La premiata biglietteria Cariello ai magistrati - Le Cronache
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La premiata biglietteria Cariello ai magistrati

La premiata biglietteria Cariello ai magistrati

di PEPPE RINALDI

 

«È arduo codificare l’indipendenza. Occorrono certo la terzietà e l’imparzialità ma occorre anche che terzietà e imparzialità siano assicurate sotto il profilo dell’apparenza. Il giudice ad esempio dovrebbe consumare i suoi pasti in assoluta solitudine». L’autore della frase si chiamava Piero Calamandrei e tanto basti a chiudere qui il discorso sull’autorevolezza della fonte. Uno dei nostri padri della patria, in questo caso, faceva riferimento ai magistrati giudicanti e, se tanto ci dà tanto, il senso non equivoco del suo pensiero raddoppia se parliamo del pubblico ministero: deve essere e apparire indipendente il giudice, dovrà essere e apparire indipendente ancor di più il procuratore della repubblica, il pubblico ministero, cioè la pubblica accusa nelle sue varie articolazioni gerarchiche, funzionali e personali. E questo varrà sia se coltivi antipatie o pregiudizi nei confronti dell’indagato, sia nel caso contrario di vicinanza o simpatia. Certo, il mestiere è difficile, complicato, ricco di insidie e qualcuno dovrà pur farlo, come si dice: ma è questa la ragione per la quale i magistrati vengono pagati profumatamente dopo aver superato una (un tempo) dura selezione, per lavorare poi in un regime di sostanziale irresponsabilità. Insomma, ci siamo capiti.

Tutte queste chiacchiere per dire cosa? Niente di che. Si tratta di introdurre un argomento di chiaro interesse pubblico a conoscere altre circostanze emerse da quella sconfinata fonte della cronaca giudiziaria rappresentata dalla via crucis dell’ex sindaco di Eboli Massimo Cariello, seppellito da faldoni di inchieste che lo accompagneranno per i prossimi 7/8 anni almeno. Nelle pieghe di una frenetica e compulsiva attività quotidiana -dove spesso si legge di un sindaco ossessionato dai “like” su Facebook, tanto per disegnarne un tratto del profilo culturale e psicologico – captata in questo caso dai carabinieri a partire dal 2018 a cadenza quotidiana, oltre ad emergere una quantità industriale di fatti e circostanze opachi, si rilevano rapporti con pezzi della procura della repubblica di Salerno, forze dell’ordine e/o della polizia giudiziaria. Si dirà: le istituzioni tra loro devono relazionarsi, come si fa ad evitare contatti tra un sindaco, un procuratore e/o un suo sostituto, un prefetto, un maresciallo, un tenente, un maggiore, etc? Non si può, certo, né si deve laddove si ravvisi un interesse superiore. Ora, ottenere biglietti omaggio per assistere a un concerto rappresenta questo interesse superiore? Andare a far visita a un procuratore ricoverato in ospedale, oltre a rappresentare un gesto di umana cortesia, fin dove può trascinare le congetture di un normale osservatore, specie se da molto prima il visitatore era sottoposto a indagini da parte dell’ufficio del visitato? Brigare per il successo elettorale del figlio di un magistrato candidato sindaco in un centro limitrofo, ovviamente in quota Pd, è solo ordinaria dinamica politico-relazionale o è (anche) il sintomo di consolidati, seppur temporanei, rapporti in essere? Far recapitare a mezzo terzi un biglietto omaggio per un concerto pop al Palasele a un noto pm antimafia (mentre gli uffici comunali sfornavano determine di pagamento sotto soglia legale a imprese in odore di malavita) è solo un’innocente captatio benevolentiae? Sono soltanto alcuni degli esempi più meritevoli di attenzione giornalistica rinvenuti nelle quasi 4mila pagine di brogliacci di intercettazioni allegate all’ultima maxi inchiesta riguardante il cosiddetto Sistema Cariello, appena conclusosi dopo quasi cinque anni di indagine da parte di un ex sostituto procuratore salernitano noto per la “prolissità” documentale più che per l’efficacia del lavoro. Proviamo a riportarne qualche stralcio che, come già detto nella prima puntata di questo report, aiuterà a leggere un contesto e non a stabilire colpe o responsabilità. Non prima di aver ripetuto, però, il dettaglio rappresentato dal fatto che su Cariello erano già in corso almeno due indagini (per quel che il cronista ne sappia) della procura di Salerno, delle quali era a conoscenza alla stregua di ogni persona mediamente informata. Il problema non è Cariello, che faceva politica e cercava di acchiappare consensi in mille modi oltre a tentare di scansarsi rogne facendo i famosi “piaceri” di italica tradizione, semmai ci sarebbe da riflettere sull’incasso dei biglietti omaggio da parte di magistrati che, per fatti analoghi nell’esercizio del proprio lavoro, molto spesso non esitano a far scattare le manette addirittura.

Allora: il 25 maggio del 2018 un consigliere comunale, unitamente a un ex dirigente del Comune (lo stesso che raccoglieva i curricula di persone in cerca di lavoro per un’eventuale assunzione bluff alla Nuova Ises, ma questo lo vedremo poi…) viene raggiunto da una chiamata di Cariello intorno alle 17. Il consigliere dice di essere in compagnia del dirigente comunale nei pressi del Palasele «dove c’è già un sacco di gente in fila» per il concerto serale di Jovanotti. Si parla dei biglietti “Auf” (che è acronimo latino e non dialetto napoletano) dati a magistrati e forze dell’ordine. Dice l’allora dirigente: «ho dato 4 biglietti a Vito e ai suoi familiari, ora li ho finiti». Il consigliere aggiunge: «Io li ho dati a Montemurro (pm antimafia, ndr) e a quell’altro procuratore, altri due a Mauro (non identificato) e al finanziere». A proposito di finanzieri: nelle intercettazioni emergono pure rapporti con una donna della GdF, figlia di un ex militare locale travolto da mille scandali, che chiede via telefono o sms di incontrare l’ex sindaco di Eboli: siamo al 10 marzo precedente, la finanziera scrive al sindaco: «ti devo parlare urgentemente» dopo diversi tentativi di raggiungere Cariello telefonicamente.

Il giorno prima (il 9 marzo) Cariello va all’ospedale di Eboli a far visita all’ex procuratore capo Corrado Lembo, l’uomo che in pratica aveva nella mani il suo destino giudiziario, il cui figlio, peraltro avvocato, correva per la carica di sindaco nella vicina Campagna, fase nella quale l’ex primo cittadino era attivamente impegnato, come risulta in numerosi brani captati dai carabinieri. In ospedale Cariello ci va con un non meglio specificato “presidente”, col quale parla al telefono, col direttore sanitario del tempo (e di adesso), il piddino Mario Minervini e un consigliere comunale. I carabinieri scrivono in nota che si tratta di intercettazione “molto rilevante”, e lo faranno ogni volta in cui ci sono di mezzo magistrati. In teoria, dinanzi a certe circostanze l’indagine avrebbe dovuto finire seduta stante a Napoli e poi si sarebbe visto, ma il sostituto procuratore del tempo, che lavorava gomito a gomito con l’allora capo della procura da anni anche altrove, sembra esser stato di parere contrario. Avrà avuto le sue ragioni.

Sempre il 10 marzo 2018, poco prima delle 18 l’ex sindaco chiama al telefono un ebolitano, Pasquale Sessa, figura nota per l’assidua frequentazione del sottobosco della politica fin dai tempi della I repubblica, imparentato con ex consiglieri di maggioranza legati a triplo filo e sotto diversi profili, a Cariello: «Pasquà, il giudice Erminio (Rinaldi, ex procuratore aggiunto di Salerno, ndr) a quale concerto vuole assistere?» «Gianni Nannini», replica Sessa». Poi i due parlano di una «…riunione di ieri sera che è andata bene…», e ancora della «delibera di Panza» che non si capisce bene se si tratti di un faccendiere locale oppure dell’ex capo della Polizia, Alessandro, che pure è ebolitano. Infine Cariello, manco fosse il bigliettaio del Palasele, chiede a Sessa: «Quanti biglietti vuoi per il concerto di Gianni Morandi?». «Due», replicherà l’interlocutore.

Sia chiaro: può essere che tutti questi biglietti gratis siano stati restituiti al mittente con ringraziamenti, che l’ex procuratore capo Lembo abbia cortesemente scansato una visita in ospedale non decisa da lui, che l’appoggio elettorale al figlio sia stato un’ineludibile circostanza, tutto può essere, ma dalle carte ufficiali non emerge nessun “pasto in solitudine”, per richiamare l’incipit di questo articolo. Nel caso, se ne darà il giusto e sacrosanto conto.