La società di consulenza americana Promontory: “Nessun reato è stato commesso da Scarano” - Le Cronache
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La società di consulenza americana Promontory: “Nessun reato è stato commesso da Scarano”

La società di consulenza americana Promontory: “Nessun reato è stato commesso da Scarano”

di Antonio Manzo
Dieci anni dopo si ripresenta un processo della Vatican connection. Approda in Corte d’Appello, il 3 ottobre prossimo, il processo a carico di monsignor Nunzio Scarano, già responsabile dell’ufficio contabilità dell’Aspa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica) già condannato in primo grado per il reato di riciclaggio a sette anni di reclusione.
Nel corso dello stesso processo di primo grado fu anche condannata la commercialista Tiziana Cascone a tre anni e sei mesi di reclusione.
Dovranno essere i giudici di Appello a confermare eventualmente la sentenza di primo grado e la fondatezza dell’accusa per il reato di riciclaggio compiuto con i conti esteri dell’imprenditore D’Amico. Già nel 2014 il Tribunale di Salerno alla terza udienza dello stesso processo rigettò l’eccezione di incompetenza territoriale per reati compiuti a Roma. Al centro del processo l’accusa formulata della procura di opaca tracciabilità dei titoli come ad esempio quello di 60.000 euro pagati per restaurare il sarcofago di Papa Gregorio VII finanziato con denaro del cavaliere Antonio D’Amico che secondo l’accusa gestiva i fondi di beneficenza utilizzando la cassaforte vaticana di Scarano per riciclare fondi di dubbi provenienza dall’estero, sostanzialmente immessi nuovamente nei conti correnti radicati alla banca vaticana.
Si tratta di un processo che riguarda i flussi di denaro e la soprattutto la loro provenienza presunta illecita. Infatti una delle linee difensive predisposte in appello nel parere pro veritate redatto dal prof. Carlo Longobardo docente di diritto penale all’Università Federico II di Napoli ripercorre i punti e le tappe che secondo la vigente legislazione e giurisprudenza porterebbero al compimento di un reato di riciclaggio di denaro. I difensori sostanzialmente demoliscono la sentenza di primo grado obiettando l’assenza di un reato presupposto relativamente alla configurabilità del delitto accessorio di riciclaggio.
Nella sostanza la conclamata inesistenza di un delitto presupposto che avrebbe portato ad accumulare le somme di denaro illegalmente non potrebbe portare all’accusa di riciclaggio.
Correlata al riciclaggio ed al flusso di denaro oggetto del processo vi sono le presunte dichiarazioni fiscali infedeli rese a seguito delle operazioni contestate.
A tal proposito, la difesa di Scarano, sostenuta dall’avvocato Riziero Angeletti del Foro di Roma (che ha già ottenuto l’assoluzione per il reato di usura contestato allo stesso Scarano) deposita in Appello una recente sentenza della Corte di Cassazione del 10/05/2023 in riferimento al rapporto tra debito fiscale ed oneri probatori rispetto all’esistenza del debito stesso.
La difesa fa leva sulle dichiarazioni fiscali rese e non contestate del Gruppo D’Amico che ha adempiuto a tutti gli obblighi di rendicontazione verso l’erario nel periodo contestato e alla contemporanea inesistenza di debiti verso l’Agenzia delle Entrate con relative conseguenze sulla punibilità degli imputati. A fronte della complessità del reato contestato sono state depositati documenti fattuali da parte del Gruppo D’Amico circa l’assenza di contenziosi con l’erario tali da giustificare l’inesistenza del reato di riciclaggio così come era già ipotizzato anche nel parare pro veritate del Prof. Longobardo che si aggiunge alla recente pronuncia della Cassazione già citata a favore della difesa.
Una circostanza narrata dal giornalista Nuzzi non può ora sotto silenzio. È infatti noto, secondo le fonti riportate da Nuzzi, che il Vaticano per disposizione e volontà precisa di Papa Francesco in questi anni ha avviato una sorta di revisione della documentazione contenente i presunti reati contestati a Monsignor Scarano incaricando una nota società di consulenza americana Promontory della produzione di un report di analisi di tutti i documenti contabili prodotti da Scarano non solo quelli oggetti del processo.
L’analisi della società americana ha portato ad escludere eventuali reati commessi da Scarano nell’esercizio delle sue funzioni di contabile dell’Aspa.
Questa circostanza tutt’altro che secondaria risulta decisiva per il riconoscimento del lavoro di Scarano ed entra necessariamente anche nel giudizio di revisione della sentenza di condanna emessa in primo grado dal Tribunale di Salerno.