di Mario Rinaldi
Ieri, la comunità di Penta, frazione del Comune di Fisciano, ha dato il proprio caloroso, affettuoso ed estremo saluto a Vincenzo Coppola, stroncato da un male all’età di 65 anni. Personaggio iconico, simpatico, folkloristico ed allegro, dotato di una disarmante semplicità, a tratti ingenua, che permetteva a chiunque, anche agli sconosciuti, di avvicinarsi a lui per ricevere un sorriso, una pacca sulla spalla o una battuta, dal sapore ironico, puro ed innocente. Così come il suo animo, dotato di una candida innocenza, trasmessa attraverso un volto, il suo, che a ben osservarlo celava una velata sofferenza, a volte incompresa, mascherata dalle sue passioni e gioie più grandi. Su tutte lo smisurato amore per il calcio e per la sua squadra del cuore: il Napoli. Enzo O’Black, questo il soprannome attribuitogli, col quale verrà da tutti ricordato, era questo. Semplicità, sana ingenuità, amore per il Napoli, forte legame con la sua terra d’origine, Penta, e una sconfinata fede e devozione per il suo Santo Patrono, San Rocco. Un personaggio, che con la sua spontanea natura umile, ha saputo conquistarsi l’amicizia e il rispetto di tutti coloro che hanno avuto il piacere di conoscerlo, perché lui, O’Black, era il primo ad osservare profondo rispetto per le persone, soprattutto per coloro che nei suoi confronti nutrivano un affetto silenzioso, dimostrato attraverso un gesto di aiuto o una simbolica carezza. A lui sono tanto legati anche i giovani e giovannismi, che lo hanno scelto, da qualche anno a questa parte, come capitano della squadra di Penta alle “Chiavi della Città”, la competizione estiva che vede sfidarsi tutte le frazioni del Comune di Fisciano per la conquista dell’ambito trofeo delle Chiavi. Enzo ha saputo conquistarsi l’affetto, la stima e il rispetto di un intero paese, riconosciuti anche oltre i confini del suo territorio d’origine.
Con la sua modestia era capace di immergersi in ogni contesto, contaminando chiunque con la sua contagiosa simpatia, in grado di regalare un sorriso e un momento di spensieratezza anche in situazioni difficili. La sua gioia più grande, nell’anno in cui ha lasciato la vita terrena, è stata sicuramente quella di assistere alla conquista del terzo scudetto del suo amato Napoli. Una gioia frenetica, che lo ha visto protagonista, in prima linea, nella preparazione dei festeggiamenti insieme ai ragazzi di Penta e pienamente coinvolto nell’euforia generale che si è scatenata per onorare il trionfo azzurro. Di Enzo O’Black non se ne parlerà nei libri di storia, nè tanto meno lui avrebbe avuto la presunzione di fregiarsi di una imprecisata e nemmeno tanto meritata notorietà. Non ha conquistato alcun titolo tale da attribuirgli un posto tra i grandi e non ha compiuto alcuna opera che può essere ricordata dai posteri per la sua magnificenza. A renderlo per certi aspetti unico, è stata proprio la sua semplicità. Come tanti altri personaggi iconici di Penta che lo hanno preceduto in vita, il suo ricordo resterà impresso nella memoria collettiva dei pentani come simbolo da collocare in un determinato e limitato contesto spazio-temporale, che per certi aspetti assume un apprezzabile significato. Insieme a lui va via un altro pezzo di un paese che ha scritto pagine importanti della recente storia del Comune di Fisciano. La Comunità di Penta, ieri, gli ha reso omaggio nella monumentale chiesa di San Bartolomeo, dove è custodito il simulacro di San Rocco, tanto caro a Enzo e alla sua famiglia, che lo ha accompagnato in questo suo ultimo viaggio terreno. Il suo feretro, prima di raggiungere il Campo Santo di Lancusi, si è fermato in Piazza Vittorio Emanuele, dove i suoi amici gli hanno preparato uno striscione dalla forte impronta identitaria, sul quale c’era scritto “Enzo O’Black uno di noi”, intonando un coro sulle note dell’inno del Napoli di Nino D’Angelo, “Quel ragazzo della Curva B”. Penta non dimentica.