di Andrea Pellegrino
Salerno? «Una città del cemento». Fausto Morrone è uno dei personaggi salernitani che nella sua veste di segretario provinciale della Cgil e di consigliere comunale ha portato avanti numerose battaglie che continua a seguirle con passione e dedizione.
Ma quale è la Salerno che fotografa Fausto Morrone oggi
«Una città che da venti anni non ha smosso una virgola nel suo sviluppo. Più di venti anni fa, Salerno aveva uno sviluppo ma soprattutto una sua identità chiara. Una città industriale dove le industrie erano interessate a Salerno. Oggi non c’è più. Venti anni fa c’era qualche posto a Salerno dove era possibile fare un bagno decente. Oggi la città di Salerno non è balneabile»
Insomma una città che non è industriale ma neppure turistica, nonostante i tanti annunci
«Non è vero che Salerno stia crescendo sul versante turistico. Poteva farlo, se fosse divenuta cerniera tra la Costiera Amalfitana, Paestum, Pompei e il Cilento. Ed invece non è stato fatto. Come non ha attrattori turistici ne attrezzature di richiamo. L’unica caratteristica che vedo in questa città è il cemento, con l’abbrutimento delle sue bellezze paesaggiste. Alla base c’è sicuramente una scarsa sensibilità ambientale. Vedo una città che via via va verso il degrado con colate di cemento che stanno diventando preda degli stranieri (imprenditorialmente parlando, ndr). Chi comprerà i migliaia di appartamenti che stanno costruendo?»
Tra l’altro, secondo gli ultimi dati, è una città che perde abitanti
«Certamente. Una città che ha espulso abitanti e non ne ha attratti altri. Segno anche una edilizia elitaria che, a mio avviso, può attrarre solo capitali sporchi. Penso che non ci sia proprio la necessità di costruire migliaia di appartamenti».
Passiamo alle opere
«Anche in questo caso, alcune infrastrutture negli anni ’80 sono state terminate all’epoca. Oggi ci sono cantieri eterni. Opere che si stanno deteriorando e che vanno rifatte daccapo. Penso al Palazzetto dello Sport, alla Metropolitana, alla Stazione Marittima e alla Cittadella Giudiziaria»
A proposito della Cittadella Giudiziaria, in molti (Russo, Salzano, Radetich, Aversano, tutti intervenuti su queste colonne) hanno difeso il progetto originario, lei cosa pensa?
«Penso che sia stato un atto di arroganza dell’amministrazione De Luca spostare la Cittadella Giudiziaria nei pressi di via Irno. Tra l’altro il progetto originario (quello di Vincenzo Giordano) era stato approvato in una giunta, dove sedeva anche l’attuale sindaco. Portare la Cittadella Giudiziaria nei pressi della Centrale del Latte aveva il suo perché: far respirare il centro, si affermava una teoria del decentramento dei servizi, si sviluppavano altri quartieri. Poi la virata di Vincenzo De Luca forse per venire incontro all’esigenze di qualcuno. Penso che manchi ancora molto per il completamento dell’opera. All’epoca per quel progetto i soldi c’erano, oggi no. Ed è per questo che reputo che rimarrà una cattedrale nel deserto. Tra l’altro ricordo che solo la Cgil si oppose al trasferimento. Gli altri, comprese le altre sigle sindacali (la Cisl e la Uil) erano tutte favorevoli».
Un giudizio sul Crescent?
«Abominevole. Guardi ho avuto ospiti di Milano. Abbiamo fatto un giro in barca e alla vista dell’opera hanno espresso un giudizio completamente negativo. Ancor più severo quando ci siamo avvicinati nei pressi dell’ingresso (zona Capitaneria di Porto). Eppure erano tutte persone di sinistra, legate, dunque, a questo tipo di amministrazione. Il Crescent è un simbolo che sta nascendo orrendo per Salerno».
Dopo De Luca?
«Questa è una città che da Menna in poi ha vissuto con il fascino della personalità. Non si è mai interrogata. Ora penso che dopo De Luca debba obbligatoriamente interrogarsi e maturare. E’ il momento giusto, dopo questa pessima esperienza amministrativa, di riflettere seriamente sul futuro.
Attualmente non vedo statisti, così come non vedo persone che sappiano muovere le corde giuste dell’orgoglio cittadino ma c’è bisogno di una riflessione profonda, da parte dei cittadini e dei partiti. Ho timore che possa succedere quel che è successo a Taranto sotto la gestione Cito. Anche quella fu una esperienza in cui la città visse con il culto della personalità. Va evitato ciò ed occorre interrogarsi e riflettere».