Luca De Fusco, la Tempesta, l'Addio - Le Cronache
teatro Spettacolo e Cultura

Luca De Fusco, la Tempesta, l’Addio

Luca De Fusco, la Tempesta, l’Addio

Scelta simbolica quella del regista che dirigerà i suoi attori più cari, Eros Pagni e Gaia Aprea nell’ultimo capolavoro shakespeariano, ospite da stasera a domenica del cartellone di prosa del Teatro Verdi di Salerno. Domani, l’atteso Giù La maschera con Peppe Iannicelli

Di OLGA CHIEFFI

Quante volte abbiamo assistito allo scatenarsi della tempesta shakespeariana, quella che farà naufragare Alonso re di Napoli col disperso figlio Ferdinando, suo fratello Sebastiano, il consigliere Gonzalo, insieme ad Antonio, l’usurpatore del Duca di Milano Prospero, dando così inizio all’abbagliante ed enigmatico testo poetico del Bardo? Sarà una grande biblioteca ad evocare l’isola incantata di Prospero, questa sera, quando si scatenerà, “La Tempesta” sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno. Tempesta fuori e “La Tempesta” nel nostro massimo, il capolavoro shakespeariano che potremo applaudire, nella rilettura di Luca De Fusco, da stasera, sipario alle ore 21, sino a domenica, in pomeridiana, alle ore 18,30, mentre domani alle ore 18,30, ritorna l’atteso “Giù la Maschera” un incontro con il regista e la compagnia, condotto da Peppe Iannicelli. Nelle molteplici letture “La Tempesta” si è sempre prestata a infinite interpretazioni visive e allusive, ispirando ogni tipo di soluzione scenica. Ancor più quell’isola dei sortilegi dove, insieme alla figlia Miranda, vive lo spodestato Prospero, espertissimo nell’esercizio delle arti magiche (anche il nubifragio è opera sua), che governa con fantasia e fermezza l’isola e i suoi abitanti, a cominciare da Ariel, lo spirito dell’aria e servo ai suoi comandi e Calibano, lo schiavo selvaggio e deforme, figlio di strega. L’idea su cui si basa la regia di Luca De Fusco è  quella di utilizzare un Prospero quale deus ex machina sui generis, ovvero un intellettuale di stanza nella sua infinita biblioteca mediaticamente magica. D’altronde tutte le biblioteche, dalla più estesa, a quella di casa, sono isole popolate, da personaggi, spiriti, ombre, battaglie, tempeste, in cui noi tutti abbiamo giocato con  la pluralità, con dubbi, simboli, alla conquista della libertà. Luca De Fusco, indossa, così, idealmente la veste di Prospero, salutando il suo pubblico da direttore del Teatro Stabile di Napoli, che lascia dopo otto anni di magie. Per far questo si è affidato, ancora una volta ai suoi attori: Eros Pagni, che darà voce e corpo al mago Prospero, Gaia Aprea nel doppio ruolo di Ariel e Calibano, Alfonso Postiglione nel ruolo di Trinculo, e ancora Paolo Serra, Alessandra Pacifico Griffini, Carlo Sciaccaluga, Francesco Scolaro, Gennaro Di Biase, Enzo Turrin, Silvia Biancalana, Alessandro Balletta, con Gigi Saccomandi al disegno luci, Alessandro Papa alle installazioni video, Ran Bagno che ne ha firmato le musiche e Marta Crisolini Malatesta i costumi. Il mare, l’isola, elementi alla base dell’opera fanno parte di un indirizzo letterario alla moda dopo le grandi scoperte geografiche, e durato per ben due secoli, che si fondava sulle aspirazioni a poetici viaggi ed alla scoperta di terre ideali. Cominciò nel 1516 con Tommaso Moro e la sua Utopia, “l’isola che non c’è”, in cui vigeva la comunione dei beni. A seguire, la “Nuova Atlantide” di Francesco Bacone, l’ “Oceano” di Harrington, il “Viaggio nell’ isola dei piaceri” di Fénélon, la “Città del sole” di Tommaso Campanella. Che Shakespeare non ignorasse Utopia e la Nuova Atlantide è confermato non solo dal canovaccio de’ “La Tempesta”, ma dalle battute di Gonzalo, quando vagheggia per quell’isola una repubblica fondata sulla comunione dei beni, apportatrice di tale felicità, da superare quella dell’età dell’oro. Vero che Gonzalo non fonderebbe questo nuovo Stato sul lavoro, ma sulla ricchezza della natura che dispenserebbe ogni uomo dal lavoro. Nell’universale recupero dell’identità individuale, nella loro diversità, nella riunificazione della comunità, sta, allora, la conquista finale di Prospero, e l’ambizione dello stesso Shakespeare di realizzarla attraverso il teatro. Questo stato d’animo, metafisico e realistico insieme, sogno di tanti ancora, anzi, in particolare oggi, è alla base del lungo, inarrivabile commiato di Prospero dagli spettatori: le famose parole non lasciano dubbi sul potere sovrumano che egli riconosce alla propria arte e all’arte tutta, ma neanche sull’intimo senso della transitorietà: “Come già vi dissi, questi nostri attori non erano che apparizioni, e si sono dileguati nell’aria, nella limpida aria…..”. Il testimone passa, quindi, al pubblico, che ha il compito di trasmetterne l’azione fino alla fine dei tempi, a tutti coloro che vorranno riconoscersi nel teatro e nell’arte.