di Gaetano Del Gaiso
Domani sera, alle ore 21:00, sul palco dell’Officina 72 di Agropoli (SA), farà il suo debutto lo spettacolo di musica-teatro “Noi non siamo in errore”, scritto e diretto da Sergio Mari e desunto dall’omonimo disco prodotto dallo stesso in sinergia con la storica voce di Vico Masuccio, Antonio Amatruda, e dal produttore salernitano Massimiliano D’Alessandro, in arte MaxDale. Lo spettacolo, che s’inquadra nel genere del teatro-canzone, è stato congegnato col precipuo scopo di dar voce, forma e contenuto ai disagi avvertiti da un’intera generazione, quella degli anni’70, “che s’è vista scippare sogni e ideali accarezzati per anni per poi esser costretta ad abitare, un mondo e una società lungi dall’essere quelli sperati”, asserisce Mari, rincarando la dose contro quegli anni ‘80 “che han visto cambiare il volto del nostro paese, e non esattamente in meglio”. “Noi non siamo in errore”, alla testa delle produzioni contemplate all’interno del cartellone della stagione teatrale 2021/2022 dell’Officina, titolata “Palco e Contropalco” e curata dalla persona di Umberto Squitieri, è uno spettacolo che si preoccupa, dunque, d’offrire allo spettatore un’esaustiva disamina riguardo gli irrefutabili mutamenti sociali, politici, culturali ed economici ch’interessarono l’italico stivale fra il 1970 e il 1990, magnificati nei loro tratti più reprobi e spregevoli da due attori, Sergio Mari e Ciro Girardi, i quali, provenienti dal medesimo background culturale, han però scelto strade diverse per cercare di occupare il proprio posto nel mondo. Noi non siamo in errore è l’urlo di due generazioni, apparentemente contrapposte tra di loro; un grido nei confronti di un’esistenza divenuta, per quella più vecchia, un cimitero di speranze infrante e per quella più giovane, invece, solo un frustrante attraversamento di un quotidiano indecifrabile, liquido e confuso. A impersonare le due generazioni sono un padre sessantenne e un figlio quarantenne che, nel privato di una scarna abitazione, più immaginata che rappresentata scenograficamente, si rinfacciano a vicenda i mali che ognuno a suo modo, con la sua generazione, ha portato o ha ereditato dall’altra. Il padre, nostalgico di quel passato in cui i sogni per un mondo migliore sembravano a portata di mano, rimprovera al figlio e ai suoi coetanei una mancata incidenza sul presente. D’altro canto, invece, il più giovane ammonisce al genitore l’eredità che i vecchi come lui gli hanno maldestramente lasciato. Nove sono i brani che s’intersecano con i monologhi e i dialoghi che costituiscono il plot concettuale dello spettacolo; e se le canzoni Autostrade e Non v’ingannate, urlano la difesa orgogliosa di una generazione che vuole ricordare, ed essere ricordata per i suoi valori migliori, i brani Siamo diventati grandi, noi e Girasoli gialli illustrano, invece, le riflessioni di chi, arrivato dopo, è consapevolmente frustrato per le difficoltà insite in questa nuova esistenza, ma che ciò nonostante sgomita, con acerbi idealismi, per un cambiamento sociale. A imprimere il fluire dello spettacolo ci sono, poi, i brani Io non sono in errore e Ci sono stati giorni, un privato d’amore della vecchia generazione che definisce i valori nuovi, e genuini, che in questo nuovo presente ha voluto adottare; Dove vanno a dormire gli angeli è, invece, una preghiera d’amore dolorosa recitata da chi si sente addosso i chiodi che la nuova generazione è costretta a portare. Sarà proprio quest’ultima preghiera a illuminare il percorso comune che, entrambe le generazioni, possono insieme costruire. Infatti, con Attenzione e C’è chi, ultimi brani dell’album, padre e figlio, generazione vecchia e nuova, si ritroveranno su un binario univoco: riconoscere l’immondo mondo e cantarne, invece, i fiori che ancora ci sono da cogliere.Percorsi di vita molto diversi l’uno dall’altro, tali dall’innescare, ineluttabilmente, una serie di serratissime sticomitie ingentilite, però, dall’intervento d’un cantante, Antonio Amatruda che, alla fine di tutto, saprà estinguere il livore generatosi fra i due suffragando i linguaggi dell’arte attraverso le parole di alcune delle songs contenute nel disco da cui lo spettacolo trae espirazione. “Due mondi, quello del teatro e quello della canzone, che imbastiscono un insieme, un unico fluire che permette allo spettacolo il diritto di entrare in quel genere caro, ieri a Gaber e Jannacci; oggi a Cristicchi e Alloisio”, conclude Mari, tirando fuori dal cilindro nomi che, alle nostre orecchie, risuonano nella guisa di promesse che, siamo certi, l’ex calciatore saprà esaudire con effetti forse anche più sorprendenti di quanto, a tutti noi, non piaccia immaginare.