Nel doppio omaggio a Verdi e a Franco Zeffirelli dei teatri di Tirana e Varna con le voci di Eva Golemi e Krassimira Stoyanova nel ruolo del titolo e sul podio il direttore abruzzese, la vincono le due “squadrette” di studenti del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno
Di Olga Chieffi
L’ Aida non è un’opera di tutto riposo, la cui valutazione si sia ormai cristallizzata in un giudizio definitivo. Nonostante la sua enorme popolarità, Aida è un’opera che si interroga ancora e, ad ogni ripresa, ci si va con l’animo aperto alla possibilità di modificare le proprie opinioni, con l’intenzione di verificare impressioni di cui non si è mai sicuri. Dal rango altissimo che le assegnava naturalmente la sua situazione cronologica, di massimo capolavoro verdiano prima di Otello e Falstaff, l’opera è a poco a poco scaduta. Di qui la speranza che si ripone sempre nel fattore esecutivo, che magari riesca talvolta ad arrestare lo sgretolamento di questo idolo. Di qui, la “fluidità” persistente della nostra posizione critica verso l’opera e l’interesse per questo doppio omaggio a Franco Zeffirelli, nell’anno del centenario della nascita, tributato dall’Opera di Tirana, nella visione della sovrintendente Abigeila Voshtina, la quale ha passato il testimone a Daniela Dimova che la rappresenterà il 14 e il 15 luglio nello splendido Summer Theatre sul mare di Varna. Conosciamo bene l’allestimento di Franco Zeffirelli, che fu nel nostro massimo nel 2009 di persona, portandoci scene e regia ideate per il piccolo palco di Busseto. E’ certamente arduo pretendere da Franco Zeffirelli un’Aida intimista, ma nella componente musicale è proprio quello che il Maestro Jacopo Sipari ha puntato a realizzare, riscattando il capolavoro verdiano dallo stereotipo trionfale, facendoci ascoltare quella che vorremmo definire l’Aida di Aida: l’Aida che, nel percorso drammatico fondato sul conflitto tra desiderio ed ethos rappresenta un culmine sofisticato, anche per l’avvenuta assimilazione e superamento da parte di Verdi delle novità wagneriane, in cui la lacerazione della protagonista, un’eroina dal cui esotismo Verdi trae immenso profitto per ombreggiature misteriose, è tratteggiata dal compositore in tono musicalmente mosso, ardito, indagatore, nei suoi due grandi monologhi e, soprattutto, nella magistrale invenzione e costruzione del duetto con il padre Amonasro. Convincente la scena per l’interno del tempio del I atto e bella la soluzione anche per il meccanismo tombale dell’ultimo atto. Ideali com’era prevedibile, nella scena del terzo “le rive del Nilo”, col loro incanto voluttuoso, alla seduzione di Aida, non luce di stelle e di luna che facesse luccicare “del Nilo i cupi vortici”, mentre raffinato è l’esotismo di fine Ottocento delle stanza di Amneris. Un atto d’amore, questo di Zeffirelli ripreso dal regista areniano Stefano Trespidi, per un’idea tradizionale della messinscena operistica, non senza qualche tocco da kolossal, e per un’antichità voluttuosamente imprecisa come quelle sacerdotesse in oro che, nella scena del tempio di Vulcano a Menfi, dipanano una coreografia da dea dalle molte braccia, più Kalì che Iside. Non eravamo lì, a Tirana, ma, dai tanti contributi video ricevuti, l’intuizione è che la linea di lettura del direttore Jacopo Sipari di Pescasseroli sia stata quella personale del dramma: incantatorio, in un fluttuare (tra poli, tra estremi) che è simbolico: chi è in via d’apprendere o di nascere ad una vita seconda, come Radamès e Aida deve avere molto a che fare con l’elemento fluido, con l’instabile, col fluttuare, col symbolon, oscillante, mirante e ammirante. L’arrivo di Radames vincitore, la marcia trionfale in cui si è affidato alla sua squadra di allievi, composta da Carmine Landi e Carmine Ciccarone alle percussioni, Gaetano Apicella al clarinetto, Andrea Ronca al flauto, Davide Papa alla tromba, Pietro Avallone all’oboe e Mauro Castiello alla tuba, ha avuto tempi ben cadenzati, il terzo atto mosso sull’evocazione d’una sconosciuta Africa, molle ai sensi, vasta, profumata del balsamo delle sue foreste, ha avvolto perfettamente con i suoi colori mutevoli, come l’arpa di Antonietta Lamberti che ha accompagnato la Sacerdotessa in “Possente Fhta”, grazie a certe eleganti sottolineature del direttore, la notturna fantasticheria di un’Aida che, nella voce di Eva Golemi e nella sua dominante presenza in palcoscenico, truccata nella consueta tinta marrone che sui suoi tratti è riuscita a produrre un esotismo insolito e vero, evocante Gauguin, la quale non ha mancato sia vocalmente, che sul piano della recitazione, nessuna delle grandi occasioni, riuscendo in particolare nel grande dialogo con il padre Amonasro, l’eccellente baritono Armando Likaj, quindi, riuscendo nella ricerca dell’amalgama, con la formazione strumentale, per la scena della tomba, insieme alla voce di Amadi Lagha, insieme alla quale si è arrampicata e ricaduta nel finale, ha trovato gli elementi di una esecuzione nel rispetto della raggiunta libertà di un’arte in cui Verdi ha unito, senza porle in urto, né confonderle, le forme o le forze diverse della musica: l’orchestra, il canto e la declamazione. Interessante, per timbro e recitazione anche la Amneris di Ivana Hoxha, bel volume di voce e interpretazione a volte, sopra le righe. Un doppio cast che, certamente, ha aumentato le difficoltà del direttore, composto da Joana Zhelezcheva, la seconda Aida e il faraone Ramfis, Bledar Domi, Amneris, impersonata da Silvia Pasini e Piero Terranova per l’Amonastro della replica. Ora tutto è montato a Varna, con il Maestro Jacopo Sipari, già in prova, reduce dal gran concerto in cui ha sposato la sua idea di direzione alle voci di Saimir Pirgu e Nino Machaizde, inaugurando un “contaminato” cartellone estivo tra le antiche pietre di Butrinto. A Varna, nel Summer Theatre, lo attende il 14 e il 15 luglio, un altro doppio cast che vedrà, nel ruolo del titolo, brillare la voce di Krassimira Stoyanova, che dividerà con Joana Zhelezcheva, al suo fianco il Radames di Milen Bozhkov e quindi, Valeriy Georgiev, l’Amneris di Ivana Hoxha e Gergana Rusekova, l’Amonasro di Krassen Karagiozov e Svilen Nikolov, il Ramfis di Deyan Vatchkov ed Evgeniy Stanimirov. A completare il cast, Geo Chobanov re d’Egitto, Hristo Ganevski un messaggero e Galina Velikova la Sacerdotessa. L’orchestra, invece, conterà tra le sue fila i nostri studenti Domenico Giannattasio, Eugenio Panzarella e Rosa Martinangelo, violini, Fabiola De Angioletti al violoncello, Luca Rodio al contrabbasso, Gaetano Apicella e Marco Pepe, clarinetti, Giuseppe D’Alessandro corno, Davide Papa tromba e Carmine Landi alle percussioni, una nutrita “squadretta” che darà man forte al loro Maestro.