di Erika Noschese
«La giustizia italiana ha fallito». Parole dure quelle pronunciate da Maria Teresa Giglio, la mamma di Tiziana Cantore, la 31enne napoletana che il 13 settembre 2016 si è tolta la vita, impiccandosi con un foulard nella cantina di casa – nel corso del convegno “Haters, l’odio uccide sul web”, organizzato dall’associazione forense “Nova Juris”. A più di due anni di distanza dal suicidio della giovane originaria di Mugnano di Napoli ancora non c’è un solo colpevole. «Il mio più grande rammarico e dispiacere è che nulla è stato fatto ancora», ha aggiunto la signora Giglio che confida però nel lavoro dei nuovi magistrati che si stanno interessando al caso, alla ricerca di un colpevole. Una vicenda, quella che riguarda Tiziana Cantore, che «purtroppo ha mille aspetti di cui ad oggi neanche uno è stato chiarito. Con tutti i reati che si sono configurati, ad oggi, ai danni di mia figlia, è una vergogna che la giustizia italiana alla quale Tiziana Cantone si era rivolta ha fallito – ha aggiunto amareggiata la madre – Fino ad ora non mi ha fornito il nome di un solo colpevole». Da qui l’appello ai giovani d’oggi a divertirsi in modo sano, senza eccessi e senza finire nel tunnel della droga o dell’alcool. Ma l’intenzione di Maria Teresa
Giglio è proprio quella di far comprendere ai ragazzi quanto possano essere pericolosi i social network e i canali di informazione, in generale: «Il solo percorso educativo non basta. Parallelamente c’è bisogno anche di un percorso giuridico», affinché ci si possa rendere conto del male che si può fare attraverso i social, anche a causa della società in cui oggi viviamo: «Viviamo nell’Italia dell’odio, delle calunnia, della falsità ed è un sentimento di disagio che si avverte molto nella nostra società – ha detto ancora la mamma di Tiziana – Bisogna capire perché i giovani non riescono più a divertirsi in modo sano mentre per gli adulti c’è poco da fare, come ho sempre detto ci vogliono pene detentive severe e sanzioni pesanti per chi si macchia di questi reati di divulgazione di foto, video privati». Per Maria Teresa nessuno mai dovrebbe divulgare cose illecite. «Io non mi fermo qui perché io ho perso una figlia perché lo Stato è stato assente. I giovani sono figli dello Stato che ha il dovere di non abbandonare nessuno e quello che è stata costretta a subire mia figlia è una cosa inqualificabile per mia figlia – ha poi aggiunto la mamma della ragazza napoletana – Spero che il nuovo governo faccia finalmente qualcosa e metta in riga i social network e i motori di ricerca che non sono altro che società per azioni che lucrano su cose illecite e loro badano solo al guadagno. Lo Stato deve tutelare prima noi cittadini». Pesanti anche le accuse lanciate da Claudio Tringali, ex presidente della sezione penale della Corte d’Appello di Salerno: «Lo Stato dovrebbe cominciare a dare il buon esempio, a smetterla di suscitare paura nei cittadini». E ancora: «Il web non è che sia insidioso di per sé. Le insidie derivano dall’anonimato, dalla mancanza di controlli e di educazione per il web», ha poi aggiunto Tringali, spiegando che ci si può difendere innanzitutto attraverso l’educazione, la cultura e superando il clima di paura che viene generato o approfondito suscitando nelle persone sentimenti negativi. Da qui l’attacco al governo, reo di generare odio verso chi è diverso: «dovrebbe cominciare a smetterla di suscitare la paura del diverso perché questo è il vero nodo di fondo, secondo me. La paura del diverso può generare odio perché è un riflesso di se stesso che si preferisce allontanare e individuare in un’altra persona e qua ce ne sono di diversi. Le prime vittime sono le donne, poi gli omosessuali, l’antisemitismo, l’odio indifferenziato e genetico che nei college americani ha prodotto stragi immotivate. Lo Stato siamo noi e ognuno di noi deve contribuire a combattere questa diffusa sensazione di paura che viene alimentata perché è da lì che nasce l’odio», ha detto senza mezzi termini Claudio Tringali.
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