di Pina Ferro
“Quattro cinque giorni prima dell’omicidio, Autuori aveva litigato con uno dei rappresentanti degli Aquino/Annunziata, in quanto gli veniva contestato un ammanco nei quantitativi di stupefacente”. E’ quanto si legge nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Pompeo D’Auria il quale ha riferito ai magistrati dell’Antimafia che ad uccidere l’imprenditore di Pontecagnano Aldo Autuori non sarebbero stati i gemelli Bisogni ma alcune organizzazioni criminali calabresi. A riferire i dettagli dell’omicidio a Pompeo D’Auria, sarebbe stato, secondo quanto riferisce agli investigatori, Paolo Esposito, ex affiliato al clan Maiale. Un racconto ricco di particolari, quello che rende il neo collaboratore di giustizia, sottoposto da alcuni mesi al programma di protezione da parte del sistema centrale dello Stato. “Al momento in cui Esposito mi riferì dell’omicidio, a quel punto io, essendomi ricordato l’episodio della discussione con Bisogni, avvenuta solo pochi giorni prima, ed avendo collegato immediatamente i due fatti, mi sono rivolto ad Esposito, stupito, dicendogli come mai poteva essere accaduto l’omicidio, visto che la situazione sembrava essersi chiarita e chiedendo, sempre ad Esposito, il motivo per cui non aveva “apparato” il suo amico Autuori per evitare che fosse ucciso. A quel punto, Esposito mi disse che la discussione con Bisogni non centrava con l’omicidio, che doveva essere inquadrato nell’ambito di controversie nate in relazione all’attività di traffico di stupefacenti condotta da Paolo Esposito, anche attraverso i camion della ditta di Aldo Autuori, con una cosca calabrese, quella in particolare dei Piromalli di Gioia Tauro, nonché altri trafficanti di stupefacenti della zona del vesuviano. Riguardo a questi ultimi, Esposito mi disse che si trattava di personaggi ex-affiliati alla nuova famiglia di Carmine Alfieri, in cui anche Paolo Esposito aveva militato, coi quali negli anni 90 era stato anche in carcere. In particolare, mi disse che Autuori era andato in urto con i “comparielli” di Alfonso Annunziata detto “o calabrese” e tale “Raffaele e mezzanotte” di cui non ricordo il nome”. Successivamente Pompeo D’Auria chiarisce che “Raffaele e mezzanotte” in realtà è Raffaele Aquino. “Esposito mi disse in particolare che, 4/5 giorni prima dell’omicidio, Autuori aveva litigato con uno dei rappresentanti degli Aquino/Annunziata, in quanto gli veniva contestato un ammanco nei quantitativi di stupefacente che aveva trasportato con i suoi camion. Autuori aveva replicato che non era in alcun modo possibile che vi fosse stata questa mancanza e davanti alle insistenze del suo interlocutore lo aveva preso a schiaffi”. Secondo quanto riferito da D’Auria il diverbio si sarebbe consumato nel parcheggio degli automezzi Erra Service di Pontecagnano. D’Auria agli investigatori dice anche: “Esposito mi aggiunse che i “ragazzi” degli Aquino /Annunziata lì presenti, che erano lì presenti avrebbero voluto già in qual momento sistemare la vicenda, ma furono fermati proprio dal soggetto che era stato percosso il quale sostanzialmente aveva deciso di non reagire nell’immediatezza……” . Poi spiega ancora “Il riferimento specifico ai “calabresi”, più volte fatto nel corso del verbale, è dipeso dal fatto che, in primo luogo, Alfonso Aannunziata è detto appunto “o calabrese” in virtù dei suoi strettissimi rapporti con ambienti criminali di quella zona, per come riferitomi sempre da Paolo Eapoaito, il quale mi disse anche che, attualmente, Alfonso Annunziata, di fatto, si sarebbe trasferito direttamente in Calabria, passando in quelle zone la gran parte del proprio tempo”. Le rivelazioni in merito all’omicidio di Aldo Autuori, Esposito le avrebbe fatte a D’Auria nel corso di un incontro durato circa un’ora, durante la quale sarebbero stati affrontati anche altri argomenti, anche se quello principale fu appunto l’omicidio dell’ imprenditore di Pontecagnano. “Ricordo che Paolo Esposito era dispiaciuto per quanto accaduto e mi disse che non aveva potuto fare niente, visto il comportamento totalmente sbagliato di Autuori. Inoltre, era anche innervosito perché mi disse che, vista la morte di Autuori, si erano perse le tracce di un carico di stupefacenti proveniente dall’Olanda su un automezzo dell’Autuori stesso. Inoltre, aveva perso un efficace collaboratore nell’attività di traffico di stupefacenti. Io non ho mai chiesto a Paolo Esposito se era stato coinvolto, direttamente o in qualsiasi modo, nell’omicidio, né Esposito mi ha detto nulla in tal senso. Posso dire tuttavia che, qualche giorno dopo, è avvenuto un episodio particolare: alla mia presenza, Esposito consegnò alcune armi che io vidi e ricordo essere, una a tamburo, la classica calibro 38 con manico di legno, l’altra una automatica 9X21 modello Beretta, tipo quelle in uso alle Forze di Polizia; tali armi dovevano essere distrutte da mio zio, Gennaro Forte detto “Rosario”, attraverso un’amicizia dallo stesso intrattenuta con un soggetto all’interno delle fonderie Pisano. La cosa non mi sembrò strana, perché già in passato avevo saputo che attraverso questo metodo erano state distrutte armi utilizzate in fatti delittuosi ma poi, successivamente, chiesi a mio zio di cosa si trattava e fu lui a dirmi che, per come riferitogli a sua volta da Paolo Esposito, si trattava proprio delle armi utilizzate nell’omicidio Autuori. Ricordo che mio zio mi disse queste parole: “chist so’ i ferri del fatto di quello dei camion”: tutto ciò accadde pochi giorni dopo essere venuto a conoscenza dell’omicidio, al massimo una settimana.” Pompeo D’Auria racconta anche di aver appreso dai giornali dell’arresto dei soggetti ritenuti responsabili dell’omicidio di Aldo Autori. “Ricordo che, a seguito della pubblicazione delle notizie sui giornali, io rappresentai le stesse ad Paolo Esposito, il quale chiuse immediatamente l’argomento dicendomi sostanzialmente “lascia stare quello che sta scritto sul giornale, questi non sanno niente”, e taglià la discussione sulla quale capi che non era più il caso di tornare. Paolo Esposito, da un punto di vista criminale, si è sempre sentito un “napoletano” anche perché è nato proprio a Napoli. Ad Eboli c’è anche qualcuno che lo chiama “Paolo o napoletano”. In virtù di ciò, mi ha parlato dei suoi rapporti con clan partenopei, fra cui i Mazzarella”.