di Arturo Calabrese
La paventata chiusura del museo vichiano, fiore all’occhiello della Fondazione Giambattista Vico, almeno stando alle parole del presidente onorario e già presidente Vincenzo Pepe, potrebbe essere la perfetta attuazione del pensiero del filosofo napoletano. “Corsi e ricorsi storici”, diceva Vico, e se quanto detto da Pepe dovesse trovare compimento sarà ciò che accadrà. Più volte, infatti, la Fondazione ha visto chiudere una sua creatura. Doveroso, come sempre, andare con ordine.
Era l’anno 2017, una calda estate si prospettava all’orizzonte, e in primavera fervevano i preparativi per l’apertura a tempo da primato del museo “Acropolis”. Nel giro di poco tempo, si allestì il piano terra di Palazzo Del Vecchio nel centro storico di Agropoli.
Il 7 giugno, in piena campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale, l’allora sindaco di Agropoli Franco Alfieri, oggi ai domiciliari dopo essere stato ospite delle patrie galere, l’allora candidato alla carica di primo cittadino Adamo Coppola, l’allora presidente dell’ente culturale Vincenzo Pepe e l’allora rappresentante della Provincia di Salerno Luca Cerretani tagliarono il nastro, inaugurando di fatto il polo museale.
Al suo interno furono portati tre quadri di Paolo de Matteis, pittore cilentano le cui opere sono ospitate nei luoghi della cultura di tutto il mondo, litografie di Giovanni Battista Piranesi ed altri importanti reperti della storia di Agropoli e di Paestum. Il museo ebbe un ottimo successo nel giro di poche settimane: migliaia i visitatori, tra cui molti anche stranieri rimasti estasiati dalla bellezza delle opere esposte.
Grazie anche ai volontari del servizio civile della Fondazione Giambattista Vico, il museo osservava turni di apertura anche nei giorni di festa. Un successo continuato anche per merito di eventi di stampo culturale. Ma quell’esperienza era destinata a durare poco, tant’è che poi Palazzo Del Vecchio chiuse le proprie porte.
I quadri, i reperti, le stampe del Grand Tour, nuovamente, non avevano più una casa. L’epidemia da Covid-19, nel 2020, ha frenato una nuova inaugurazione, avvenuta nel febbraio del 2021. Il museo “Acropolis” trovò così dimora presso la Fornace sempre ad Agropoli. Il nastro fu tagliato, tra gli altri, da quell’Adamo Coppola nel frattempo divenuto sindaco. Anche qui, alterne fortune, eventi, rappresentazioni teatrali che non hanno lasciato alcun segno, fino ad arrivare all’ennesimo epilogo.
Il 9 febbraio del 2024, la giunta comunale di Agropoli guidata dal sindaco Roberto Antonio Mutalipassi e formata dagli allora assessori Maria Giovanna “Vanna” D’Arienzo, Emidio Cianciola, Rosa Lampasona, Roberto Apicella e Giuseppe Di Filippo, approvò un capitolato speciale d’appalto per l’affidamento del servizio di gestione della Fornace.
La Fondazione Vico fu destinataria della proposta di accettazione di esso, ma dopo sette giorni il silenzio dell’istituto culturale fece scattare gli adempimenti consequenziali.
La Fondazione fu dunque tenuta a consegnare le chiavi e a lasciare il bene. Tutto ciò si legge in delibera pubblicata sull’albo pretorio e dunque atto pubblico consultabile. Quel giorno, dunque, si pose fine in modo inglorioso a quello che poteva essere un simbolo per Agropoli, per il Cilento e per l’intero meridione.
Una delle avvisaglie di ciò che potrebbe succedere e cioè la chiusura anche di Palazzo Vargas? Ai posteri l’ardua sentenza.






