di Alfonso Malangone*
Le strade delle nostre Città sono dedicate, generalmente, a personaggi della vita che hanno saputo esprimere il meglio dell’intera umanità. Non usiamo i numeri, come si fa da altre parti, perché la nostra cultura assegna al ricordo il compito di arricchire la memoria collettiva come fattore di crescita della coscienza e della conoscenza. Per quanto fugace possa essere la lettura di un nome su un cartello stradale, è indubbio che ad esso si collega istantaneamente un patrimonio di informazioni in grado di generare emozioni e di indirizzare al meglio i nostri atteggiamenti materiali e sociali. Del resto, fu Foscolo a parlare di ‘egregie cose’.
Così, per una Città, dare un nome a una strada non è un adempimento amministrativo, giusto per facilitare i viaggi, ma costituisce la modalità più immediata per rendere onore ai suoi personaggi illustri che, oltre ad affrontare i propri problemi di vita, riescono a diffondere pensieri e a svolgere azioni per migliorare quella di tutti gli altri.
Ieri, in rappresentanza della Comunità di Battipaglia, la Sindaca dr.ssa Cecilia Francese ha dedicato una strada centrale a chi, negli anni ’30 del secolo scorso, si fece carico dell’impegno a trasformare in una vera Città un anonimo luogo rurale privo di ogni pur minima caratteristica urbana. Fu Alfonso Menna, nella veste di Commissario Prefettizio, a concretizzare quell’obiettivo realizzando un sogno per molti inverosimile. Eppure, era una persona molto semplice, sebbene dotata di forte capacità ideativa, volitiva e realizzativa, come è emerso dalle parole di coloro, per primo una familiare, che hanno avuto il compito di ricordarne la figura. La sua vera forza, però, non risiedeva nella conoscenza tecnica e nell’esperienza, bensì in uno smisurato sentimento di umanità che impregnava ogni sua decisione e lo avvicinava ai più deboli e indifesi. Fu questo, il vero punto di diversità. Per i suoi cittadini non si comportò da burocrate, ma da padre.
Lo dimostrò anche qui, a Salerno, quando portò il sorriso sui volti dei bimbi, i “suoi ragazzi”, abbandonati nel vecchio “Serraglio” dell’Orfanotrofio Umberto I, dando ad essi la speranza nel futuro grazie ai laboratori dai quali uscirono ceramisti, tipografi, grafici e, infine, anche musicisti. La “Banda” dell’Orfanotrofio diffuse suoni, gioia e calore in tutta la Città.
L’impegno di Alfonso Menna per Salerno ebbe inizio con l’opera di ricostruzione che seguì al dramma dell’alluvione, da lui gestita nella veste di Segretario Generale del Comune poiché il Sindaco non c’era, a quel tempo, a causa dello scioglimento del Consiglio nel 1953. Per la sistemazione dei senzatetto del Centro Storico riuscì ad ottenere i fondi per il nuovo quartiere di Mariconda, inaugurato nei primi anni 60. E, fu lui ad intuire la possibilità di usare le macerie della guerra e le ceneri dell’eruzione del Vesuvio per l’allungamento e l’allargamento del Lungomare. Divenuto Sindaco, nel 1956, si adoperò per risolvere gli enormi problemi della ricostruzione, della disoccupazione, dell’edilizia scolastica e dei servizi, dando vita al recupero del ‘Castello Arechi’, con il rimboschimento della collina, e del ‘Forte La Carnale’, all’incremento del verde pubblico, alla realizzazione di ‘Piazza della Concordia’ con il ‘Monumento al Marinaio’, al porto ‘Masuccio’, alla Scuola ‘Matteo Mari’, alla Piscina Comunale, ai Campi da Tennis, al Gasometro e alla Centrale del Latte. Come risposta alla mancanza di alloggi, costruì nuove case, tra cui il rione Zevi, mentre per dare lavoro agevolò l’insediamento di aziende, potenziò la viabilità e i trasporti, avviò la sistemazione dei corsi d’acqua. Salerno divenne un attrattore talmente importante da registrare, nel ventennio 1951-1971, una crescita esplosiva della popolazione, da 90.970 unità a ben 155.496 (+54.526), grazie al richiamo di intere famiglie dalla Provincia e dai territori delle vicine Basilicata e Calabria. Divenne il Nord del Sud e, anzi, fu definita la ‘Torino del Sud’, per operosità, e la ‘Svizzera del Sud’, per l’ordine e la pulizia. Il Lungomare, con aiuole, piante, fiori, giochi per bimbi e fontanine in ceramica, a forma di cestino, fu definito il più bello del mediterraneo. Oggi, non sembra sia così.
Con tutto questo, non possono comunque essere omessi i molti giudizi, talora fortemente critici, per una trasformazione urbana ritenuta aggressiva e distruttiva. Il punto è che solo nel 1967 fu emanata la cosiddetta Legge Ponte e solo nel 1968 quella sui piani regolatori e sugli standard con la finalità di frenare abusi che, a livello nazionale, avevano consentito di ‘mettere le mani sulle Città’. Poi, solo nel 1971 venne promulgata la Legge sul cemento armato, nel 1974 quella sulle zone sismiche e, infine, fu nel 1978 che furono da noi applicati gli standard. Si potrebbe ben dire che i fabbricati ‘di troppo’ furono l’effetto soprattutto di una carente legislazione urbanistica. Almeno per la consiliatura di Alfonso Menna, chiusa nel 1970.
Su due punti gli fu dato torto, pur avendo ragione: – l’Università la voleva in Città, ma volontà politiche superiori la fecero costruire altrove; – il porto commerciale lo desiderava a Oriente, ma politici locali di rilevanza nazionale furono alla base della delibera del Consiglio Superiore dei LL.PP. e del successivo Decreto Interministeriale che, nel 1974, disposero di farlo a Occidente con tutto il vergognoso viadotto Gatto, infimo esempio di civiltà urbanistica. Ma, lui non era più Sindaco.
Comunque sia, su una cosa, sembra non possano sussistere dubbi: fu un uomo onesto. La sua integrità pubblica non fu mai scalfita da eventi o avvenimenti contraddittori. Neppure sono stati mai disconosciuti, negli anni, i suoi meriti o negata la funzione di simbolo di una parte della storia della Comunità.
Per tutto questo, probabilmente, avrebbe meritato una diversa attenzione da una Città che gli ha dedicato solo uno slargo, per quanto dignitoso, nella zona orientale. Sarebbe il caso di rimediare, come ha fatto Battipaglia che, pur con ritardo, ha colmato una lacuna. Anche se, in verità, non sono né una targa in periferia, né un mausoleo in centro, a decretare la grandezza di chi si propone per cambiare il destino di una Comunità. Basta far riferimento alle azioni concrete.
*Ali per la Città





