di Alberto Cuomo
Nei giorni passati i quotidiani hanno riportato la notizia della caduta di Vincenzo De Luca a causa di un commesso che, ritenendo il governatore della Campania volesse parlare in piedi ai giornalisti del bilancio riguardante l’attività della Regione e concludere con il brindisi degli auguri, gli ha sottratto la sedia dalle spalle, sì da farlo cadere pancia all’aria nel sedersi di nuovo. Pronto di riflessi, sia fisici che mentali, De Luca deve aver compreso immediatamente che l’episodio avrebbe potuto meritare una possibile feroce ironia di avversari e commentatori tanto da indurlo a sdrammatizzare l’evento ironizzando egli stesso sul “triplice salto mortale”. In tema di previsioni per il nuovo anno, forse, la caduta di De Luca potrebbe essere una anticipazione di una più rovinosa caduta alle elezioni regionali, sebbene procrastinate a marzo del 2026. Volendo assumere l’episodio quale possibile vaticino potrebbe dirsi che chi la possibilità di sottrargli la sedia di primo cittadino regionale non sia in capo ad un maturo politico di lungo corso quanto a un giovane outsider. È difficile in tema di congetture definire il possibile candidato che possa far cadere De Luca, ma stando all’episodio del capitombolo del presidente regionale si può ritenere che l’antagonista in grado di disarcionarlo sia un giovane del suo stesso entourage. E qui viene da chiedersi quale sia la propria cerchia, il circolo magico del suo ristretto ambiente politico o il più ampio intorno di una possibile coalizione di sinistra? Considerando che il “campo largo” cui lavora la Schlein comprende i 5Stelle oltre ai vari gruppetti di radicali, cattolici, socialisti e sinistra estrema, anche se il Pd fosse a favore di una candidatura dell’attuale presidente regionale intorno a lui non sarebbe costruibile alcuna coalizione dal momento, come è noto, egli è inviso sia all’attuale dirigenza del suo partito, sia a quasi tutti i dirigenti dei partiti possibili alleati. Certo, De Luca potrebbe decidere dicorrere da solo con una sua lista ed altre liste autonome e ciò libererebbe il Pd che, con le altre formazioni confederate, potrebbe scegliere un candidato contro lo stesso governatore attuale. Questa possibile divisione non farebbe scandalo dal momento qualcosa del genere sta già accadendo in Abruzzo dove le elezioni regionali si terranno nel marzo del 2024 con un candidato della sinistra, il rettore Luciano D’amico, emerso dal seno della coalizione ma non del Partito Democratico, in corsa contro l’attuale presidente della destra Marco Marsilio. Stando all’immagine della caduta di De Luca in Regione utilizzandola come tarocco, gli eventuali candidati che possono detronizzarlo sono, nel necessario accordo di coalizione, il sindaco di Napoli, ex rettore della Federico II Gaetano Manfredi, l’ex presidente della Camera dei deputati in quota 5stelle, Roberto Fico e… chi sa, il figlio di De Luca Piero, attuale deputato e non inviso alla segretaria del Pd Elly Schlein ed ai suoi alleati. Da parte sua Vincenzo De Luca potrebbe invocare l’eventuale nuova legge sul terzo mandato richiesta da Salvini. Secondo il segretario della Lega il terzo mandato per sindaci e presidenti regionali avrebbe un valore democratico dal momento sottopone al voto chi ha governato. Peccato per lui che questo tipo di elezione per successivi mandati si determina nei paesi parafascisti siano anche di tradizione comunista. In realtà Salvini vuole il terzo mandato per Zaia in Veneto onde toglierlo da un possibile tenzone per la segreteria della Lega. Del resto la Corte costituzionale si è già espressa contro un terzo mandato ritenendo che due mandati determinino rendite di posizione politiche a chi li detiene tali da rendere antidemocratico il voto, con buona pace di Salvini. Non sappiamo come finirà, ma sappiamo già una cosa, ovvero che qualora il terzo mandato fosse approvato per legge onde scavalcare il parere della Suprema Corte non saremo più in una democrazia ma in un paese con tante dittature regionali che potrebbero riflettersi in una dittatura nazionale qualora passi un presidenzialismo a sua volta senza limiti di mandato. A prescindere da tale eventualità sarà comunque l’esito della future elezioni europee ad avere ragione di ogni conflitto interno ai partiti e ai loro accordi. In tali elezioni, infatti, si valuterà la tenuta delle coalizioni e l’eventuale frattura del fronte dei sindaci e dei presidenti di sinistra, sia con la chiamata diretta alla candidatura sia con la misura del loro peso elettorale in favore dei partiti di provenienza. De Luca quindi non solo è a un bivio ma su una strada con diverse biforcazioni di cui alcune sono senza uscita. Ha voglia di presentare libri e proporsi come possibile candidato alla segreteria del Pd, se sbaglia strada farà sicuramente un tonfo.