di Monica De Santis
Un cast importante per la messa in scena della prima regia teatrale di Ferzan Ozpetek. “Mine Vaganti” è l’adattamento teatrale di uno dei suoi capolavori cinematografici, diretto nel 2010, interpretato al cinema da un cast corale, che comprende fra gli altri Riccardo Scamarcio, Lunetta Savino, Elena Sofia Ricci, Ilaria Occhini, Nicole Grimaudo, Alessandro Preziosi, Ennio Fantastichini e Daniele Pecci. In teatro, da giovedì a domenica al Verdi di Salerno, invece saranno protagonisti Francesco Pannofino che vestirà i panni di Vincenzo Cantone (padre di Tommaso e Antonio) Iaia Forte è Stefania Cantone (madre di Tommaso e Antonio), Erasmo Genzini è Tommaso Cantone (fratello minore di Antonio), Carmine Recano è Antonio Cantone (fratello maggiore di Tommaso), Simona Marchini è la Nonna (madre di Vincenzo), Roberta Astuti è Alba Brunetti (socia di Tommaso), Sarah Falanga è Zia Luciana (sorella di Vincenzo), Mimma Lovoi è Teresa (cameriera di casa Cantone), Francesco Maggi è Andrea (amico di Tommaso), Luca Pantini è Marco (compagno di Tommaso) e Edoardo Purgatori è Davide (amico di Tommaso). Lo spettacolo, come proprio la pellicola cinematografica, affronta il tema della famiglia, raccontato attraverso le vicende di una famiglia salentina. Utilizzando il genere della commedia, Özpetek traccia il ritratto di una famiglia pugliese contemporanea, considerata come un nucleo di “mine vaganti”, cercando di far cadere una serie di luoghi comuni molto radicati nella società italiana. Nella versione cinematografica ha ottenuto 13 candidature ai David di Donatello 2010, vincendo due statuette per i migliori interpreti non protagonisti (Ilaria Occhini ed Ennio Fantastichini), e nello stesso anno ottiene il Premio Speciale della Giuria al Tribeca Film Festival. Ha vinto 5 Nastri d’argento e ha ottenuto una candidatura al Premio del Pubblico Europeo e una per l’autore della colonna sonora degli European Film Awards. La versione teatrale viene invece illustrata dallo stesso regista… “Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico? Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti. La prima volta che raccontai la storia al produttore cinematografico Domenico Procacci, lui rimase molto colpito aggiungendo entusiasta che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale. Poco dopo avviammo il progetto del film e chiamammo Ivan Cotroneo a collaborare alla sceneggiatura. Oggi, dietro invito di Marco Balsamo, quella prospettiva si realizza con un cast corale e un impianto che lascia intatto lo spirito della pellicola. Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento.L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli. Tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi cari e vivere nella verità. Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi ad un cambiamento sociale ormai irreversibile. Qui la parte del pater familias è emblematica, oltre che drammatica e ironica allo stesso tempo. Le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole; i tre amici gay sono diventati due e ho integrato le parti con uno spettacolino per poter marcare, facendone perfino una caricatura, quelle loro caratteristiche che prima arrivavano alla gente secondo le modalità mediate dallo schermo. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente. A questo proposito, ho tratto spunto da personali esperienze. A teatro non ci si dovrebbe mai annoiare. Sono partito da questo per evitare che lo spettacolo fosse lento. Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche durante il cambio delle scene. Qui c’è il merito di Luigi Ferrigno che si è inventato un gioco di movimenti con i tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti. Ho realizzato una commedia che mi farebbe piacere andare a vedere a teatro, dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, che spesso recitano in platea come se fossero nella piazza del paese e verso cui guardano quando parlano. La piazza/pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce.