di Francesco La Monica
«Mittal ci ha traditi e abbandonati. Siamo sul lastrico e non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. Chiediamo una risposta immediata del Governo». Questo è il grido d’allarme lanciato dai lavoratori dell’ex Ilva di Salerno nel corso dello sciopero indetto per la giornata di ieri. Forte è la preoccupazione per il destino dei 40 dipendenti dell’ex “Ilvaform”, legato inevitabilmente a quello della casa madre di Taranto. Il colosso industriale “Arcelor Mittal”, nei giorni scorsi, ha già avviato la formale procedura per restituire gli stabilimenti ai commissari della nota azienda e ha presentato la richiesta di avvio della cessione del ramo d’azienda che riguarderà ben 12 siti, compreso quello di via Claudio Felice Tiberio di Salerno. Lo stabilimento salernitano, tra l’altro, non è nemmeno da considerarsi a rischio ambientale, in quanto l’acciaio viene lavorato soltanto a freddo, ed il cui mantenimento in vita non prevede bonifiche ambientali. Intanto i lavoratori restano col fiato sospeso in attesa di buone nuove dal Governo, come ci riferisce Luigi Cristino, delegato Fiom Cgil Salerno: «Gli operai hanno già subito il disastroso passaggio dalla vecchia alla nuova gestione, perdendo quasi 3mila euro di stipendio netto all’anno. Hanno sacrificato questo capitale solo ed esclusivamente per entrare a far parte, almeno come si prospettava all’epoca, di una grande multinazionale, che invece ha disatteso le nostre aspettative. Abbiamo paura per il nostro futuro. Avremo un inverno freddo, sotto tutti i punti di vista». Cristino lancia poi un appello alle istituzioni: «Il Governo ha il dovere di intervenire adesso, non quando la situazione diventerà irrimediabile. E’ inutile domandarsi, successivamente, il perché di eventuali gesti estremi di chi non sa come andare avanti e vede soltanto buio davanti a sé. Finora, nessuno della società civile si è interessato alla nostra condizione, nonostante si tratti del secondo sciopero in poche settimane. Già sappiamo che quando sarà il momento di portare la lotta in piazza e quando la disperazione sarà arrivata al culmine, allora saranno tutti pronti a giudicare». Eguale preoccupazione si evince anche dalle parole del lavoratore Danilo Sardilli: «Siamo preoccupati perché purtroppo, essendo legati alla sede di Taranto, tutto ciò che succede lì si ripercuote sulla nostra condizione. Proprio perché siamo una piccola realtà, siamo preoccupati maggiormente, perché se in altri siti i lavoratori arrivano fino a 800 unità, qui siamo soltanto 40. Il Governo è obbligato a darci delle risposte, anche se Mittal dovesse abbandonare “il giocattolo”». Situazione difficile che viene illustrata anche da Giuseppe De Crescenzo, dipendente dell’ex Ilva da oltre vent’anni: «Essendo vecchio dipendente ed avendo lavorato anche a Taranto, ho vissuto tutte le situazioni drammatiche sotto la gestione Riva. Con l’avvento di Mittal abbiamo creduto in un cambio di rotta che, purtroppo, non è avvenuto. Molti di noi hanno fatto dei passi importanti, comprando casa e assumendo debiti che ora non possono permettersi di pagare. Senza contare che, con il cambio di proprietà, abbiamo rinunciato a premi, ferie e anzianità di servizio. Tutto ciò che abbiamo conquistato in questi anni ci è stato tolto in un attimo. Chiediamo l’intervento immediato del Governo». Toccante lo sfogo del dipendente Pasquale Pastore che, oltre alla precaria situazione lavorativa, è costretto a fronteggiare un grave problema familiare: «Ho mia figlia in ospedale, ma nonostante tutto sono qui a combattere per i miei diritti insieme ai miei colleghi. Non si capisce di chi sia la responsabilità di questa situazione. Noi dipendenti sembriamo una barca in mare senza remi e senza vele. Faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per cercare di preservare un elemento fondamentale della vita come il nostro lavoro. In questo momento – aggiunge un commosso Pastore – sto pensando a mia figlia ricoverata in ospedale e non riesco a essere del tutto lucido. Ho assunto diversi impegni che, ora come ora, non saprei proprio come assolvere. Per tutte queste vicissitudini sono molto giù di morale. Chi di dovere ci aiuti».