Di Olga Chieffi
Il tango irromperà potente, anche in questa edizione del festival “Le Corti dell’Arte”, a Cava de’ Tirreni, rassegna firmata da Giuliano Cavaliere e realizzata dall’Accademia Jacopo Napoli. A trasportare il pubblico nelle sue intense atmosfere sarà il quintetto “La Junta Escondida”, una delle più importanti formazioni del panorama tanguero, in scena questa sera nel chiostro di Santa Maria del Rifugio alle ore 20,30, insieme ai ballerini Dennys Fernandez e Matilde Beccaria, già campioni e vice campioni italiani ed europei di tango argentino in varie categorie. La Junta Escondida, formazione tanguera d’elezione, composta da Giampaolo Costantini al bandoneon, Leonardo Spinedi al violino e chitarra, Franco González Bertolino alla viola, Massimo Ceccarelli al contrabbasso e Riccardo Balsamo al pianoforte, schizzerà una vera e propria Histoire du Tango, per dirla con Piazzolla, che costruì un ponte tra Congo Square e i bordelli di Buenos Aires: operai e giocatori d’azzardo, prostitute, fuorilegge e tutta la varia umanità che approdava in quella babele, un’umanità fervida e dolente, triste e allegra, che nelle sale dei caffè e nei prostiboli, luoghi di un meticciato culturale appartenente alla stessa epoca, creava una nuova danza dal nome ammaliante, ricca di vibranti emozioni, il tango, che non verrà utilizzata come didascalica rappresentazione dell’Argentina ma verrà scomposto per ricomporlo, ognuno con il suo linguaggio, miscelati, ma sempre riconoscibili come le sabbie colorate nelle bottiglie. Si andrà dal “canyengue” al “tango nuevo” passando per la sua “epoca de oro”, nell’interpretazione di pezzi di Astor Piazzolla quali Verano Porteño, Adiós Nonino, Concierto para Quinteto, Julian Plaza compositore di Buenos Aires-Tokyo e Payadora, e ancora, Osvaldo Pugliese con Recuerdo, un tango di Enrique Francini, Bajo un cielo de estrellas, datato 1941, l’ Héctor Mele di Viejo Barracas al Sur, Anselmo Aieta con Corralera, per chiudere con Atilio Stampone e Mi Amigo Cholo. Utilizzando gli strumenti come colori si è cercherà di sottolineare il pathos del romanzo scritto dal genio di Mar del Plata. L’incantevole cornice naturale, del chiostro, attiverà, così, quel melò rioplatense, quel romanzo ardente e frusciante che è fuga dal fantastico. Il tango è una espressione artistica originalissima, letteraria, estetizzante, individualista, esotica e trasgressiva, assimilabile alla commedia dell’arte e al jazz. Nel mantice dell’accordéon, la lunga lotta del tango contro i borghesi benpensanti e gli aristocratici che attaccavano la danza argentina, nata nei bassifondi, nei postriboli, praticata da ubriaconi e prostitute, di cui non venivano tollerate le posizioni così sconvenienti ed equivoche. Così, nel 1911, quando il tango sbarcò a Parigi, la stampa – con Le Figarò in testa -, non perse l’occasione per lanciare un sincero allarme, sostenendo che esso costituiva un pericolo per la morale, in quanto consentiva ad un maschio e ad una femmina di fare in pubblico “cose che anche nel privato avrebbero fatto arrossire le persone perbene”. Quella stessa lotta che italiani, ebrei, neri, cinesi, pellerossa, dovettero affrontare per sopravvivere e per essere accettati, andando a fondare le Americhe contribuendo alla nascita del jazz. Che la parola tango derivi dal termine francese tangage, “beccheggio”, oppure dal verbo latino tangere, toccare, che sia termine di origine giapponese che corrisponde ad una città giapponese, che derivi dal fandango, una danza Andalusa, oppure dal tango flamenco, tanguillo, o da tangos nome dato ai locali che rappresentavano i ritrovi dei neri o dal termine africano tambo, che significa tamburo, il tango, non è una danza come le altre: G.B.Shaw affermò che il Tango è l’unico ballo di società che merita l’appellativo di danza. Si tratta in definitiva di un modo di godere musica in cui leggeremo il tango e i suoi simboli, brillantina, tacchi a spillo, glamour, gambe saettanti, sguardi severi, muscoli caldi, per quei tre infiniti minuti, durante i quali i due ballerini, improvvisando, stabiliscono quella complicità, quell’intimità di sentimenti, quell’empatia, che permette loro di raccontarsi la propria vita.





