Di OLGA CHIEFFI
Le note di sala distribuite sabato sera nell’arena del parco archeologico di Fratte, per la prima delle tre opere allestite dall’associazione Golden Benten Music, un laboratorio lirico nato nell’autunno scorso, titolavano “La Traviata: tempus fugit”. E’ noto: l’anima di Violetta corre disperatamente verso l’amore, il suo corpo, con inesorabile velocità, verso la morte. Il laboratorio lirico fondato da Irma Tortora e affidato a docenti del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, tra cui nomi di peso del panorama musicale internazionale quali Marilena Laurenza e Filippo Morace e, su tutti, il regista Riccardo Canessa, nato sulle tavole del Real Teatro di San Carlo, ha lasciato “debuttare” voci pur interessanti, quali Annalisa D’Agosto, che si è cimentata nel ruolo di Violetta Valéry, Maria Cenname che ha dato voce ad una perfetta Annina, Wentao Ou, nel ruolo di Giorgio Germont, il bel Gastone di Salvatore Minopoli, o Giovanni Germano il secondo domestico, su di un palco sei metri per otto, sostenuti da un’orchestra nata da qualche mese, composta di strumentisti talentuosi, ma privi di qualsivoglia esperienza, con cinque prove d’assieme e il timor panico di fermarsi e non riuscire a portare a termine la scena. I maestri hanno il privilegio e l’immensa responsabilità di guidare il futuro, il tempo dell’arte, tutta, non corre, non affretta, bisogna avere il coraggio e la pazienza di attendere, di maturare. L’addestramento è progressione, spingere il puledro su salti per i quali non è ancora pronto fisicamente e mentalmente potrebbe procuragli un dispiacere o fargli perdere il profumo del salto. E’ quanto è avvenuto sabato sera nella necropoli sannita di Fratte. Il saggio di fine anno della Golden Benten Music (crediamo e penso che anche i docenti ne siano consci, il “debutto” è tutt’ altro ed è bene non creare false illusioni!) ha rivelato luci ed ombre. La Violetta di Annalisa D’Agosto sta bene in palcoscenico. Nel primo atto, ha “sforzato” la cavatina “Sempre libera degg’io”, su di un registro acuto che è ancora spigoloso, in particolare nell’agilità e nelle coloriture. Il secondo atto, invece, le calza perfettamente, anche perché, in questo allestimento, si è trovata la bella voce di Wentao Ou, piccola, ma ben istruita nell’intenzione e nel fraseggio, così anche il finale è filato liscio con la trovata scenica di realizzare nel trucco addirittura le emottisi. La voce tenorile di Jangmin Kong è ancora al livello di sgrossatura e purtroppo il ragazzo, non ha alcuna attitudine attoriale, a completare il cast Luciano Matarazzo nei panni del Barone Douphol, Massimo Rizzi in quello del Marchese d’Obigny, Giovanni Augelli è stato il dottor Grenvil e Giuseppe Di Lorenzo, Giuseppe servo di Violetta. Ai piedi del palco l’Orchestra Sinfonica di Salerno “Claudio Abbado”, opportunamente rinforzata da diversi docenti dei vari licei musicali della nostra regione, guidata da Elio Orciuolo. Esecuzione bandistica da parte di tutti, con archi inascoltabili per intonazione e precisione, in particolare nelle danze, ma si sa, Verdi ha pagine di difficilissimo approccio quali i pezzi d’assieme, i preludi, in cui gli strumenti diventano le chiavi della psicologia dei personaggi, ma stiamo andando oltre, visto che nell’opera rappresentata dalla Golden Benten, a volte anche le note sono risultate un optional. Il coro, formato in buona parte da ex-coristi del teatro Verdi di Salerno, preparato da Katja Moscato ha molto da rivedere, in particolare nelle entrate. Splendidi i ballerini di EtMotion di Fabrizio Esposito, eccellenti nel minimo spazio utile. Non riusciamo ad intendere, per il momento, lo scopo di questa operazione, che a breve continuerà con Il Barbiere di Siviglia e Bohème, sul palcoscenico, stavolta più ampio dell’Arena del Mare. Speriamo che non ci si nasconda dietro il termine “giovani”, che deve essere rispettato, per secondi scopi d’infima lega, come spesso accade nella nostra società. Tempus non Fugit!