L’Università di Salerno nell’interregno tra due Rettori - Le Cronache Attualità
Attualità Salerno

L’Università di Salerno nell’interregno tra due Rettori

L’Università di Salerno nell’interregno tra due Rettori

di Francesco Amoretti*

Camminando nei corridoi color rosa del Rettorato, si percepisce tutta la natura sospesa di questo momento. Il rosa non è un colore neutro: è un passaggio tra il bianco, simbolo di neutralità, e il rosso, segno di potere. È il colore della transizione, dell’attesa. In questi spazi si riflette l’essenza stessa del periodo che l’Università degli Studi di Salerno sta vivendo: il Rettore uscente, che non ha più la piena autorità per esercitare il comando, e il nuovo che, non ancora insediatosi, non può avvalersi della legittimazione ricevuta dal voto. I corridoi rosa diventano così metafora di un’istituzione che sarà a breve chiamata a scegliere, a fare i conti con l’eredità del passato per aprirsi al futuro, per plasmarlo. Nel frattempo, la vita accademica non si ferma. In questi giorni, ad esempio, è alla firma del Rettore (uscente) un progetto di ricerca che ho presentato rispondendo a un bando della Funzione pubblica, braccio operativo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Un progetto che intende promuovere modelli di formazione innovativi, incentrati sui Digital Twins (Gemelli digitali) per migliorare le performances del capitale umano delle pubbliche amministrazioni. Un tema di ricerca cruciale per il futuro del nostro Paese. Nello scarto temporale tra l’elezione e l’insediamento ufficiale del nuovo Rettore, in questo tempo forse troppo a lungo sospeso, nuove iniziative si mettono in cantiere, o vengono annunciate, alimentando inevitabilmente dubbi e interrogativi. Quale ruolo conserverà l’attuale governance negli assetti di potere che si affermeranno? Quali equilibri si delineeranno all’interno e tra i Dipartimenti nei prossimi mesi e anni? Verrà incoraggiata la multidisciplinarietà, ossia quella visione dell’Università capace di far dialogare competenze e saperi diversi, o prevarrà la logica dei compartimenti stagni? Come si riconfigureranno, se si avvierà una stagione di riorganizzazione dell’offerta formativa, le Aree didattiche? I Dipartimenti, che costituiscono il cuore pulsante dell’Università, sono i luoghi in cui ricerca e didattica si incontrano, dove i docenti costruiscono progettualità comuni, dove gli studenti trovano un riferimento chiaro. Le Aree didattiche, a loro volta, organizzano l’offerta formativa, rappresentano la porta d’ingresso per gli studenti e hanno il compito di garantire percorsi coerenti e di qualità. È accaduto, e può ancora accadere, che Dipartimenti e Aree didattiche si riducano a mere pedine di una scacchiera dove prevale il calcolo politico, a detrimento, se non proprio nel disprezzo, della progettualità culturale. L’Università non nasce, e non vive, (solo) per alimentare logiche di potere, ma per generare conoscenza, custodire il sapere e restituirlo alla società: è un bene pubblico, e come tale andrebbe vissuto da tutti, a cominciare da chi ha responsabilità di governo. Spesso, tuttavia, si assiste a dinamiche che spostano il baricentro dall’accademia alla politica, tradendo così la missione originaria dell’Università. Allo stesso modo, rappresenta un vulnus grave continuare ad intervenire dall’esterno, nonostante l’aspettativa per ragioni politiche, per condizionare scelte interne o consumare vendette personali. Quando prevale questa logica, i docenti diventano mere pedine di strategie personali, o faziose, che mortificano la dignità dei docenti stessi, la loro autonomia, con un impoverimento complessivo della ricerca e delle attività didattiche. Significa, questo, che tutto debba restare immutato nel tempo? Todo cambia, recita una bellissima canzone interpretata magnificamente da Mercedes Sosa. I cambiamenti saranno pertanto inevitabili. La differenza la faranno i protagonisti e gli obiettivi che perseguiranno. Soprattutto, la differenza sarà nei modi come essi verranno pensati e realizzati: sottotraccia o in un confronto aperto, con cognizione di causa e intelligenza strategica. Con una visione del futuro dell’Università. Il vero banco di prova della nuova governance sarà la sua capacità di mantenere fede al proprio impegno elettorale, che restituiva all’Università il suo ruolo originario: luogo di libertà, ricerca e crescita collettiva. La nomina di un Prorettore, le scelte organizzative sui Dipartimenti e la valorizzazione della multidisciplinarietà non sono solo decisioni tecniche. Sono atti politici nel senso più alto: scelte che segnano la direzione culturale di un’istituzione. Se il nuovo Rettore, con la squadra che lo affiancherà nei prossimi anni, saprà interpretare questo ruolo con responsabilità e lungimiranza, l’Università potrà essere spazio di elaborazione critica, di formazione per gli studenti e i giovani ricercatori, di produzione di sapere a servizio della società. Altrimenti, resterà intrappolata in logiche di potere che soffocheranno sul nascere ogni spinta, e volontà, alla realizzazione di un progetto condiviso in grado di affrontare le ardue sfide che ci attendono. Alla fine, l’immagine che resta è proprio quella dei corridoi color rosa del Rettorato. Un passaggio di tonalità, una soglia tra ciò che è stato e ciò che verrà. Lì si concentra l’attesa di un’intera comunità accademica: studenti, ricercatori, docenti e personale tecnico-amministrativo. Il futuro dell’Università degli Studi di Salerno si gioca nella capacità di trasformare quei corridoi di transizione in spazi di apertura, dove la conoscenza non sia ridotta a merce di scambio o strumento di potere, ma torni ad essere bene comune. Se i corridoi rosa diventeranno davvero la metafora di un sapere condiviso e multidisciplinare, allora questo interregno non sarà stato tempo perso, ma premessa di un nuovo inizio.

*Professore ordinario di Scienza politica