L’onorevole Maurizio Lupi, capo politico di Noi Moderati torna in provincia di Salerno dopo la campagna elettorale per le elezioni politiche che hanno visto il dirigente Pino Bicchielli vincere il collegio uninominale alla Camera dei Deputati. Noi Moderati nel salernitano si sta velocemente organizzando e ha presentato liste autonome nei due comuni più importanti chiamati al voto, Scafati e Pontecagnano.
Voi siete stati tra i più attivi per la cancellazione del reddito di cittadinanza, quali sono i motivi?
«Ci sono motivi di principio e motivi fattuali. Si parla tanto di dignità della persona, nella passata legislatura è stato fatto addirittura un decreto con questo nome. Ma se da una parte la dignità va riconosciuta a ogni persona in quanto essere umano, dall’altra uno percepisce la propria dignità, la propria utilità alla socità proprio grazie al lavoro, non all’assistenzialismo. La dignità la dà il lavoro, non l’elemosina dello Stato, che anzi, con un reddito garantito anche in assenza di lavoro perpetua situazioni di dipendenza, di irresponsabilità. Ricorderò per sempre la testimonianza di una ragazza che in un tema disse: non ho mai visto mio padre alzarsi per andare a lavorare, è una cosa triste, per lui e per me. Il padre era un cassintegrato di lunga durata di un’azienda statale andata avanti per decenni con i contributi dello Stato dopo aver cessato la produzione. L’ho detto tante volte e lo ripeto: meglio 800 euro lavorando che 800 euro standosene a casa, soprattutto se si è giovani. Favorire questo fenomeno è disgregante per la società e distruttivo per la personalità di un giovane. Poi ci sono i fatti, che, al di là delle truffe scoperte, hanno dimostrato che questo strumento non ha funzionato, non ha aiutato la gente a trovare lavoro. Allora io dico, degli 8 miliardi all’anno – tanto costa il reddito di cittadinanza, 3 destiniamoli a chi effettivamente è in situazione di bisogno e non è in grado di lavorare, perché una società degna di questo nome non deve lasciare indietro nessuno, 5 diamoli alle imprese che assumono dalle liste di chi ha fatto domanda per il reddito. Il lavoro no si crea per decreto, il lavoro lo creano le imprese, allora incentiviamo chi assume, chi fa formazione ai suoi dipendenti, chi investe in ricerca. Insomma, prendiamo sul serio il primo articolo della nostra Costituzione: l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro».
Noi Moderati terrà a maggio il primo congresso nazionale. Quali obiettivi?
«L’obiettivo è quello di confermare la scelta politica, di costruire cioè un polo moderato del centrodestra, di irrobustirlo, di qualificare sempre più il contributo dei moderati al governo del Paese. Un contributo che è fatto soprattutto di responsabilità, di lavoro per l’unità della coalizione, di identità che ha nella tradizione del popolarismo i suoi valori: sostegno alla famiglia, libertà di educazione, libertà di impresa, centralità del lavoro – come già detto – e promozione del protagonismo sociale che ha nel principio di sussidiarietà la sua espressione e la sua sintesi. Si ratta di dare rappresentanza adeguata a una gran parte di italiani che da tempo, pur essendo protagonisti nella vita sociale attraverso il lavoro, l’associazionismo, il volontariato… insomma, un’esperienza reale di popolo, si sentono estranei ai dibattiti e agli scontri ideologici e spesso astratti che ingolfano la scena pubblica. Molti di questi italiani si sono rifugiati nell’astensionismo, bisogna offrire loro uno strumento, un partito, che li rena pienamente partecipi della vita democratica del Paese. Non è l’astratta offerta di un centro – chi ci ha scommesso è andato incontro agli inevitabili problemi che quella proposta portava con sé – ma della proposta di una chiara identità culturale che ha fatto una netta scelta di campo per il centrodestra. Centrodestra che vogliamo rafforzare nel suo programma di governo».
Autonomia differenziata, quale la sua posizione?
«Se realizzata con equilibro è una grande occasione per tutte le regioni italiane, a mio parere soprattutto per quelle del Sud Italia. Il principio della responsabilità e del controllo della spesa mette gli amministratori nelle condizioni di rispondere più direttamente ai cittadini del loro operato, e questo è sempre stato un fattore di sviluppo. Quando dico che va fatta con equilibrio è chiaro che parlo del valore dell’unità nazionale, dell’omogeneità dei servizi essenziali su tutto il territorio, ma gli squilibri e le disuguaglianze ci sono adesso, e sono stati creati da un sistema centralistico, non dalle richieste di autonomia. L’autonomia differenziata è una possibilità di dare ulteriore attuazione alla sussidiarietà verticale, la collaborazione cioè tra le istituzioni centrali e quelle locali, sancita dalla nostra Costituzione. C’è poi per me una ulteriore opportunità: Regioni più responsabilizzate, con più poteri delegati in campi precisi e ben determinati, possono diventare gli attori dell’attuazione anche di una sussidiarietà orizzontale, quella cioè che coinvolge le amministrazioni locali e il variegato mondo dell’associazionismo sociale, del terzo settore, di chi con il volontariato risponde ai bisogni dei cittadini soprattutto nel campo del welfare, una ricchezza del nostro Paese che tanti Paesi ci invidiano».