Ora Castiglione del Genovesi vive nell’incubo - Le Cronache Ultimora
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Ora Castiglione del Genovesi vive nell’incubo

Ora Castiglione del Genovesi vive nell’incubo

di Erika Noschese

L’orrore che ha squarciato la quiete natalizia di Castiglione del Genovesi non è più soltanto un’indiscrezione di cronaca, un flash d’agenzia o un sommario tra i tanti. Con il passare delle ore e il faticoso emergere della verità dai reparti dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, i contorni di quanto accaduto nella serata del 26 dicembre assumono tinte fosche, trasformando una notizia di aggressione in un vero e proprio dramma umano e civile. Se le prime informazioni circolate nella mattinata di ieri parlavano genericamente di un assalto, oggi siamo costretti a misurarci con la ferocia di un agguato premeditato, consumato con una determinazione che lascia sgomenti non solo i milleduecento residenti del borgo picentino, ma l’intera provincia salernitana. Carmine Siano, il sindaco sessantaquattrenne che da anni guida la comunità con una dedizione che molti definiscono paterna, è stato vittima di una violenza che non trova cittadinanza in una società civile, un attacco che sembrava mirato a distruggere non solo l’uomo, ma il simbolo stesso dell’autorità locale. La ricostruzione di quella notte di Santo Stefano è ormai tragicamente nitida. Erano circa le 20:45 quando Siano è uscito dalla sua abitazione in Via Provinciale delle Madonnelle. Non era una serata qualunque: il primo cittadino, come sua consuetudine, stava andando a onorare un impegno con i suoi concittadini presso il teatro della scuola locale, dove era atteso per i saluti istituzionali di una manifestazione natalizia. Un tragitto di poche centinaia di metri, un percorso che Carmine ha compiuto migliaia di volte, convinto di trovarsi in un luogo sicuro, circondato dall’affetto della sua gente. Invece, nel buio del vialetto che costeggia il parco giochi comunale, l’orrore ha preso forma. Un individuo con il volto coperto da un cappuccio, probabilmente appostato da tempo nell’attesa del momento propizio, è spuntato dal nulla. Senza proferire parola, senza dare il tempo alla vittima di accorgersi del pericolo, l’aggressore ha iniziato a colpire. Non è stata una colluttazione, non c’è stato un tentativo di difesa efficace. È stato un pestaggio unilaterale, condotto con un oggetto contundente di estrema durezza, forse un bastone o una spranga, impugnato con l’intento di fare male, di segnare per sempre la vittima. Le grida del sindaco hanno rotto il silenzio della serata, attirando l’attenzione di alcuni residenti, ma il carnefice ha avuto il tempo di infierire con una crudeltà inaudita prima di svanire nel buio fitto della vegetazione e dei vicoli che circondano la zona. Quando i primi soccorritori della Croce Rossa di Giffoni Valle Piana sono giunti sul posto, lo scenario appariva spaventoso: il vialetto che solitamente risuona delle grida gioiose dei bambini durante il giorno era bagnato dal sangue del primo cittadino, riverso al suolo in condizioni disperate. Il trasporto d’urgenza al Ruggi è stato l’inizio di una battaglia per la vita e per l’integrità fisica. Siano è arrivato in codice rosso, con ferite che hanno inorridito persino il personale medico abituato alle emergenze più dure. L’intervento chirurgico, iniziato nella tarda serata del 26 dicembre, si è concluso soltanto dopo dieci, lunghissime ore, nelle prime luci di sabato 27. I dettagli clinici che emergono oggi sono una litania di sofferenza: un trauma cranico severo, fratture multiple agli arti superiori e inferiori, con una particolare gravità per quanto riguarda il femore. Ma sono i particolari più crudi a dare la misura dell’odio dell’aggressore: i medici hanno dovuto lavorare strenuamente per ricostruire l’orecchio destro, quasi completamente distaccato dalla furia dei colpi, e hanno confermato la perdita definitiva della funzionalità del dito medio di una mano. Ferite che parlano di un attacco ravvicinato, selvaggio, che ha mirato dritto al volto e alle mani di chi, per mestiere e per passione, ha sempre teso quelle stesse mani verso la propria comunità. Mentre le equipe mediche lottavano in sala operatoria, all’esterno i Carabinieri della stazione di San Cipriano Picentino e del Comando Provinciale di Salerno davano il via a un’indagine serrata che prosegue senza sosta. I rilievi tecnici sul luogo dell’aggressione sono proseguiti per tutta la giornata di sabato, mentre venivano acquisiti i filmati di ogni singola telecamera di sorveglianza privata della zona. Gli inquirenti mantengono il massimo riserbo, ma alcune strade sembrano già tracciate. L’ipotesi di una rapina finita nel sangue è stata scartata quasi subito: l’aggressore non ha cercato portafogli o oggetti di valore, voleva colpire Carmine Siano. Si scava dunque nell’attività amministrativa, nei faldoni del Comune, nelle delibere recenti, ma anche nella vita privata, cercando quel granello di sabbia che ha inceppato il meccanismo della convivenza civile fino a generare un simile mostro. Si cerca di capire se dietro quel cappuccio si nasconda un rancore personale o una vendetta legata a qualche decisione politica che ha scontentato qualcuno al punto da fargli imbracciare un bastone. La reazione di Castiglione del Genovesi è quella di un corpo sociale ferito a morte. Passeggiando oggi per le strade del paese, si respira un’aria pesante, intrisa di una paura che non appartiene a questi luoghi. I cittadini si fermano a parlare a bassa voce, quasi temessero che il silenzio possa essere nuovamente rotto da una violenza simile. Il sentimento dominante è lo shock. Una residente, tra le lacrime, ha raccontato di come i bambini del borgo siano scoppiati in pianto alla notizia dell’attentato al loro sindaco: per loro Carmine non è un uomo in giacca e cravatta che siede dietro una scrivania, ma una presenza costante, rassicurante, che si ferma a chiacchierare con tutti. Questa vicinanza, questa disponibilità totale del sindaco a farsi chiamare semplicemente “Carmine”, rende l’accaduto ancora più intollerabile per la popolazione. Vedere il sangue vicino a un parco giochi ha dato l’idea di una profanazione, di un attacco ai valori fondamentali della loro terra. Molti cittadini definiscono quanto accaduto come un episodio degno del “Far West”, un’espressione che ricorre spesso nelle testimonianze raccolte. È la sensazione di fragilità di fronte a un male cieco e improvviso che ha colpito chi è sempre stato in prima fila per difendere il bene comune. Castiglione, un tempo oasi di pace tra i monti, si scopre vulnerabile, e questa consapevolezza fa male quanto le ferite fisiche riportate da Siano. La solidarietà che sta giungendo da ogni parte della regione è un balsamo necessario, ma non basta a cancellare l’immagine di quel vialetto buio. Il sindaco rimane in ospedale, con una prognosi che resta riservata e un percorso di guarigione che si preannuncia come un calvario lento e doloroso. Non sarà facile per lui, e per Castiglione, dimenticare il peso di quella spranga che ha cercato di spezzare non solo le ossa di un uomo, ma la schiena di una comunità intera. In questo momento di attesa e di dolore, la speranza è che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e fermezza. Identificare il responsabile non servirà a restituire l’integrità fisica immediata a Carmine Siano, ma sarà fondamentale per restituire dignità e sicurezza a un paese che oggi si sente tradito. La vicenda di Castiglione del Genovesi ripropone con forza il tema della sicurezza degli amministratori locali, troppo spesso lasciati soli a gestire conflitti e tensioni in territori dove lo Stato è rappresentato quasi esclusivamente da loro. Siano ha pagato un prezzo altissimo per il suo impegno, e il silenzio che oggi avvolge Via Provinciale delle Madonnelle deve servire da monito: la violenza non può e non deve diventare uno strumento di interlocuzione politica o personale. La comunità resta in attesa di notizie dal Ruggi, sperando che la tempra di quell’uomo che tutti conoscono e stimano possa portarlo presto a varcare di nuovo la soglia del Comune, per riprendere quel dialogo con la sua gente che un cappuccio e un bastone hanno cercato, vanamente, di troncare per sempre.