“L’approvazione alla Camera del disegno di legge sull’equo compenso è un passo in avanti molto importante sulla strada dell’ampliamento delle tutele dei professionisti. Stiamo valutando in Commissione al Senato su come superare alcune questioni rimaste aperte tra le quali quelle relative alle sanzioni per chi non rispetta la normativa. In particolare il dibattito si è incentrato sul ruolo che gli ordini potranno esercitare su questo delicatissimo punto, Personalmente credo che se un professionista accetti un compenso inferiore ai minimi previsti debba essere l’ordine stesso a intervenire”. Queste le parole di Nazario Pagano (Forza Italia), vicepresidente della Commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama nel corso del webinar “Equo compenso è quasi legge. Giusta tutela per i professionisti o ulteriore vincolo?” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. “Parliamo di un testo nato su iniziativa del centrodestra – ha proseguito Pagano – del quale non si mette in dubbio la positività per il mondo delle professioni. Abbiamo avuto il coraggio di mettere il dito in una delle tante piaghe di questo settore. Quando bisognava avvalersi solo dei tariffari c’era una situazione migliore, cancellata poi con le liberalizzazioni indiscriminate che, di fatto, hanno consentito alle grandi aziende e ai soggetti più grandi di poter mettere un cappio al collo dei professionisti costringendoli ad accettare incarichi pari anche a un quinto del valore previsto dalla categoria”. Secondo Emiliano Fenu (capogruppo del M5s in Commissione Finanze al Senato della Repubblica): “La necessità di intervenire sul tema dell’equo compenso è stata assolutamente condivisa anche dal Movimento 5 stelle che ha confermato non solo il proprio placet al provvedimento licenziato dalla Camera, ma più volte ha cercato di intervenire per migliorarne i contenuti. Con estremo rammarico abbiamo registrato una certa fretta con la quale si è proceduto nella redazione del testo, probabilmente giustificata da un’ansia che attanaglia le commissioni di dover approvare in tempi stretti i continui decreti provenienti dal governo e con una certa agitazione ‘elettorale’ di qualche partito. Questo modo di operare ha creato problemi sull’aspetto sanzionatorio. Non solo c’è il rischio che il professionista si trovi a subire il danno di un pagamento inadeguato – ha proseguito Fenu – ma potrebbe anche subire la beffa di un provvedimento disciplinare. Poi, si crea una disparità tra i professionisti iscritti agli albi e quelli appartenenti alle professioni non ordinistiche, con il paradosso che questi ultimi si troverebbero addirittura in una situazione concorrenziale privilegiata”. Perplessità condivise anche da Rosa Menga (deputata di Europa Verde in Commissione Lavoro a Montecitorio): “La proposta sull’equo compenso è sicuramente un ottimo punto di partenza e bisogna sottolineare come sia stata una delle pochissime promosse su iniziativa parlamentare. Straordinaria eccezione in un momento storico in cui il governo procede a colpi di decreti e voti di fiducia. Tuttavia emergono alcuni limiti in questa proposta così come è evidenziato anche nel corso delle audizioni in Commissione. Il grande assente nella previsione del testo è proprio il rapporto tra le diverse committenze e i professionisti che non consente di sottolineare se le principali difficoltà negoziali si registrino con la pubblica amministrazione oppure se le criticità si annidino nella committenza privata. Come Parlamento – ha aggiunto Menga – avremmo potuto fare di più anche in merito agli effetti applicativi che la normativa avrà scontrandosi con la dura realtà della vigilanza. Pensiamo al fatto che le sanzioni sono previste solo per i professionisti iscritti agli albi e alla previsione della possibilità di convenzioni con i singoli ordini che, di fatto, limitano la libertà di contrattare il proprio compenso”. La mancanza di sufficiente confronto nella fase preparatoria è stata evidenziata dall’ex sottosegretario all’Economia Alessio Mattia Villarosa (componente della Commissione Finanze alla Camera): “Le problematiche relative al testo della proposta di legge sull’equo compenso per i professionisti sono chiare ed evidenti. Ritengo assolutamente opportuno aprire un confronto con coloro che saranno i destinatari della normativa, vale a dire il mondo delle professioni, per individuare insieme quali siano le parti da migliorare. Sicuramente, tra le criticità, c’è quella relativa ai rapporti con i clienti più piccoli oltre a quelle relative all’individuazione e alla gestione del sistema sanzionatorio. Ritengo ancora possibile – ha sottolineato Villarosa – l’eventualità di provare a sistemare diverse incongruenze presentando ulteriori emendamenti al testo nell’interesse di ottenere una proposta davvero ritagliata sulle reali esigenze dei destinatari. Non per caso ancora adesso ci troviamo in presenza di alcuni blocchi che sono il frutto proprio di queste criticità. Noi come maggioranza parlamentare abbiamo fatto la nostra parte, ma dobbiamo proseguire nell’ascolto di chi fa questo mestiere per ottenere quei correttivi fondamentali”. Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Antonio Moltelo (commercialista e revisore dei conti dell’Odcec di Nola): “L’equo compenso per i professionisti è ad un passo dal traguardo anche se il disegno di legge nasconde ancora dei punti di criticità, in primis quelli relativi al ruolo che gli ordini professionali ricopriranno nel meccanismo sanzionatorio per chi non rispetta la norma. La battaglia si gioca tutta lì, su controlli e sanzioni. Bisogna fare chiarezza massima su come si procederà e chi saranno i soggetti che si troveranno a svolgere questo compito”. Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr): “Per tracciare un profilo corretto nella vicenda dell’equo compenso è bene ricordare i diversi passaggi che si sono succeduti negli anni nel regolare questa materia. Nel 2011 sono state abrogate le tariffe professionali in nome del libero mercato. Se pur non sempre in uso, si trattava di un meccanismo che offriva un elemento prezioso di paragone. Successivamente il legislatore ha emanato, con decreto ministeriale, nuove tabelle per le liquidazioni dei compensi da parte dell’autorità giudiziaria riproponendo, nei fatti, il meccanismo delle tariffe. Con la scomparsa delle tariffe ufficiali si è dato vita al classico esempio di abuso di posizione dominante con i professionisti che si sono ritrovati parte contraente debole rispetto alle grandi committenze e a quelle più solide come la pubblica amministrazione. Da qui hanno avuto origine fenomeni deprecabili che hanno visto enti pubblici proporre attività professionali per compensi assolutamente inadeguati se non addirittura gratuiti. Adesso ci troviamo di fronte a questo nuovo testo che, tra le diverse problematiche, crea una forte disparità tra professionisti ordinistici e non. Come spesso accade – ha rimarcato Longoni -, cercare di risolvere tutto per legge può complicare le cose. Sarebbe meglio enunciare alcuni princìpi generali all’interno dei quali trovare equilibro tra tutela dei professionisti e princìpi del libero mercato. Senza equo compenso si rischia di tornare indietro di dieci anni rispetto alla norma sulle tariffe professionali”.
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