L’attore napoletano trionfa al Verdi con la commedia “Con tutto il cuore”, un esilarante percorso a ostacoli tra equivoci linguistici e luoghi comuni.
Di ARISTIDE FIORE
Il ritorno di Vincenzo Salemme al Teatro municipale “Giuseppe Verdi”di Salerno con la commedia
“Con tutto il cuore”, da lui scritta, diretta e interpretata, con Domenico Aria, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Sergio D’Auria, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero e Giovanni Ribò, è stato salutato dal pubblico con il consueto affetto. Gli spettatori si sono lasciati trascinare in un esilarante percorso a ostacoli tra equivoci linguistici e luoghi comuni, attraverso la vicenda di Ottavio Camaldoli, un insegnante di lettere antiche il quale, dopo aver subito un trapianto di cuore, viene spinto dai familiari del donatore, un boss rimasto ucciso in una sparatoria, a vendicarne la morte.
Come altri lavori di Salemme, anche questo parte da un presupposto paradossale inerente le conseguenze assurde di un trapianto che, pur venendo date per scontate da tutti i personaggi che circondano il protagonista, in questo caso saranno alla fine smentite dalla ragionevolezza e dall’integrità di quest’ultimo. L’innesto del cuore ovviamente non ha affatto trasmesso al ricevente il carattere del donatore, cosicché il professore, immerso in un contesto di illegalità e dissimulazione rappresentato dai personaggi che lo circondano e da un curioso tormentone che allude a un mondo imprenditoriale un po’ sospetto, nel quale le attività più diverse sembrano essere concentrate in poche mani, si ritrova etichettato come “fesso” e si fa strada a fatica tra minacce e invettive per ritrovare il proprio equilibrio e confermare la propria indole di uomo mite e cittadino onesto. Il complotto ordito da una famiglia di criminali rappresentati con forti toni grotteschi, la madre e il fratello gemello del “barbiere”, un assassino monomaniaco appassionato di lirica, con la complicità di un chirurgo prezzolato e del suo collaboratore, un improbabile infermiere raccomandato, sembra stringere come una morsa il malcapitato, già alle prese con una una ex moglie ormai interessata solo a sottrargli soldi e arredi di casa a vantaggio del suo nuovo compagno, e con una figlia adolescente continuamente distratta dai social e capace soltanto di ingaggiare una strana badante orientale (un’altra finzione) per scansare l’incombenza di dover accudire il genitore. Il maggiore contrasto fra il protagonista e i comprimari, la fonte principale della comicità spesso surreale che caratterizza questa piéce, è quello tra la sua cultura medio-alta e la loro profonda ignoranza. Da qui scaturiscono le acrobazie semantiche che il povero docente è costretto a eseguire per intendersi con gli altri e comprendere le loro risposte assurde. Alla fine capirà che solo assumendo la loro stessa disinvoltura nei confronti delle regole e imparando a diventare cattivo potrebbe togliersi dai guai ma soprattutto riacquistare la stima dei propri familiari. Assumendo temporaneamente lo stesso atteggiamento dissimulatorio dei suoi avversari, lascerà che ogni cosa faccia il suo corso e l’indole criminale del gemello stupido del boss risolva ogni cosa, consumando la vendetta, di modo che potrà affermare definitivamente la propria indisponibilità a farsi contaminare e trascinare in una spirale di violenza.