di Erika Noschese
Lavorano a stretto contatto con gli anziani, senza alcuna tutela. Per loro, infatti, non vi è né la possibilità di vaccinarsi né di essere sottoposti a tampone, se non a proprie spese. È quanto denuncia un’operatrice sollievo impegnata nel progetto Hcp del Comune di Salerno, attraverso la cooperativa “La Meridiana”, così ribattezzata dopo il fallimento della Assel. “Dopo un anno e più di pandemia, l’azienda non ha mai concesso a noi dipendenti la possibilità di fare un tampone: sono stata due volte in quarantena, sottoposta a tampone ma tutto a mie spese”, ha raccontato la donna che non ha mai avuto contatti con la cooperativa, se non attraverso una signora in servizio presso la sede distaccata del Comune di Salerno, nei pressi de La Carnale. Si tratta di un progetto dell’Hcp, pagato dall’Inps e la donna lavora per lo sportello di Torrione. “Da marzo dello scorso anno, mai sono stata sottoposta a tampone; ho avuto contatti diretti con un positivo, di recente e sono stata costretta all’isolamento, in attesa dell’esito di ben due tamponi fatti all’Usca – ha raccontato ancora l’operatrice – Non veniamo mai pagate con regolarità, generalmente ogni 2 o 3 mesi ma da gennaio ad oggi non ho ancora ricevuto un solo stipendio”. Gli operatori, infatti, sono a stretto contatto con anziani, persone fragili e le loro famiglie: “Io mi occupo di un signore di 70 anni circa completamente cieco, una signora di 90 anni che era stata contagiata da sua figlia ma era stata sottoposta alla prima dose di vaccino e non ha avuto grosse conseguenze e poi mi occupo di una signora affetta da Alzheimer – ha raccontato ancora – Avevo tanti altri pazienti da seguire ma, vista la situazione, ho dovuto rinunciare anche perchè sono mamma di due bambini, ho bisogno di entrate fisse, non posso permettermi di ricevere lo stipendio ogni due mesi, anche tre, senza alcuna tutela e mettendo a rischio la mia famiglia”. La donna ha più volte chiesto all’addetta vdello sportello in servizio presso La Carnale di inoltrare richiesta all’Asl per vaccinare anche gli operatori sollievo ma, ad oggi, nessuna replica è giunta in merito. L’operatrice, di fatti, la mattina assiste anche una ragazza disabile, risultata positiva al Covid e, nel pomeriggio, si occupa di persone fragili, con gravi patologie. “Mi è stato risposto che non sono operatrice sanitaria e che non assistendo persone minorenni non mi spetta il vaccino – ha detto ancora la donna – Trovo vergognoso e clamoroso questo atteggiamento: ho 2 minori a casa da tutelare, se mi ammalo chi li cura, chi prepara loro da mangiare? Come ho già detto, sono stata costretta alla quarantena cautelativa e i miei figli hanno sofferto per questo allontanamento. Inoltre, posso essere fonte di contagio, provocare ulteriori danni a pazienti con patologie gravi e mettere a rischio la loro vita. Queste cooperative non ci tutelano, ci sottopagano, ci è concesso uno stipendio ogni 2 o 3 mesi. È vergognoso”. L’operatrice, insieme alle sue colleghe, ha più volte chiesto il rispetto dei suoi diritti e di quelli delle sue colleghe ma la replica non è tardata ad arrivare: o si accettano le condizioni poste o sono libere di andar via. “Il diritto alla salute del lavoratore è sacrosanto, questa pandemia ci ha danneggiato molto, anche psicologicamente: diventa sempre più complicato e pesante recarsi al lavoro con la paura che ogni giorno io possa essere contagiata”. Da qui la richiesta di essere sottoposta a vaccinazione, magari nella categoria caregiver, soprattutto considerando che i dipendenti della cooperativa, quelli che lavorano allo sportello informazioni, sono già vaccinati. “E’ inammissibile questa situazione, vaccinano chi non ne ha diritto, lavorando dietro ad uno sportello e non noi, costantemente per strada, tra un paziente all’altro, il Comune si attivi per tutelare i nostri diritti”, ha aggiunto infine la donna.