di Antonio Manzo
“Nordio resisti” ha funzionato, almeno finora. Il grido, un po’ politico ed un po’ scaramantico, di assecondare il lavoro del ministro della Giustizia Carlo Nordio perché passasse da editorialista del garantismo ad autorevole uomo di Governo per cambiare la >Giustizia che non funziona, stavolta è stato profetico. Primo passo vinto. L’abuso d’ufficio che metteva paura ad amministratori locali e burocrati non esiste più nel codice penale. Il Senato ha detto sì alla cancellazione del reato con una maggioranza larga che ha visto il consenso anche di parte dell’opposizione come Italia Viva e Azione. E‘ stato il primo successo del ministro Nordio che ha anche parlato, ad esempio, della necessità di rivedere il reato di concorso esterno in associazione di mafia o camorra rendendolo più chiaro e meno legato all’ interpretazione della giurisdizione.
Il fatto che “Nordio resisti” debba continuare a funzionare è dato anche dalla leggerezza delle parole di commento sul tema pronunciate dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni facendo capire che si tratta di una idea del politico—editorialista e non di una “voce” qualificata del suo Governo. E non sia, invece, uno di problemi veri in una giurisdizione italiana che può condannare, per mafia o camorra, con una larghezza interpretativa che viola il garantismo e contro il cosiddetto panpenalismo.
Sia chiaro queste parole non sono dettate dalla contiguità con il sistema mafioso, parole che attribuirono immeritatamente agli studiosi di vaglia siciliani come Giovanni Fiandaca e Salvatore Lupo. Ebbero l’ardire, secondo i tagliagole del diritto penale, di commentare il fallimento processuale di una inchiesta sulla trattativa Stato-mafia che per anni aveva solo arricchito il presunto romanzo criminale della Prima Repubblica.
Torniamo alla vittoria di Nordio. L’articolo 323 del codice penale, quello sull’abuso d’ufficio, ha da sempre dimostrato una inutilità fisiologica e una pericolosità patologica. Il reato di abuso d’ufficio ha massacrato carriere politiche e larghe fette di burocrazia che ha avuto paura della firma e si è rivelato tutt’altro che obiettiva tutela penale considerato che solo l’uno per cento dei procedimenti si è concluso con una condanna. Quindi, una fattispecie che ha generato molti procedimenti, ma che ha creato effetti nefasti sia per gli indagati o per gli imputati, sia per la stessa pubblica amministrazione. Nel corso del tempo si è registrato un progressivo lavorio del legislatore per cercare di precisare in maniera accurata la condotta punitiva. Anche l’ultima riforma del 2020, ad opera della Cartabia, non ha portato all’obiettivo sperato. L’utilizzo del reato da parte dei magistrati inquirenti è rimasto lo stesso. E si è continuato ad avere un danno sulla reputazione e sulla carriera degli indagati, che poi sono stati assolti dopo quattro o cinque anni. Fino a determinare una sindrome di burocrazia difensiva che ha spinto anche gli amministratori più solerti ad avere paura di prendere decisioni.
Ma per il giurista il risultato fallimentare delle ultime riforme si rintraccia anche nella giurisprudenza, che è stata refrattaria a ogni modifica legislativa. Ecco perchè la stessa richiesta del Partito Democratico di votare al Senato per tipizzare il reato è stata respinta: immaginate l’opera legislativa per la cosiddetta tipizzazione del reato di quanto avrebbe rinviato ogni decisione, nell’Italia delle commissioni. Anche dopo la riforma del 2020 la corte di Cassazione in diverse sentenze ha continuato a interpretare in maniera molto ampia la fattispecie di reato.
Ecco perché abolire il reato: è una soluzione che ha la sua ragionevolezza. Infatti, la norma penale che non fa il suo dovere provoca un danno immenso, perché c’è di mezzo la libertà personale. Tutto poteva rientrare nell’abuso d’ufficio e tutti potevano esserne colpiti, non solo i sindaci, ma qualsiasi amministratore con vite rovinate e di cui ci dimentichiamo. Nel 2017 lo stesso Nordio venne nominato a capo di una commissione ministeriale sull’abuso d’ufficio. Colui che qualche anno dopo sarebbe diventato ministro della Giustizia concluse proponendone l’abrogazione .
Secondo i calcoli di alcuni giuristi, cancellando il reato d’abuso d’ufficio sparirebbero anche le 3.623 condanne definitive che sono maturate negli ultimi 25 anni. Oggi il sindaco condannato per abuso d’ufficio già in primo grado è costretto a lasciare l’incarico, senza attendere la fine del processo che potrebbe vederlo assolto. Chi è contro l’abuso vuole cambiare infatti anche la “legge Severino”.
Ma c’è una strada ancora irta di difficoltà per il ministro Nordio: il capitolo delle spese in Italia per le intercettazioni telefoniche che spesso, hanno mascherato l’abuso di dignità delle persone imputate e non. Basta veder l’utilizzo fatto nella maggiori inchieste della procura di Salerno (crac Amato, fallimento Alvi, processo Scarano, inchieste dei Comuni) dove spesso sono fuggite o sono state pubblicate frasi delle inchieste in un’opera di discredito , preludio consapevole di interessati processi mediatico-giudiziari nei quali non doveva essere dimostrata la prova di innocenza o di colpevolezza ma solo anticipare sentenze di condanna per coprire, a volte, indagini fatte male. Ma nel capitolo “Nordio resisti” c’è anche la necessità di una “legge” che separi magistrati e giornalisti. Altro che bavagli.