Libroteca "Saremo Alberi": dalla Rai arriva Oreste Castagna - Le Cronache
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Libroteca “Saremo Alberi”: dalla Rai arriva Oreste Castagna

Libroteca “Saremo Alberi”: dalla Rai arriva Oreste Castagna

di Carmine LANDI

SALERNO. Oreste Castagna, attore, doppiatore e regista, classe 1959, è uno dei volti noti della tv nazionale. D’altronde, sui canali della RAI, intere generazioni di ragazzetti son cresciute con lui: chi non ricorda – o non guarda ancora oggi – Gipo Scribantino, il “folletto giornalista” di Rai Yoyo?  Chi ha dimenticato la storica voce di Dodò, l’uccello parlante dell’albero azzurro?

Un mondo che, seppur andato via, resta per sempre anche nel cuore degli adulti. Grazie a Saremo Alberi, l’innovativa libroteca per ragazzi ubicata nelle sale del plesso parrocchiale “Santa Margherita e San Nicola del Pumpulo” in Pastena, tra il 7 e il 12 aprile Oreste si dividerà tra Salerno, Baronissi e Pellezzano, nell’ambito di “Salerno Porto di Parole” e de “Il Cartastorie: corso di formazione”, due interessanti iniziative per bambini e genitori. Con Gipo, dunque, abbiamo fatto una piacevolissima chiacchierata in esclusiva, riscoprendo la bellezza di chi guarda il mondo con gli occhi nuovi del fanciullo.

– Oreste, come si fa a educare attraverso la tv, un mezzo che a tratti potrebbe apparire come diseducativo? «È importante comprendere la validità dei mezzi e riuscire a fare opera di discernimento; dobbiamo esser bravi a far quello che facciamo. Si avverte maggiormente la necessità della tv per ragazzi o di quella del gossip? La differenza è nell’uso tecnico: puoi avere la più bella tra le automobili, ma sta a te scegliere il modo in cui pilotarla, imparando a conoscere bene ciò che fai. Ad esempio, avendo una compagna nigeriana, con la quale ho avuto un bambino, vivo ogni giorno sulla mia pelle i valori dell’intercultura e della diversità. Grazie all’intelligenza del mio direttore, Massimo Liofredi, per la prima volta abbiamo portato l’handicap dei bimbi sullo schermo, dove i disabili erano da sempre considerati diversi. Dietro c’è un grande senso di democraticità. Ad aiutarmi in tutto ciò, d’altronde, c’è la grande forza dei valori cristiani: credo, e perciò racconto ciò che sono io. Bisogna soltanto togliersi gli orpelli della sapienza di dosso».

– Nella storia dell’Italia repubblicana, la Rai ha avuto un ruolo importantissimo nell’educazione e nella cultura. Eppure, di fronte a “certe” trasmissioni, pare che l’alta missio civica sia venuta un po’ meno. «La RAI è una grande macchina che, seppur molto contestata, è piena di persone capaci. L’esperto Liofredi, direttore di Rai Gulp e Rai Yoyo, sa bene che lo spazio va dato a chi ha le idee. La Rai ha l’obbligo di fare servizio pubblico; Mediaset può esimersi da ciò soltanto in virtù della mancanza di un canone economico? Anche in Rai, d’altronde, c’è un servizio pubblico non necessario: a cosa servono i grandi show? Anche papa Francesco parla di esigenze educative. Purtroppo, tuttavia, per sopravvivere bisogna prestare attenzione anche all’aspetto economico».

– Negli ultimi anni, a fronte della digitalizzazione, sembra che la tv per ragazzi sia diventata una nicchia a sé stante. È vero? «Da un lato è vero, ma dall’altro è meglio così, perché con canali tematici si possono pianificare con maggiore attenzione alcune cose. In questo modo, inoltre, possiamo controllare meglio quel che passa sullo schermo: su Rai Yoyo, ad esempio, gli spot, che vengono pure analizzati con cura da chi gestisce il canale, non interrompono mai i programmi.  Si tratta di una realtà che sta facendo molto bene: tanta gente ci guarda; i genitori si sentono al sicuro; siamo stati insigniti del primo premio per emittenti televisive europee per ragazzi, sbaragliando la concorrenza di colossi come la BBC con un budget complessivo che è pari a quello di un solo programma della Carrà; siamo il programma più visto in assoluto da bambini di altre nazioni; abbiamo forti legami con le scuole, in particolare le materne, che scaricano – gratuitamente, diversamente da quanto accade con Mediaset – i nostri contenuti web. Insomma, siamo un’isola felice».

– Un’isola felice come “Saremo Alberi”, questa start-up educativa di giovani salernitani che si sta affermando in città e in provincia e che in settimana ti porterà dalle parti dell’Irno per “Salerno Porto di Parole” e per “Il Cartastorie”. Cosa pensi di una realtà del genere, radicata in un contesto come quello del Mezzogiorno? «Io sono un “terroncello”, figlio di genitori partenopei, e amo il mio sud. Mi sono innamorato dei giovani di Saremo Alberi perché fanno le cose bene, con tanta fede, con molta competenza e con estrema trasparenza. Insieme realizzeremo questo seminario sul fare le storie e sul fare e basta, perché “fare” è pace, è la cascina delle meraviglie. Noi vogliamo raccontare la pace confrontandoci con Saremo Alberi, adattandoci con loro al territorio.

– Consentimi una battuta personale: dopo tanti anni di tv per bambini, si finisce per sentirsi un po’ ragazzini? «Nel senso più ampio del termine. L’infanzia è lo sguardo che deve prevalere sul mondo, per far sì che si possa ripartire da lì, ritrovando il senso dell’osservazione e del racconto: che grande responsabilità! Nell’infanzia, ritrovi la gestione della rabbia, della pace, dell’allegria. È un luogo affascinante. È fare esperienza della semplicità: come si insegna a un bimbo bianco a giocare con un bimbo di colore? È semplice: non si insegna. Li si fa giocare insieme e basta. La meraviglia della semplicità!»