di Clemente Ultimo
I recenti eventi che hanno interessato i gasdotti sottomarini Nord Stream 1 e 2 (quest’ultimo mai entrato in funzione) riportano drammaticamente l’attenzione sulla “fragilità” delle infrastrutture che garantiscono l’approvvigionamento energetico dei Paesi europei, in un contesto generale di grande turbolenza dei mercati che si traduce in una impennata dei costi energetici per imprese e famiglie. Per tentare di decifrare quanto accaduto e quali effetti potranno avvertirsi sul nostro territorio abbiamo raccolto il parere del professore Alessandro Mazzetti, storico ed analista geopolitico. Sarebbero almeno quattro le falle rilevate nelle condotte del Nord Stream 1 e 2: incidente o sabotaggio? Ed in quest’ultimo caso chi potrebbe avere interesse a chiudere definitivamente il flusso gasiero proveniente dalla Russia? «Oserei dire che questa potrebbe essere considerata una domanda da 100 milioni di dollari. Provando comunque a rispondere direi che l’ipotesi dell’incidente per modalità, posizione ed efficacia l’escluderei, anche se bisogna sempre ricordare che un evento poco probabile è pur sempre possibile. Per cui tenendo ben presente l’osservazione precedente non può non saltare all’occhio la posizione geografica dove si sono svolti gli incidenti. Storicamente quelle sono acque eccezionalmente pattugliate non solo dalle nazioni rivierasche. Credo che non sia assurdo pensare che con la crisi internazionale e la guerra europea in quelle acque si sia intensificato il controllo sia aereo che di superficie ed infine subacqueo. Partendo da queste considerazioni, per così dire, geo-militari bisognerebbe chiedersi chi al di fuori dei Paesi rivieraschi possieda l’esperienza, la tecnologia e soprattutto la preparazione militare per un sabotaggio così complesso. Credo che la domanda da porsi sia “chi ne trarrebbe maggior vantaggio?”. In fondo i Nord Stream sono, o per meglio direi, erano la miglior arma in mano ai russi per condizionare le scelte europee e soprattutto quelle tedesche. Mi vengono in mente i continui viaggi del Segretario di Stato Pompeo a Berlino durante la presidenza Trump quando il Nord Stream II era in costruzione. La dipendenza tedesca dall’energia russa è stata sempre fonte di forti incomprensione tra Berlino e Washington». Gli eventi del Mar Baltico pongono l’accento sulla necessità di proteggere le linee di approvvigionamento energetiche. La Marina Militare ha annunciato più intensi controlli sui gasdotti provenienti dall’Africa settentrionale: le nostre infrastrutture energetiche sono a rischio? Ci sono pericoli per i nostri porti? «Indubbiamente le comunicazioni marittime sono di primaria importanza. Basti pensare al fatto che la nostra nazione dipende dal trasporto marittimo per circa il 90%. È del tutto evidente che senza energia non ci può essere sviluppo industriale e quindi sociale, per cui la nostra Marina Militare è costantemente impegnata a vigilare con grande efficienza su tutte le linee di comunicazione. Lo fa con grande professione ed impegno nonostante sia costretta ad operare con personale ridotto. Certamente lo scacchiere Mediterraneo è fondamentale non solo per il destino nazionale, la presenza in mare della nostra flotta è motivo di garanzia e sicurezza anche per l’Europa e per la Nato. Sulle forniture energetiche a rischio il discorso è più complesso: personalmente non credo che si possa ripetere nel Mediterraneo il sabotaggio accaduto nel Baltico, per molteplici ragioni. Certamente l’Europa, e soprattutto l’Italia, non si sarebbero trovate in queste circostanze se si fossero affrettate a realizzare il gasdotto MedEast che dalle coste egitto-israeliane si snoda fino a giungere alla nostra Puglia. Questo ci avrebbe garantito un surplus geo-economico in Europa considerevole. I nostri porti hanno molti problemi, ma escluderei rischi di sabotaggio. In questo la nostra posizione geografica e la già citata vigilanza navale sono elementi di garanzia». Secondo alcuni analisti lo stop definitivo al Nord Stream potrà avere un impatto molto forte sull’economia tedesca, portandola in recessione. Una Germania in crisi quanto peserà sulla realtà italiana? «Condivido l’assunto dell’impatto negativo non solo sull’economia tedesca. Comunque farei un distinguo importante al riguardo. La Germania sarebbe assolutamente colpita, ma avrebbe le risorse, come sta già ampiamente dimostrando nazionalizzando e rifinanziando, per contenere la crisi anche se di medio periodo. Certamente la ricaduta colpirebbe maggiormente le altre economie nazionali europee come la nostra, quella greca, la portoghese, la spagnola e altre. Questi Paesi a causa di un euro sovradimensionato per le loro economie e della dipendenza di materie prime subirebbero i maggiori contraccolpi. In fondo, la Germania è l’unica nazione europea a condurre strategie economiche controcicliche. Interessante notare come le contromisure tedesche adottate siano state prese a prescindere dal contesto dell’Unione». In questo contesto di crescente difficoltà il Mezzogiorno ed il suo tessuto produttivo fanno i conti con nuovi problemi che si sommano a vecchie criticità: quali sono le prospettive per le regioni del Sud? C’è qualche intervento specifico che potrebbe rappresentare un antidoto alla crisi? «Indubbiamente le regioni del nostro amato Meridione saranno quelle che patiranno maggiormente l’acuirsi di questa guerra economica in corso. La dipendenza dalle strutture logistiche non ancora uniformi al contesto europeo, la mancanza di risorse ed economie spesso stagnanti faranno del nostro Mezzogiorno un’area a rischio sociale. Ma questa potrebbe anche rappresentare una possibilità importante, poiché a mio parere l’unico modo per uscire da questo coul de sac è proprio attraverso il potenziamento strutturale delle linee logistiche meridionali, la trasformazione e specializzazione dei suoi approdi in porti gassiferi. Allora il nostro Meridione e l’Italia diverrebbero davvero la tanto decantata e mai realizzata piattaforma logistica mediterranea e quindi europea. In più, grazie alle forniture costanti di energia provenienti dal sud, il nord industriale potrebbe essere maggiormente competitivo in ambito internazionale. Proposta che già da tempo abbiamo presentato su diverse riviste come quella Marittima e Porto&Interporto, ma come ebbe a sostenere Ovidio “volere è poco, occorre volere con ardore per raggiungere lo scopo”».