Vittorio Cicalese
Il progetto è ambizioso, lodevole e “gustoso” – sembra proprio il caso di dirlo – perché riguarda uno dei piatti cardine della nostra tradizione culinaria e soprattutto rispetta i canoni economici in cui tutti riescono a rientrare in qualche modo: la pizza “pascalina”, ideata dall’Istituto Nazionale Tumori “Pascale” con l’obiettivo condiviso da una grande rete di produttori, ristoratori, consumatori e istituzioni: sconfiggere il tumore, puntando tutto su cura e ricerca con il supporto di azioni concrete che vadano a sensibilizzare la gente. La pizza pascalina, infatti, si basa sull’applicazione dei principi della dieta mediterranea che trova maggiore forza pratica nell’incrocio con le linee guida della World Cancer Research Fund e sulle più recenti evidenze scientifiche su dieta e prevenzione dei tumori, dando vita ad una pietanza “popolare” che addirittura, grazie ai suoi ingredienti particolarmente curati nella scelta, nella produzione e nel dosaggio, si potrebbe consumare fino a due volte a settimana. Oltre questo il dato economico che favorisce la ricerca: le pizzerie aderenti utilizzano ingredienti specifici e “versano” un euro che, sul costo totale della pizza, va direttamente all’Istituto “Pascale”. Al di là del “semplice” dato nutrizionale e “solidale” del prodotto, che già rende merito ad un progetto così interessante, va notato un dato: gli ingredienti vedono, come sempre, una forte partecipazione del prodotto salernitano – in particolare i pomodori, San Marzano o Corbara, e l’olio extravergine di oliva del Cilento – ma nonostante ciò nell’intera provincia di Salerno sono soltanto cinque le pizzerie che hanno “aderito al progetto” utilizzando gli ingredienti selezionati e offrendo alla clientela, dunque, la possibilità di mangiare la pizza pascalina. Parliamo di pizzerie presenti, per il “lato nord” della provincia a Roccapiemonte e Sarno, e per il “versante sud” ad Agropoli, Camerota e Bosco. Dunque Salerno città risponde alle diciotto pizzerie presenti nella città di Napoli con uno zero che incuriosisce: tante sono le pizzerie precedute da “fama, fame e gloria” che in città rispecchiano un’offerta adeguata alla domanda della clientela salernitana, e tanti sono i luoghi in cui la pizza è ormai diventata un elemento gourmet, fatta con prodotti ricercati e con menu infiniti lunghi almeno 4 righe anche soltanto per descrivere nel dettaglio gli ingredienti della più classica delle “pizze Margherita”. Eppure, viene da dire, Salerno non dà la possibilità di riscontrare nel percorso della pizza “solidale” un elemento offerto alla popolazione. Non se ne parla a livello meramente locale, eppure la pizza pascalina è giunta fino a New York ed è in varie pizzerie (anche strategiche, come giusto che sia) in giro per l’Italia. E se da un lato potremmo giustificare “l’assenza” di Salerno città tra i comuni che offrono questa possibilità, visto che anche le città di Caserta, Benevento e Avellino non offrono la medesima possibilità di Napoli, l’altra faccia della stessa medaglia ci racconta di una Marcianise che, a pochi passi da Caserta, può dirsi presente nella mappa visualizzabile sul sito www.pizzapascalina.it (non è ovviamente una giustificazione per Caserta, ci mancherebbe altro) mentre Salerno città, comune capofila di una realtà territoriale vastissima e pregiatissima dal punto di vista dei prodotti locali e della cucina tradizionale, offre tale possibilità soltanto a svariati chilometri di distanza. Lanciamo dunque un appello affinché le pizzerie salernitane, dopo questo minimo e sicuramente indegno (per portata culturale, sociale, scientifica e istituzionale) riscontro su un progetto così valido, possano aderire ufficialmente al progetto e garantire alla cittadinanza, ai turisti, a chiunque voglia insomma, la possibilità di gustare un piatto tradizionale, gustoso, fatto con prodotti controllati e scientificamente considerati “validi” per una sana, corretta alimentazione ed un giusto sostegno alla lotta contro il cancro.