di Redazione Culturale
E’ in edicola il Dossier monografico del mensile “Medioevo”, curato da Tommaso Indelli – Assegnista di Ricerca in Storia Medievale presso l’Università degli Studi di Salerno – dedicato alla storia delle grandi dinastie che governarono il Mezzogiorno italiano, dall’epoca dell’invasione normanna (XI secolo) all’istituzione del Viceregno spagnolo (inizio XVI secolo). Questo numero speciale di “Medioevo” si propone di narrare e di analizzare imprese militari e politiche, diplomazia, intrighi e vicissitudini di Normanni, Svevi, Angioini ed Aragonesi, di sovrani, regine e legislatori – Roberto il Guiscardo, Costanza d’Altavilla, Federico II, Carlo d’Angiò, Alfonso e Ferrante d’Aragona – che segnarono, nel bene e nel male, la storia del Sud Italia. E non solo. Nei Box – le “schede di approfondimento” di cui è corredato il testo – grande attenzione è riservata anche alla ricostruzione della vita culturale e spirituale, alle arti figurative e alla letteratura, oltre che all’analisi delle strutture istituzionali e giuridiche del Regnum Siciliae – poi “Regno di Napoli” cioè di quello “stato monarchico” e centralizzatore che costituì, indubbiamente, una delle “peculiarità” storiche e politiche del Mezzogiorno, rispetto al resto della penisola, come ebbe modo di costatare Benedetto Croce, nella sua “Storia del regno di Napoli”. Un regno estesissimo – circa 70000 kmq – i cui confini si conservarono sostanzialmente inalterati fino al Risorgimento e al completamento del processo di unificazione nazionale, nel 1861. Le vicende esposte nel testo sono sempre analizzate alla luce del più ampio contesto geopolitico del Mediterraneo e dell’Europa medievale nel cui spazio, marittimo e terrestre, si affrontarono regni, città e sovrani, in una lotta costante ed incessante per il predominio politico e commerciale. Nelle pagine del Dossier è affrontata la non facile sfida di esporre, in una grande sintesi – supportata dall’analisi delle fonti e della corposa bibliografica indicata alla fine del testo – la successione degli accadimenti che, per circa 500 anni, hanno scandito la storia dell’Italia: il lettore incontrerà una schiera infinita di personaggi – tale da imporre la necessità di periodiche “pause di riflessione” sulle numerose “tavole genealogiche” di cui è corredato il testo – dai nomi per lo più germanici, franchi e spagnoli, tutt’al più italianizzati all’uopo. Il lettore viaggerà, con la mente, nelle terre del meridione della Penisola – perché è lì, tra Palermo e Napoli, che i protagonisti del racconto hanno scritto la storia del Paese – e rimarrà sbalordito di fronte alla grandiosità della produzione artistica e architettonica di quel mezzo millennio, le cui splendide immagini accompagnano il testo. Si pensi agli splendori del duomo di Cefalù e di Monreale, in Sicilia, oppure all’imponenza di Castel Nuovo, a Napoli, della chiesa della SS. Trinità, a Venosa, o alla monumentalità del duomo di Salerno. Nel Dossier, non poteva essere trascurata Salerno, già capitale del principato longobardo e, in seguito, del ducato normanno di Puglia e Calabria, la compagine fondata dalla dinastia degli Altavilla. Tuttavia, la costituzione di un regno unitario del Mezzogiorno, con l’avvento di Ruggero II il normanno, determinò la perdita progressiva della centralità politica della città campana, con il conseguente trasferimento della capitale e degli uffici di corte prima a Palermo e, poi, con Carlo d’Angiò, a Napoli. Comunque, ciò non impedì a Salerno di continuare a risplendere sotto il profilo culturale e civile, in quanto sede della nota Scuola Medica, i cui ordinamenti giuridici e programmi didattici furono disciplinati, per la prima volta, proprio dalle Costituzioni di Federico II. Ma, oltre a noti medici, Salerno fu in grado di esprimere, in quegli anni, personalità politiche e amministrative di indubbio valore, nella storia del regno di Sicilia. Si pensi al vescovo Alfano, politico e intellettuale, attivo nella prima fase della conquista normanna, o al vescovo Romualdo Guarna, diplomatico e storiografo, nella fase di assestamento del dominio degli Altavilla, nella seconda metà del XII secolo. Oppure si pensi alla famiglia d’Aiello che, durante la fase drammatica del passaggio dalla dominazione normanna a quella sveva, tra XII e XIII secolo, svolse un ruolo politico fondamentale, attraverso il contributo delle note personalità di Matteo, vice cancelliere del regno, e del figlio Nicola, arcivescovo di Salerno. Anche in età aragonese, Salerno tornò al centro dell’attenzione politica, come centro di complotti baronali volti a rovesciare il potere centralizzatore del monarca aragonese. Si pensi alla figura straordinaria del principe di Salerno, Antonello Sanseverino, uno dei massimi rappresentanti della rivolta dei baroni del 1485-1486, diretta contro il re Ferrante d’Aragona. Ancora nel periodo aragonese, attraverso Masuccio Salernitano, Salerno tornava al centro dell’attenzione culturale – e non solo politica – della società regnicola. Nel Dossier, grande rilievo è dato anche all’esame di alcune questioni storiografiche – da tempo al centro del dibattito scientifico – come quella inerente l’origine e le conseguenze dei noti “Vespri Siciliani” (1282), la rivolta popolare che determinò l’allontanamento dell’isola dalle vicende del resto del Mezzogiorno peninsulare e che, secondo Benedetto Croce e Michele Amari – grande storico di epoca risorgimentale – ebbe pesanti e negative conseguenze, nella prospettiva della costruzione dello stato unitario e di un comune spirito nazionale. Non a caso, proprio a partire da quell’epoca, il regno edificato dai Normanni cominciò ad essere denominato regno di Napoli e non più Regnum Siciliae, denominazione che conservò anche nei secoli a venire, fino al 1861 e al completamento del processo d’unificazione nazionale, proprio a suggerire il fatto che il baricentro politicoamministrativo dell’intero Mezzogiorno, si era spostato verso Napoli e la Campania, cioè verso il “continente”.