La Trattativa graziò il boss Sorrentino - Le Cronache
Attualità

La Trattativa graziò il boss Sorrentino

La Trattativa graziò il boss Sorrentino

di Simone Di Meo

E veniamo così alla seconda puntata del reportage di «Cronache del Salernitano» sui personaggi della camorra locale che spuntano, qua e là, nell’indagine sulla presunta trattativa tra Stato e mafia su cui è in corso, a Palermo, il relativo processo. Alla sbarra, nel capoluogo siciliano, ci sono ex ministri della Prima Repubblica (Calogero Mannino e Nicola Mancino) e criminali efferati di Cosa nostra (Totò Riina e Leoluca Bagarella su tutti, i capi dell’«ala stragista» dei Corleonesi) ed esponenti di vertice degli apparati di sicurezza e investigativi dell’epoca (il generale Mario Mori, autore dell’arresto proprio di Riina, e il suo «braccio destro», il colonnello Giuseppe De Donno). L’ipotesi investigativa della procura palermitana si regge tutta su un assunto: in cambio della cessazione della strategia del tritolo (strage Falcone e Borsellino, attentati sul continente nel biennio 1992-1993) lo Stato avrebbe offerto un ammorbidimento delle condizioni carcerarie per circa trecento detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, non solo siciliana. Una sorta di «do ut des» che avrebbe permesso di impedire nuovi episodi di violenza dopo quelli registrati a Firenze (via dei Georgofili, 26-27 maggio 1993: 5 vittime), Milano (eccidio di Via Palestro, 27 luglio 1993: 5 morti) e Roma (bombe di San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, 28 luglio 1993). Tra questi criminali, a leggere gli atti dell’istruttoria siciliana, ci sono anche quattro esponenti della camorra salernitana. Nella prima puntata, pubblicata il 2 marzo scorso, abbiamo raccontato la storia di Pietro Del Vecchio, al quale il 30 novembre 1993 non venne prorogato il regime di carcere duro. Stavolta, ci occupiamo invece di Francesco Sorrentino di Sant’Egidio del Monte Albino, nato l’8 gennaio del 1949. Anche nei suoi confronti, il 2 novembre 1993 viene disapplicato il 41bis firmato dal Guardasigilli dell’epoca appena un anno prima. Le prime notizie su di lui risalgono al 25 maggio 1988 quando i carabinieri di Catanzaro lo arrestano insieme ad altre sette persone in un rocambolesco e fortunoso blitz a Lamezia Terme. Sorrentino a quel tempo è un personaggio emergente della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, l’uomo che ha in mente di sfidare lo strapotere criminale di Cosa nostra e dei suoi nuovi padroni: i Corleonesi. È latitante per essersi sottratto, insieme ad altri due malavitosi, al soggiorno obbligato, Sorrentino. Si è rifugiato in Calabria dove è entrato, presumibilmente, in contatto con alcuni esponenti della mafia locale. A portare i carabinieri al covo dei tre campani sono però 4 rapinatori, legati alla mafia catanese, che poco prima hanno tentato un colpo da 200 milioni di lire nella filiale catanzarese del Banco di Napoli. Messi in fuga dall’arrivo delle forze dell’ordine, i banditi vanno a rifugiarsi nel residence «Lamezia Golfo» dove sono nascosti (e chissà se lo sospettavano) anche i camorristi. All’arrivo dei carabinieri scattano i ferri ai polsi per tutti: in galera finiscono i 4 mafiosi, colpevoli dell’assalto all’istituto di credito, e pure i tre camorristi latitanti che si sono visti scoperti nel rastrellamento. Passano gli anni e il nome di Sorrentino continua a ripetersi nelle informative di polizia giudiziaria sui nuovi assetti della Nco cutoliana. Nell’ottobre 1994, il criminale di Sant’Egidio del Monte Albino viene coinvolto in una maxi-retata della Dda di Salerno che porta in galera tredici camorristi per reati che vanno dall’associazione camorristica agli omicidi al tentato omicidio. È un lavoro mastodontico della Direzione distrettuale antimafia di Salerno che ha scoperchiato il vaso sugli anni di violenza che hanno insanguinato l’agro-nocerino-sarnese al tempo della battaglia, senza esclusione di colpi, tra i killer cutoliani e i fedelissimi di Carmine Alfieri. Nel fascicolo finiscono cinque esecuzioni, tutte risalenti a quindici anni prima, tra le quali quella dell’avvocato Giorgio Barbarulo di Nocera Inferiore. Agli indagati viene contestato anche un tentativo di omicidio e un attentato dinamitardo a scopo estorsivo contro il Mobilificio Petti di Nocera Inferiore. Gli altri omicidi che vanno ad allungare il capo di imputazione sono quello del brigadiere degli agenti di custodia della casa circondariale di Salerno, Antonio Caputo, ucciso per aver tentato di impedire il controllo interno del carcere da parte dei gruppi criminali; di Stefano Manna, ucciso nella lotta scatenatasi tra la Nuova camorra organizzata e la Nuova Famiglia, perché ritenuto vicino a Pasquale Galasso; di Nicola Russo, ammazzato perché ritenuto vicino al capo clan dei Saccone, Giuseppe Olivieri; e di Luciano Forino, ucciso per reazione all’attentato dinamitardo che il fratello di quest’ultimo, Mario, aveva compiuto in prossimità dell’abitazione di Raffaele Cutolo. Quando scattano le manette, per questo procedimento, a Sorrentino è già stato revocato il carcere duro su decisione del ministro di Grazia e giustizia dell’epoca. (2.continua – la III puntata sarà pubblicata domenica 16 marzo)