“Sono sinceramente deluso. Nutro grande stima nei confronti del nostro meraviglioso scrittore Maurizio De Giovanni, ma la sua idea di cambiare il nome del Premio Napoli, il più antico concorso letterario d’Italia nato nel 1954, in ‘Campania legge’ non mi convince e ritengo sia una forzatura. Sarebbe come modificare il Premio Campiello in “Veneto Legge” oppure il Premio Strega in “Fondazione Bellonci legge” o il National Book Award in qualcos’altro”. Così il presidente della prima commissione del consiglio comunale, Nino Simeone. “Resto amareggiato per questa scelta di De Giovanni. Scriverò al Sindaco e al suo delegato alla cultura, perché ritengo che una proposta del genere andasse prima discussa in Consiglio comunale, tenendo in considerazione l’opinione dei cittadini napoletani. La denominazione “Premio Napoli” esprime al meglio la nostra identità: Napoli non è semplicemente una città. È cultura. Ed è bene ricordarlo sempre. A tutti”.
LA DIFESA
DELLO SCRITTORE
“Non intendo fare nessun passo indietro, anche perché il nome non è cambiato: abbiamo solo aggiunto una dicitura per noi fondamentale”. Così Maurizio de Giovanni, presidente di “Campania legge – Fondazione Premio Napoli” dopo alcune polemiche sorte dopo l’annuncio della trasformazione del premio in agenzia per la diffusione della lettura, di cui il concorso letterario è uno dei vari aspetti. “Nessuno ha mai pensato di cancellare il Premio Napoli e di sostituirlo con un’altra denominazione. Abbiamo soltanto aggiunto, non eliminato. Infatti l’intero progetto ora si intitola ‘Campania legge – Fondazione Premio Napoli’. La scelta, condivisa peraltro con le strutture della Fondazione, è stata dettata da un’emergenza culturale che è sotto gli occhi di tutti: la nostra regione ha uno degli indici di lettura più bassi d’Italia e il nostro obiettivo è cercare di porre rimedio a un problema che dovrebbe allarmare chiunque abbia davvero a cuore il futuro delle giovani generazioni”. Così per de Giovanni le polemiche si possono leggere anche come una conta: “Chi critica il nome non condivide il nostro impegno, ne deduco che è contro la diffusione della lettura in Campania: una polemica sterile, tipica di chi vuole che la cultura resti di nicchia”. Infine, un chiarimento sui rapporti con le istituzioni: “Ho avuto dal Comune e dalla Regione pieno mandato per portare avanti un lavoro di impatto culturale. Agisco in pieno accordo con il sindaco e la dirigenza regionale. D’altra parte ho più volte detto che se non avessi avuto libertà di movimento non avrei accettato”. Lo scrittore aggiunge: “Voglio così precisare che se avessi ricevuto pressioni di qualsiasi tipo dal presidente De Luca, che nemmeno conosco, o da chiunque altro, non avrei esitato un istante a rassegnare le dimissioni dal mio incarico. È stata una scelta fatta in totale indipendenza sulla base delle motivazioni che qui ho esposto”.