CAVA DE’ TIRRENI. Marco Senatore esce allo scoperto e presenta la sua candidatura a sindaco ed il suo programma elettorale. «Scendo in campo per rappresentare un mondo civico e di persone perbene», annuncia Senatore. Il primo atto? «La revisione della spesa comunale». Una domanda per rompere subito il ghiaccio: perché si candida a sindaco? «La mia candidatura nasce dall’amara constatazione di un fallimento: quello del progetto programmatico e politico-amministrativo del centrodestra cavese che vinse trionfalmente le elezioni nel 2010. Dopo quasi cinque anni il centrodestra si presenta agli elettori tra le macerie. Il sindaco Galdi, più di chiunque altri, è il principale responsabile di questo disastro e la sua, a quanto pare, certa ricandidatura, fa pensare a quel detto latino che tradotto in italiano recita: “sbagliare è umano, perseverare è diabolico”. D’altra parte, il trasformismo politico di Galdi e dei suoi centurioni è stato tale, soprattutto negli ultimi sei mesi, che risulta difficile persino collocare la sua candidatura in uno dei due schieramenti. Non è di centrodestra di sicuro, ma neanche di centrosinistra. E’ qualcosa di ibrido, appartiene a quel mondo di mezzo della politica fatto di pura e semplice occupazione del potere a prescindere da ogni valore e ideale». D’accordo, candidarsi per rappresentare cosa? «La politica nella nostra città è ormai una palude piena di sabbie mobili. Guardando alle forze politiche in Consiglio comunale è difficile trovare dei compagni di strada. Quando un sindaco, come Galdi, sostiene di avere una maggioranza della non sfiducia, pubblicamente afferma che da un punto di vista amministrativo vi è un totale inquinamento. Non c’è più, per capirci, una linea di separazione netta tra maggioranza e opposizione. Siamo al pot-pourri, all’intruglio fatto di potere, interessi, convenienze. Preso atto di ciò, diventa una necessità impellente distinguersi, non mescolarsi in questa insalata di cattiva politica, bensì contribuire a liberare il Palazzo di Città da una classe dirigente che in buona parte, è riuscita a dare il peggio di se stessa. Candidarsi quindi per rappresentare un mondo civico e di persone perbene, che amano la politica senza che questa sia la loro professione e con l’obiettivo del cambiamento nella convinzione che sia possibile oltre che necessaria una gestione oculata della cosa pubblica». Il suo rapporto con il sindaco e con la maggioranza in questi quattro anni e più spesso è stato conflittuale, anche se fino a luglio scorso, e per quasi otto mesi, è stato assessore della Giunta Galdi. Ci spiega un po’ la storia e la logica di queste dinamiche che non sempre sono chiare alla maggioranza dei cittadini? «Come ho già avuto modo di chiarire in altre occasioni, sin dai primi giorni d’insediamento dell’Amministrazione Galdi, ho messo a disposizione la mia professionalità e le mie capacità a servizio della Città, ricoprendo la carica di Consigliere Comunale, di capogruppo e la delega alla ceramica, nonché varie presidenze di Commissioni Consiliari. Quando mi sono accorto che quello che chiedevo come riconoscimento al mio impegno -vale a dire condivisione dei progetti da mettere in campo, collegialità nelle scelte da attuare e comunicazione tra le varie componenti dell’Amministrazione e con la città- non trovava delle risposte adeguate, sono uscito dalla maggioranza. Salvo poi ritornare sui miei passi per le insistenze del sindaco Galdi e per senso di responsabilità nei riguardi della città e dell’elettorato di centrodestra. Poi, purtroppo, con le Amministrazioni Galdi non conta la qualità dell’apporto che si dà, bensì altre logiche, per cui l’esperienza in Giunta è durata pochi mesi». Pentito di aver collaborato con il sindaco Galdi? «Pentito no, deluso certamente. In primo luogo, perché quando si può dare un contributo fattivo alla città, non bisogna fare calcoli di convenienza. In secondo luogo, perché in otto mesi penso di aver lavorato bene nell’interesse delle attività produttive, dei commercianti, di quanti orbitano nel mondo della movida per una corretta regolamentazione di questo fenomeno che è una risorsa cittadina, infine, per il settore della ceramica,dove sono stato ideatore di una Legge Regionale ad hoc, seconda dopo quella approvata dalla Regione Toscana. Peccato che tutto questo mio lavoro non sia stato portato avanti da chi mi è succeduto. Anche questo è uno dei motivi che mi spingono a candidarmi, perché non è tollerabile la giostra di assessori che si è avuta con Galdi». Sgombriamo il campo da qualche possibile equivoco. Dire Marco Senatore per molti vuol dire Alfonso Senatore. Lei quanto è autonomo rispetto ad un fratello così politicamente caratterizzato? «Incominciamo con il dire che per me è motivo di orgoglio, e quindi non solo di affetto, essere fratello di Alfonso, un uomo tanto generoso quanto passionale, tanto coraggioso quanto irruente. E con mio fratello ho un debito di riconoscenza enorme da un punto di visto affettivo, umano, professionale, politico. Ciò non vuol dire che con Alfonso non ci siano stati, non ci siano e non ci saranno diversità di vedute. Detto ciò, questa volta a correre sono io, in piena autonomia e a mio fratello ho chiesto sostegno che mi sta già dando con umiltà e discrezione. D’altra parte, Alfonso è stato ben lieto, già da qualche tempo in verità, di passarmi il testimone. Sono io, quindi, che in prima persona assumo gli impegni e detto i tempi e le modalità dell’azione politica. Sono io che sto ad uno ad uno scegliendo i candidati e coordinando il lavoro per la redazione del programma. Ascolterò tutti e a tutti chiederò il conforto delle idee e della collaborazione, ma sarò io e solo io a prendere le decisioni finali che riguarderanno la mia candidatura a sindaco». Il programma elettorale è in via di redazione, però alcune linee guide ce le può dare? «Certo. Innanzi tutto di questi tempi ai cittadini non bisogna far vedere la luna nel pozzo e favoleggiare di grandi opere pubbliche, di sviluppo e di lavoro. Molto più semplicemente ai cittadini va promesso di recuperare la normalità che significa far funzionare al meglio la macchina comunale, farla diventare non solo più trasparente e efficiente, ma soprattutto amica, aperta, disponibile. Insomma, lavorare per avere strade pulite e senza buche, marciapiedi sistemati, vigili in strada, costi di gestione ridotti al minimo per alleggerire il carico tributario che grava in modo insopportabile sulle famiglie e l’economia cittadina. Di sicuro, come sindaco nominerei un assessore con particolari competenze per la revisione della spesa al fine di ridurre il fabbisogno del Comune e abbattere le tasse a carico dei cittadini cavesi. In questa ottica, va posta in essere una lotta senza quartiere agli sprechi, eliminando le consulenze e gli incarichi esterni, valorizzando le risorse interne visto che il nostro personale comunale per la stragrande maggioranza non solo è qualificato e competente, ma anche onesto e volitivo. Assicurato ciò, si può parlare di altro, di rifiuti zero, di riorganizzazione della polizia locale, di centro commerciale naturale, di promozione del commercio, dell’artigianato, dell’arte ceramica e del turismo, di reperimento e corretta gestione dei fondi europei, creando un ufficio ad Hoc che si occupi esclusivamente di tale vitale settore, di trasporti, di cultura, di una Metellia meno oppressiva». Non se ne abbia a male, ma tutti i candidati a sindaco promettono più o meno le stesse cose… «Ha ragione. Bene, allora darò qualche altra indicazione utile a differenziare il candidato Marco Senatore. Innanzi tutto, rispetto a qualche altro, penso che dieci anni di esperienza come amministratore comunale sono di per sé già una garanzia, quantomeno so dove si trovano gli interruttori della luce a Palazzo di Città, insomma, di conoscere la differenza tra una delibera e una determina e di non scambiare il Peg (piano esecutivo di gestione, N.D.R.) per una parolaccia. Detto questo, penso, che al di là della qualità delle singole persone, conti molto il metodo. Bene, i candidati a consiglieri delle liste che mi sostengono firmeranno il Codice etico nel quale, tra i tanti altri punti, c’è l’impegno a restare consiglieri comunali una volta eletti, quindi gli assessori saranno rigorosamente degli esterni scelti dal sindaco. Sia io se eletto Sindaco, così come i miei assessori, verseremo almeno 1/3 dello stipendio in un fondo che sarà utilizzato per finalità sociali. Questi ultimi, almeno ogni sei mesi, saranno valutati nel loro operato politico-amministrativo da una pubblica assemblea composta dai consiglieri comunali stessi e dai candidati non eletti». Ha già in mente i nomi degli assessori? «E’ troppo presto per farlo, ma di sicuro li indicherò prima delle votazioni. Ho però già in mente quali deleghe assegnare e in testa mi frullano tanti nomi di personalità che stimo e che ho avuto modo di apprezzare per competenza, professionalità e onestà, a prescindere del loro orientamento politico». Resta però il problema di convincere innanzi tutto la gente ad andare a votare. «Questo è un problema serio. I cittadini sono stanchi a ragione della cattiva politica, degli sperperi, della scarsa qualità morale e del modesto spessore umano e culturale di tanti che si sono proposti nella gestione della cosa pubblica. Tuttavia, non credo che l’astensionismo, soprattutto a livello locale, dove in una città come la nostra grosso modo ci conosciamo tutti o quasi, sia la migliore delle risposte, anzi, di certo è la peggiore delle soluzioni. Parafrasando il presidente americano John Fitzgerald Kennedy, ai cavesi tutti, nessuno escluso, direi con umiltà di “non chiedere cosa la tua città può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per la tua città”. In altri termini, basta lamentarsi della politica e dei politici, bisogna, invece, impegnarsi tutti, dare il proprio piccolo o grande contributo per il cambiamento. Come? Partecipando direttamente o, in subordine, anche votando con oculatezza. In ogni caso, partecipando più attivamente e consapevolmente alla vita amministrativa. È finito il tempo di continuare a delegare il futuro dei nostri figli a chi ha fallito. Non votare significa favorire chi fino ad ora ha fatto della politica qualcosa di personale. Il voto è l’unico strumento e arma che ogni cittadino ha per modificare questo sistema politico. Non votare è un atto sconsiderato. Certo, noi candidati dobbiamo fare la nostra parte puntando a risultare credibili concretamente e non a chiacchiere». Eletto sindaco, qual è il primo provvedimento che adotterebbe? «In assoluto, come già detto in precedenza, l’impegno che mi sento di assumere da subito è quello della revisione della spesa comunale, a cominciare dai rifiuti, per alleggerire il carico fiscale che grava sui contribuenti cavesi e, nella stessa direzione, adottare i provvedimenti necessari a ridurre il peso dei costi dei parcheggi soprattutto per gli automobilisti residenti nelle frazioni. Il primo atto che farei, però, è di ridurre di almeno 1/3 gli emolumenti che spettano per la carica di sindaco e di assessore. Non è che ciò risolva i problemi, ma è un gesto dovuto nei confronti di una città in affanno e soprattutto di quanti, giovani, disoccupati, anziani, hanno difficoltà ad arrivare a fine mese». Carolina Milite
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