di Erika Noschese
Più che un cervello in fuga si definisce «cervello itinerante» Giuseppe Verolino, giovane cardiologo interventista in forze all’ospedale Auxologico San Luca di Milano che lo scorso 3 dicembre ha salvato la vita all’ex calciatore Roberto Scarnecchia. Quel giorno, alle 23 circa, il cardiologo – originario di Salerno dove è nato e ha studiato fino alla laurea, era in pronta disponibilità e sta guardando una serie tv con la moglie Giulia. Dalla struttura sanitaria lo avvisano che c’è una persona di 65 anni con «caratteristiche cliniche ed elettrocardiogramma» che suggeriscono «un infarto miocardico» in corso. Una storia raccontata dall’ex giocatore, oggi chef di successo attraverso i canali social: «Mi hanno fatto un intervento al cuore e mi hanno salvato la vita. Mi hanno preso un po’ per i capelli». Scarnecchia era nei pressi del Duomo di Milano quando accusa il malore, a soccorrerlo un altro medico, in compagnia della sua fidanzata. Tempismo perfetto, come si suol dire, e un pizzico di fortuna che non guasta mai. La corsa verso l’ospedale e il medico salernitano che si ritrova a salvare la vita ad un suo concittadino che in quel momento lottava tra la vita e la morte. «Ironia della sorte ho salvato la vita ad un uomo che ha passato parte della sua vita nella mia città natale. Nulla di straordinario, è il nostro mestiere e vediamo tantissimi pazienti dell’età più disparate ma in questo caso è stato fondamentale il tempismo, è stato aiutato – e anche qui c’è un pizzico di fortuna – da un collega che si trovava a passare di lì in quel momento. Il suo decorso attuale è positivo anche grazie alla decisione tempestiva», ha raccontato il dottor Verolino, spiegando che avere un infarto miocardico significa che «un arteria del cuore si occlude in maniera acuta e genera una sintomatologia» e dunque è opportuno «non attendere». Pochi secondi che possono stravolgere tutto. «In questi casi ogni secondo non speso bene può cambiare». La mortalità dell’infarto non operato, infatti, «decuplica per ogni ora che quell’arteria rimane occlusa. E per noi cardiologi interventisti, quanto prima arriviamo, tanto più lineare può essere l’intervento». Un intervento durato all’incirca trenta minuti, conclusosi nel migliore dei modi, fortunatamente. Scarnecchia è stato trasferito in Unità coronarica, «la nostra unità di alta intensività per i pazienti cardiologici. E il decorso che sta avendo lo dobbiamo a una serie di scelte corrette, anzitutto quella iniziale», ha ribadito il medico salernitano. Tanti i fattori che possono pesare e portare, alla fine, ad una diagnosi simile, come lo stress: «ci sono sicuramente una serie di fattori che aggravano le patologie coronarie. Nel caso di questo paziente c’è stata una scena simpatica perchè gli ho chiesto che lavoro facesse e lui mi ha spiegato di non essere più nel mondo del calcio ma in quello della cucina, di essere dunque uno chef e mi si è accesa la lampadina perchè sono persone con responsabilità, dormono poco, sottoposto ad uno stress elevato e questo potrebbe essere un fattore scatenate». Ma a chi oggi lo definisce cervello in fuga lui risponde: «Mi definisco cervello itinerante nel senso che sono una persona che non ha rimesso alla comodità geografica la propria formazione, ho più di un caso di persone che hanno scelto comodità logistiche ma la mia priorità è sempre stata la formazione», ha aggiunto il medico 32enne. E se da Milano un salernitano fa raccontare di sè per un caso di buona sanità il riferimento al Ruggi è inevitabile: «Non sono la persona adatta per entrare nel merito delle dinamiche ma di sicuro io provo ad analizzare la cosa in maniera lucida e le dico: il proverbio dice “chi è causa del suo male pianga sè stesso”. Ecco, questo per dire che tutto ciò che arriva è sempre frutto di qualcosa che è stato scelto in precedenza. Non si può credere alle coincidenze, il nostro mestiere – come tanti altri – è fatto di necessità, ovvero le risorse. Non è fatto di coincidenze ma di scelte con una progettazione alle spalle e la progettazione o la progettualità, perchè ci sono entrambi i fattori – portano a determinate cose e riparare non è sempre possibile – ha aggiunto il dottor Giuseppe Verolino – Ogni cosa è tale perchè le scelte potevano essere migliori o almeno discutibili».