Antonio Manzo
“Pensi un po’ che disastro sarebbe se i volenterosi del centro sinistra per la Regione Campania dovessero constatare che il loro candidato presidente Roberto Fico ha preso meno voti della coalizione. A me dispiacerebbe se Roberto Fico, che io considero il più politico dei Movimento 5Stelle, dovesse proprio qui, in casa del cosiddetto campo largo, di esser messo in fuori gioco, azzoppato”.
Clemente Mastella è fuori di sé e, da democristiano intelligente ma anche previdente, immagina una debàcle politica con la sua lista Noi di Centro.
“La sensazione è che Roberto Fico venga percepito come una sorta di Pubblico Ministero da eleggere in Regione con il bagaglio populista del cosiddetto Codice Etico per la Liste Pulite”. Non sarebbe altro che un tardivo esecutore della già sconfitta “teologia politica” di Rosy Bindi, al tempo della moda degli “impresentabili” con la scelta del moralismo partitico prim’ancora della moralità politica.
“Sia chiaro, io chiedo la moralità della politica non le prediche del moralismo guardando a chi si finge santo laico per trasformarsi poi in diavolo religioso”. Liste pulite.A Mastella non piace il termine perché lui non farebbe mai liste con pregiudicati o condannati per un concertato abuso di potere da politici falliti e magistrati complici, “Bene, tanto per esser chiari e dirla tutta, io non debbo sottoporre i candidati al vaglio di una commissione di ex magistrati come l’ex procuratore aggiunto di Napoli Paolo Mancuso o dell’ex capo della Procura Nazionale Antimafia oggi deputato 5 Stelle Federico Cafiero de Raho. Sarebbe come condannare anticipatamente le scelte della politica messa da loro inopinatamente sotto inchiesta, in nome di una ragione antipolitica più che anti mafiosa”.
Lui da ex ministro di Giustizia conosce anche la rabbia incontrollata dei pubblici ministeri quando dovette dimettersi da ministro ricevendo solo la pur prestigiosa solidarietà pubblica di Francesco Cossiga. Finì nel mirino dei giudici con la moglie Sandra, poi etichettata dalla Bindi, insieme a Vincenzo De Luca, come una impresentabile, così bollata a tre giorni dal voto. “Ricordo che mia moglie svenne appena apprese la notizia” ricorda Clemente Mastella.
Tutto si riconduceva alla legge Severino per De Luca, di cui vorremmo sempre scordarci, ma ci si ripropone a ogni elezione, e che farà in eterno danni alla politica. Perché oltre che sulle sentenze certe della giustizia giusta, la “nostra funzione di controllo sulle liste – spiegò fin troppo acutamente l’allora presidente dell’Antimafia Nicola Morra – riguarda anche le anticamere del sospetto, ovvero quelle dei tribunali dove passeggiano gli imputati in attesa di giudizio, e quelli a dibattimento aperto”.
Come tutte le narrazioni delle fiction alla Gomorra ebbe successo l’.anticamera del sospetto, perché la saga degli impresentabili non risparmiava colpi di scena, indignazioni, prese di posizione incrociate, doppi e tripli livelli di lettura e, perla davvero rara, una querela tra esponenti di primo piano dello stesso partito. Con la costruzione mediatica che si registra intorno al fenomeno mafioso, inteso come male assoluto, in barba a qualsiasi principio di garantismo che, dice Mastella, “tutela la dignità umana prim’ancora che l’agibilità politica”
“E la cosa ancor più grave – riflette Mastella – è che in questa materia della “teologia politica” molto immorale si declina la versione del due piedi e due misure. In Calabria, la regola delle liste pulite non vale per il condannato sindaco Mimmo Lucano e in Puglia per il mio amico Nichi Vendola. Va precisato che il diritto elettorale passivo è un diritto soggettivo pieno e perfetto, riconosciuto dalla nostra Costituzione. Nell’ambito del potere di fissazione dei “requisiti” di eleggibilità, che la Costituzione riserva solamente al Legislatore e solo allo stesso, esistono delle cause ostative all’esercizio di questo che trovano espressa disciplina nel nostro ordinamento giuridico”. L’esempio classico della politica che gira la faccia dall’altra parte? La teoria dell’impraticabilità, dettata più dalla magistratura che dell’etica politica, pecca di presunzione oltre che di legittimità costituzionale. Era il cosiddetto codice si autoregolamentazione adottato da Rosy Bindi che aprì la fantasia di una parlamentare che arrivò a ipotizzare il “reato di parentela” allargando in modo disdicevole e illegale la impresentabilità a coloro che avevano parenti, fino al IV grado, condannati in via definitiva.
Tanto per finire. Ma dove è stato nascosto l’invito del presidente uscente De Luca a discutere dei programmi prim’ancora del nome dello stesso Fico? Ebbene, nella perfetta liturgia partitocratica domani, giovedì, si riuniranno i rappresentanti delle forze politiche che compongono il cosiddetto campo largo. Clemente Mastella comincerà a chiedere una politica regionale che salvi le aree interne, tenendo fede alla promessa da lui fatta ai Vescovi italiani e al loro presidente cardinale Matteo Zuppi , riunitisi a Benevento. Liste pulite, magistrati esaminatori? Mastella stavolta non sarà solo. Si ritroverà a fianco quel riformista anti-forcaioli impersonato dal vice presidente della Giunta Regionale Fulvio Bonavitacola. Lui sarà rappresentante delle Liste De Luca alla riunione del campo largo. Ma che sia davvero largo senza il sospetto Var sotto gli occhi dei magistrati e di un “quarto uomo” mascherato da una improbabile divisa arbitrale.





