La crocifissione dei bambini: “Tribunale e periti negazionisti” - Le Cronache
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La crocifissione dei bambini: “Tribunale e periti negazionisti”

La crocifissione dei bambini: “Tribunale e periti negazionisti”

di Michelangelo Russo

C’è qualcosa di discutibile nelle prassi degli Uffici Giudiziari di Salerno in materia di abusi sessualisui bambini. Normalmente, nei processi per violenza sessuale sui bambini, è estremamente difficileraccogliere la prova, soprattutto quando la violenza avviene nel circuito familiare. Allora i piccoli tendono a ridimensionare e a confondere le tracce dell’abuso per gli inquirenti, per il terrore non solo di ritorsioni ma anche di allontanamento dal nucleo familiare. E’ per questo che l’apporto dei consulenti e periti è fondamentale per la decisione finale del giudice, privo di cognizioni psicologiche specializzate com’è. Ora, la scelta dei consulenti deve essere, oltre che variegata estremamente equilibrata e serena. Per offrire al magistrato un materiale il più possibile neutro. Perché la decisione finale, è ovvio, spetta al giudice. E’ lui che deve saper leggere criticamente le relazioni e le testimonianze acquisite. E’ lui, che con quell’elemento fondamentale nell’indagine che è il dono dell’intuizione (in gergo giudiziario si chiama il “prudente apprezzamento” delle risultanze istruttorie), dovrà effettuare una scelta in cui è imprescindibile il possesso della ragione. Che è quella somma di quesiti e risposte logiche che il giudice deve porsi, altrimenti si appiattirebbe nelle conclusioni dei suoi periti, usate come comodo alibi per scrollarsi le sue responsabilità in ordine alla scelta. Insomma, è il giudice e solo il giudice che deve assumersi la responsabilità di dichiarare una persona colpevole o innocente. Per questo viene definito il perito dei periti. Il fardello di questa responsabilità schiaccia il giudice soprattutto quando deve condannare. Deve motivare bene la decisione che manda in galera la gente. Quindi, una sorta di inconfessata paura di sbagliare tiene vigile l’attenzione del giudice quando motiva la condanna; la tensione emotiva invece gli si attenua quando assolve. Il fardello è più leggero, e il danneggiato dal reato può sempre attivare un’azionecivile per i danni subiti. Diciamolo: occorre più coraggio e fatica per condannare che per assolvere. E si è meno esposti alle possibili critiche del Giudice di Appello e di Cassazione, non fosse altro che sovente l’Ufficio del P.M., oberato di lavoro, non ha il tempo di farei mpugnazione. E’ chiaro che tutto ciò non è la norma dell’agire giudiziario. Ne è però,tante volte, una inconfessabile patologia. E adesso veniamo alla crocifissione delle anime innocenti, che al supplizio inevitabile del processo devono aggiungere spesso il marchio della non credibilità delle loro accuse. Dirette, quando riescono ad esprimersi bene con le parole; oppure indirette, quando affidano il loro grido di dolore agli indicatori comportamentali. Il processo giusto ed efficace si gioca in gran parte qui: sull’esperienza e sulla pazienza dell’investigatore medico, che, molto più del giudice, sa leggere i messaggi subliminali che manda il corpo del bambino. Attraverso, ad esempio, comportamenti seduttivi incongrui con l’età. Oppure disegni, reticenze, contraddizioni volontarie usate dai piccoli per sviare l’indagine. Occorre prudenza degli operatori nella valutazione sulla loro presenza e significatività. Ma non possono essere ignorati. Lo psicologo giudiziario indaga attraverso di essi con un dialogo serrato con il bimbo abusato, attraverso un metodo maieutico che rimuove lentamente il blocco mentale che il bambinoha costruito attorno al ricordo traumatico. Non bisogna confondere però questo dialogo con la suggestione indotta nel bambino dalle parole dello psicologo. La suggestione, così cara ai “negazionisti” tra i neuropsichiatri infantili, è a sua volta una suggestiva invenzione di quei periti che, per varie ragioni, preferiscono la comoda strada della dichiarazione di ambiguità di questi segnali per suggerire ai giudici l’assoluzione dei presunti mostri. Chi sono i negazionisti? L’appellativo viene dato nel mondo della psichiatria infantile a quei colleghi (che nonsono la maggioranza) che sostanzialmente negano la validità dei segnali indicatori delle violenze. Negazionisti perché negano l’evidenza, come i negazionisti dell’Olocausto. Ma i negazionisti hanno un loro successo nel mondo giudiziario: sono i facilitatori per quei giudici che, per vari motivi, propendono per l’assoluzione. Abbiamo detto che è molto più difficoltoso e rischioso, per tema di smentite successive, giungere a una sentenza di condanna che a una di assoluzione. Perciò, quando il giudice non è un combattente tenace e capace nel contrasto alla pedofilia, che tende a fare per risolvere il processo? Chiama periti negazionisti che prevedibilmente propenderanno per diluire nel dubbio della possibilità della “suggestione” e del “contagio dichiarativo” i segnali indicatori che vengono dai bambini. Continueremo nei prossimi giorni su questo argomento; toccando il tasto di alcune prassi giudiziarie a Salerno definibili come negazioniste. Per adesso facciamogli fare Pasqua, che tanto nella croce ci stanno i piccoli! Presto arriverà però la festa della Liberazione.