di Antonio Manzo
«Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro un vetro, come l’acqua mischiata al vino» così scrisse Benedetto XVI a tutti i sacerdoti del mondo in occasione della celebrazione dell’anno sacerdotale. E’ il 16 giugno 2009, il giorno dopo la festa di San Vito patrono di Eboli, e chiunque si sarebbe aspettato da don Lazzaro Benincasa un commento sul sacrificio di un santo giustiziato per la sua fede nella piana del Sele, invece lui, avido lettore iniziò commentando questa frase, che Benedetto XVI aveva a sua volta mutuato da un discorso di San Giovanni Maria Vianney, il famoso curato d’Ars parroco di un piccolo villaggio francese.
E’ morto a 91 anni don Lazzaro Benincasa, professione sacerdote parroco, costruttore di comunità. Ha retto per oltre venti anni la parrocchia di Montecorvino Rovella e per venti anni e più parroco primicerio della Chiesa collegiata Santa Maria della Pietà ad Eboli. Dopo l ‘ordinazione avvenuta nel 1954, don Lazzaro iniziò il lungo ministero pastorale nella frazione Aquarola di Mercato San Severino, per poi essere destinato per due ventenni in sole due parrocchie, Montecorvino Rovella e Eboli. Lui, parroco per definizione, era un tranquillo sacerdote, “libero docente” di teologia e pastorale parrocchiale.
Don Lazzaro era un prete còlto e non solo erudito, al punto di rendere con una raffinata e comprensiva semplicità pastorale il messaggio evangelico.
Un percorso di vita che lo ha visto accogliere migliaia e migliaia di fedeli nel servizio delle due popolose parrocchie perseguendo un disegno sacerdotale, molto efficace pastoralmente, che si identificava totalmente con il suo ministero: far capire ai parrocchiani, con parole semplici ma profonde, che senza la presenza reale di Cristo il mondo sarebbe andato perduto. Al di là della presenza di centinaia di fedeli ieri al suo funerale, ci sono le testimonianze di vita offerte dal cordoglio espresso dal cantante dei Pooh, Dodi Battaglia, che lo conosceva ed apprezzava, e dalla presenza del presidente regionale della Corte dei Conti, Michele Oricchio presente alla cerimonia funebre. Due esempi di un rapporto pastorale intenso e
diversificato, al punto tale che uno tra i suoi amici più cari, Giuseppe Tagliamonte, giudice della Corte dei Conti, nel saluto finale ha voluto ricordare anche l’impegno pastorale che don Lazzaro aveva assunto come una sorta di †“cappellano” dei giudici della Corte dei Conti che, proprio tramite lui, aveva conosciuto negli anni. Don Lazzaro era un vorace lettore. Si interessava di tutto, per avere una parola pastorale per tutti. Un foltissimo gruppo di sacerdoti ha partecipato ai funerali officiati dal vicerio generale della diocesi don Alfonso Raimo, ebolitano, che ha letto un messaggio di cordoglio del vescovo monsignor Andrea Bellandi impegnato a Roma alla conferenza episcopale.
Fu proprio monsignor Bellandi, appena arrivato in diocesi a visitare tutti i preti
più anziani, riservando la prima visita ad Eboli a don Lazzaro, che dal 2012
aveva lasciato la guida della parrocchia ebolitana. Qui, nel 1978, aveva ereditato il testimone dalla presenza attiva e indimenticabile di don Italo D’Elia , nominato un quell’anno vicario generale della diocesi e traferito a Salerno.
Don Lazzaro aveva conosciuto ben sei arcivescovi di Salerno (Moscato, Pollio, Grimaldi, Pierro, Moretti, presente ai funerali di ieri, Bellandi. Ma don Lazzaro aveva attraversato ben sette Papi, tra il Novecento e il Nuovo Millennio apprezzando e studiando il loro magistero a partire da Pio XII, poi il messaggio conciliare del Vaticano II di Giovanni XIII, la sapienza di Paolo VI, la breve ma intensa personalità di Papa Luciani, l’intenso messaggio di papa Woytila,
l’apprezzata e densa lezione di Papa Benedetto XVI e la pastorale avvincente di papa Francesco. Don Lazzaro è stato un sacerdote irripetibile per il suo stile sorridente, ma profondo a capire la vita dei suoi fedeli, come testimoniato da don Biagio Napoletano, delegato del vescovo per i sacerdoti pensionati che ha assistito fino al decesso don Lazzaro. La chiesa, folta di fedeli, ha lungamente applaudito le parole di Peppino Tagliamonte che ha concluso la sua dolorosa partecipazione alla scomparsa di don Lazzaro con le parola ultime, scritte da Aldo Moro alla moglie Noretta: <Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo>. Addio don Lazzaro.
Grazie di tutto, avresti risposto mascherandoti con il sorriso.