di Andrea Pellegrino
Si sono perse le tracce dell’inchiesta sui lavori di ristrutturazione del palazzo delle Poste, attualmente in via di trasformazione in alloggi e attività ricettive e commerciali. Le ultime notizie parlavano di una indagine aperta dalla Procura di Salerno che attendeva una relazione da parte dei vigili urbani. Da allora nessuna novità. Così, Italia Nostra e Figli delle chiancarelle sono tornati alla carica chiedendo chiarimenti alla Procura della Repubblica e alla Direzione Generale Beni Culturali di Roma, rispetto alla segnalazione già inviata il 15 febbraio 2016 che tra l’altro seguiva la prima istanza datata 17 dicembre 2015. Da quest’ultima segnalazione sarebbe nata l’inchiesta con al centro la denuncia di una demolizione dello stabile sottoposto a vincolo. Italia Nostra e Figli delle chiancarelle, dunque, chiedevano di «accertare in quale modo fosse stata autorizzata la demolizione del bene culturale di cui sopra, se detta autorizzazione (ove esistente) rientrasse nei limiti delle competenze istituzionali della Soprintendenza e se, soprattutto, si fossero determinati danni al patrimonio culturale e se fossero stati sanzionati, indipendentemente dall’esistenza dei titoli autorizzativi». Ma anche di essere informati. Cosa che, al momento, non sarebbe avvenuta nel mentre i lavori di ristrutturazione dell’immobile acquistato dalla famiglia Rainone proseguono quotidianamente. Inoltre, sempre nel sollecito, le associazioni interrogano nuovamente la Direzione Generale Archeologia, belle arti e paesaggio. «Si chiede di far sapere se la demolizione – si legge – sia da ritenere legittimamente assentita, in quanto rientrante nelle competenze della locale Soprintendenza o se, al contrario, avrebbe dovuto essere autorizzata dalla Commissione Regionale per il patrimonio istituita presso il Segretariato regionale della Campania; sia stata opportuna, atteso che il corpo di fabbrica in questione, erroneamente indicato dai progettisti come superfetazione degli anni sessanta, faceva parte dell’impianto originario del fabbricato, così come peraltro attestato da numerose fotografie e cartoline d’epoca».