscale che non servirà a niente: si limita a prevedere il discarico automatico dei debiti non riscossi entro 5 anni dall’affidamento all’Agenzia della riscossione. Con quale risultato? Che il magazzino fiscale accumulato dopo il 2000 si è gonfiato di ulteriori 100 miliardi, arrivando a superare quota 1.200 suddivisi in 163 milioni di cartelle e avvisiche fanno capo a oltre 22 milioni di contribuenti. Tra cui 19 milioni di persone fisiche.
Quale è l’intreccio tra debiti inesigibili ed agevolazioni inefficaci? Come si accumulano debiti impercepibili pari al 60% del Pil?
Questa è l’Italia. L’Italia di gente che non paga e di sistemi fiscali che non sanno riscuotere. I media meglio informati – tra cui Il Fatto, con la specialista Chiara Brusini – hanno ricostruito bene lo scenario. In pratica, Dopo 10 anni dall’iscrizione a ruolo, su 100 euro attesi ne vengono incassati meno di 15. Se per i debiti sotto i 100mila euroil tasso di riscossione si ferma al 18%, oltre quella cifra è infinitesimale: 3%. Risultato? Che al momento solo l’8% del magazzino (101 miliardi) ha qualche chance di trasformarsi in moneta sonante nelle casse dell’erario. Il resto va perso perché i debitori muoiono o si dichiarano nullatenenti, le imprese chiudono o falliscono, le azioni esecutive finiscono in un niente. E quindi ecco spiegato il sistema da record della riscossione italiana, l’unico al mondo capace di accumulare un magazzino di debiti inesigibili pari al 60% del Pil. Chi legge sa cosa accade se un debitore non paga o paga parzialmente l’ultima rottamazione, la quater? Accade che l’agevolazione non produce effetti, decade, e riprendono a decorrere i termini di prescrizione e, dopo 5 anni, di decadenza per il recupero del credito. Trascorsi i 5 anni, i crediti verranno dichiarati inesigibili e restituiti ai creditori (agenzie, ministeri, Inps, Inail, Comuni, Regioni. Una strategia che la stessa Corte dei conti aveva giudicato inaccettabile, perché equivalente all’ammissione di rinuncia alla riscossione, ed all’immagine finale al cittadino italiano che oggi, con un buon commercialista o avvocato fiscalista alle spalle, in Italia tanto vale non pagare le tasse. E questo governo in effetti vi rinuncia, se è vero che il creditore “in difficoltà” ottiene rateizzazioni lunghissime: fino a 120 rate mensili se deve oltre 120mila euro. Per debiti inferiori l’aumento delle rate, oggi al massimo 72, sarà progressivo. Come dicevamo prima, una situazione disarmante. Siamo un Paese da una parte con un sistema fiscale incapace di prevedere le solvibilità ed inadatto ad esercitare le pressioni necessarie per conseguirle, dall’altro con un governo (ma i precedenti non sono stati da meno) incapace di valutare una strategia di recupero decente.
Nessun altro Paese ha una quota così bassa di crediti fiscali riscuotibili sul totale di quelli arretrati. Siamo i peggiori al mondo
Stando così le cose, le cifre recuperate – rispetto ai carichi affidati da Agenzia delle Entrate, enti locali e previdenziali, casse e ordini – sono ferme ad una percentuale poco sopra il 13%: 170 miliardi su oltre 1.200, tra il 2000 e il 2022. Come dicevamo, solo la Grecia, osservando i dati Ocse aggiornati al 2021, ha un maggior rapporto tra imposte non riscosse e gettito fiscale annuale: quello dell’Italia è superiore al 200%. E nessun altro Paese ha una quota così bassa di crediti fiscali riscuotibili sul totale di quelli arretrati: 5% contro l’85% del Regno Unito, l’83% di Germania e Spagna. Dal grafico Ocse riportato in pagina si evince che persino il Kenya è migliore di noi. Insomma siamo peggio del peggior Paese africano in materia fiscale. E dunque aspettative disattese dal governo Meloni. Spiace scriverlo, ma in qualsiasi democrazia credibile dovrebbe tornare a casa, accelerando nuove elezioni. Ma siamo il Bel Paese.
C’è un modo per uscirne? Ed abbiamo i mezzi e le capacità per farlo?
C’è un modo per uscirne? Ci sarebbe, anzi meglio dire ci sarebbe stato, visto che non abbiamo avuto, e tuttora non abbiamo amministratori e politici all’altezza di farlo. Infatti secondo Ocse le condizioni fondamentali per gestire con previdente oculatezza un debito pubblico sono tre: prevenire la formazione del debito fiscale, avere strumenti coercitivi per riscuotere, amministrare il cosidetto magazzino fiscale con regole rigide e precise in caso di debiti inesigibili da cancellare. Il governo Meloni, spiace dirlo, finora apparso incapace di orientarsi e di decidere, guarda solo al momento finale di un’azione, quello di una ridicola dilazione dei debiti fino alle famose calende greche e di una passata di straccio sul tavolo dove si è depositata la polvere dei debiti. Giorgia e Giorgetti, ci si scusi il bisticcio di parole, sono solo gli ultimi di una lunga serie di personaggi di governo che hanno caratterizzato la lunga storia del debito pubblico italiano, cominciata negli anni ’80. Una storia prodotta da vari fattori, tra cui alti tassi di interesse, bassa crescita economica e spesa pubblica elevata. Questo ha portato il rapporto debito/PIL dell’Italia a uno dei più alti del mondo. Ma è così. Siamo o non siamo il Bel Paese?