Luci d’Artista e gli eventi collaterali: non ci sono numeri importanti - Le Cronache Ultimora

Sin dall’antichità, nella filosofia cinese esiste il concetto di yin e yang. Tramite questi antichi termini cinesi si afferma il legame necessario fra le cose, certo per distinguerle singolarmente, ma soprattutto per denotare la natura mutevole delle loro relazioni. Nel senso più pratico e a noi vicino, quindi, possiamo affermare con assoluta certezza che la funzionalità di determinati eventi e circostanze, create ad hoc per un territorio che vive un momento di forte crisi identitaria e comunitaria (intesa letteralmente come crisi della comunità, residente e visitante), siano soggette a un legame necessario, pur distinguendo separatamente ognuna di queste. Partiamo dalla fine, perché partire dal 2006 sin da subito non ha molto senso ai fini del discorso. La presentazione di un evento è motivo di orgoglio, soprattutto quando l’organizzazione e la materializzazione dello stesso fanno capo non ad un solo assessorato ma a una serie di figure, tutte autorevoli, che rappresentano a vario titolo una buona fetta della cittadinanza salernitana (stando alle preferenze). Capita, quindi, che un evento presentato in conferenza stampa da due assessori, dal presidente di una commissione tra le più “pesanti” dell’intera amministrazione comunale e il sindaco si mettano volentieri dinanzi alla stampa per presentare un evento finalizzato alla valorizzazione del territorio, del comprare locale, del godersi l’evento delle Luci d’Artista con la giusta dose di entusiasmo, dettato anche dalle ultime compere per l’Epifania e dall’avvio dei saldi. Capita, nel giorno dell’evento, che il reale coinvolgimento del territorio sia a dir poco limitato, che l’attrattiva dedicata ai bambini prima e alle famiglie dopo sia definibile a dir poco approssimativa e che, a conti fatti, sono gli stessi commercianti a non crederci poi così tanto alla ricaduta positiva di tali manifestazioni sul commercio locale. La giornata di ieri ne è stata un ulteriore esempio lampante: saracinesche per lo più abbassate, qualche eccezione ma senza particolari pretese, bar e supermercati veri attrattori per chi ha preferito cimentarsi in una Salerno tutt’altro che trafficata anziché restare a casa. Colpa del flop del giorno precedente con un evento organizzato quasi peggio di un flashmob nonostante la presentazione in pompa magna? Purtroppo, no. Colpa, quindi, della poca reattività dell’abnorme flotta di turisti provenienti da tutto il mondo per vedere le stesse luci degli altri anni montate in luoghi diversi della città? Purtroppo, anche questa domanda ha risposta negativa. Al massimo, il turista che gira per via Luigi Guercio e si ritrova lì, esattamente a metà strada, il “benvenuti” che qualche anno fa era installato a pochi passi dall’uscita dell’autostrada, sorriderà e si chiederà perché posizionare quella grandiosa opera luminosa, riciclata anche quest’anno, nel bel mezzo di una strada che non ha mai fatto del passeggio pedonale il proprio punto di forza, tanto che quel “benvenuto” potrà al massimo servire a qualche residente della zona per poter accogliere al meglio eventuali ospiti, risparmiandosi l’inventiva su un nuovo zerbino dinanzi la porta d’ingresso. Sarà, quindi, colpa di Giorgia? La voce femminile più bella d’Italia che ha ricevuto critiche poiché non ha fatto saltare gli spettatori con un concerto che, probabilmente, alcuni pensavano potesse essere di Giorgia Bregovic? Che poi, tralasciando quelle critiche, pur volendo non si poteva mica saltare: tra le paure del Comune e le raccomandazioni della Prefettura, era chiaro che piazza della Libertà più che un’opera compiuta sia una specie di esperimento sociale che necessita delle medesime prove di carico che si fecero, ai tempi, sul Viadotto Gatto per verificarne la stabilità. In quel caso, però, furono utilizzati strumenti appositi: ora invece si va a tentoni con spettatori già allenati per il prossimo G7 o per il Giubileo, visti i criteri di sicurezza utilizzati per far sì che al tremendamente attivo concerto di Giorgia si potesse stare tutti tranquilli e seduti. Il vicinato che ha fatto il cenone dal Crescent, ovviamente, ringrazia. La colpa, quindi, di chi è? Nel 2026 l’evento Luci d’Artista compirà vent’anni: nato come mostra en plen air, cresciuto come evento natalizio per destagionalizzare il turismo (che infatti, d’estate, gli amministratori di Riccione e dei comuni salentini chiamano per capire come noi facciamo ad avere una risorsa mare del tutto inutilizzata nonostante l’estate), diventato adulto come evento “di riciclo creativo”. Di mostra en plen air c’è davvero poco o niente, di turisti ce ne sono pochi, di eventi collaterali ce n’è un’ombra talmente vaga e malmessa che nemmeno si vede, e di serrande abbassate sempre troppe. Come per yin e yang, quindi, in cui ogni cosa o fenomeno, diversamente detto, ha in sé il seme della propria alterità, non per esaurirsi in essa, ma per affermare sempre e ovunque il mutamento e la continuità del tutto, anche per le Luci d’Artista c’è, all’interno, il seme dell’oscurità che volteggia su chi, ormai, non ha neanche più la voglia di fingere che tutto vada bene. Niente Luci, niente Artista. Niente Yin, niente Yang: il vero miracolo è ormai dato dall’annullamento dei principi filosofici cinesi che assumono credibilità sin dal 770 a.C. e che, a Salerno, si annullano. Se lo yang ha un solo punto nero al suo interno, è altrettanto vero che Salerno come yin se la passa maledettamente male: quel piccolo puntino bianco, ahinoi, è scoppiato come la più classica delle bolle gonfiate ad arte per illudere lo spettatore sulla bravura del mago. Niente applausi, cali il sipario.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *