La chitarra virtuosa di Andrea Curiale - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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La chitarra virtuosa di Andrea Curiale

La chitarra virtuosa di Andrea Curiale
Di Olga Chieffi
Sarà il giovane chitarrista Andrea Curiale, l’ assoluto protagonista nella chiesa di San Giorgio in Salerno, del penultimo appuntamento della rassegna “Grande Musica a San Giorgio” , giunta alla sua IV edizione, dal titolo “Senza confini” che chiuderà il 22 giugno. Le sorprendenti architetture barocche dell’antica Chiesa di San Giorgio hanno fatto da mirabile cornice alla programmazione musicale ideata e promossa dall’Associazione Alessandro Scarlatti presieduta da Oreste de Divitiis, e realizzata con il sostegno del MIC e della Regione Campania, in collaborazione con la Fondazione Alfano I e Salerno Sacra e con il patrocinio del Comune di Salerno.  Andrea Curiale  inaugurerà il suo concerto con le Grandi Variazioni op.114 composte da Mauro Giuliani,composte a Roma nel 1823 sull’aria “Oh! cara memoria” dall’opera “Adele di Lusignano”, uno dei molti successi dell’operista napoletano Michele Enrico Carafa(1787-1872). Nella sua intrigante semplicità, l’arietta offre a Giuliani l’ispirazione per realizzare uno dei suoi cicli di variazioni più riusciti in assoluto. L’introduzione, continuamente modulante, sfrutta per fini drammatici il cromatismo discendente del basso e tutti i colori dei rivolti. Le prime due variazioni, per terzine e quartine, fanno pieno uso dell’estensione dello strumento e richiedono salti molti ampi e continui lungo la tastiera. Ma sono la terza e la quarta variazione a mostrare tratti di sorprendente originalità: per la loro lunghezza. Si passerà, quindi, al balletto di Teresa De Rogatis, dedicato al suo allievo Stefano Aruta, che resta il brano singolo più completo degli elementi usati dalla compositrice. Costruito sul tempo di Valzer ed è diviso in varie sezioni, essendoci anche un“da capo”.È molto evidente l’intento dell’autrice di descrivere diversi episodi, probabilmente ispirandosi sia alla musica, sia alle coreografie dei balletti dei grandi autori. Si passerà, quindi, alle tre Sonate di Niccolò Paganini  M.S.84. Berlioz e Schottky annotarono segnalando rispettivamente che Paganini, il quale non si fece mai ascoltare in pubblico, nei concerti, come chitarrista, sapeva cavare dallo strumento effetti straordinari e accordi difficili e magnificamente arpeggiati. Queste sonate sono non certo prive di difficoltà, divise tra invenzione, vivacità e amabilità. Ascolteremo, quindi, Tre preludi da La Serra di Mario Barbieri, musica autentica, scritta da un sapiente che, pur senza maneggiare la chitarra, ne aveva captato l’anima e imparato i codici arcani come nessun altro compositore della sua epoca: al confronto, la scrittura chitarristica di Ponce è generica, quella di Castelnuovo-Tedesco approssimativa, quella di Torroba naïve, mentre la sua è una delle strumentazioni più lievi, minuziose e squisitamente appropriate che mai siano state disposte attorno a una parte concertante per chitarra. Si proseguirà, poi con il Mario Castelnuovo Tedesco di Escarraman op.177, una suite di danze spagnole intitolata Escarramán prende infatti il nome da un personaggio degli Ochos entremeses (1615) dello scrittore iberico. Segovia si dichiarò entusiasta dell’opera — scritta come al solito a tempo di record tra il 30 maggio e il 10 giugno del 1955 — e si mise subito al lavoro per curarne la diteggiatura in vista della pubblicazione e dell’esecuzione in concerto. I pressanti impegni di lavoro gli impedirono però di portare a termine la revisione della suite e solo la Gallarda venne edita da Ricordi con il suo nome il resto dell’opera fu revisionato dal chitarrista tedesco Siegfried Behrend che con Castelnuovo-Tedesco aveva da poco intrecciato rapporti di amicizia. In Escarramán, da cui verrà proposta appunto Gallarada El Canario e Pesame Dello,  il compositore si serve di ritmi di danza tipici del Cinquecento spagnolo elaborandoli però secondo schemi formali settecenteschi e condendo il tutto con la propria ironia. Finale del programma ufficiale con Carlo Domeniconi e il suo Koyunbaba op.19, datato 1985. Il nome, letteralmente, significa “pastore”, ma allude anche a molti altri significati, come, ad esempio, al nome di un mistico del XIII secolo, in odore di santità, la cui tomba è decorata con pezzi di stoffa colorata dagli abitanti dei vicini villaggi, che invocano il suo aiuto in caso di problemi di famiglia.”Koyunbaba” è il nome della famiglia dei suoi discendenti che ancora risiedono nell’area, ma è anche il nome di una regione arida e selvaggia della Turchia sud orientale. Secondo leggende locali, l’area sarebbe maledetta: le persone che avessero tentato di affittare o comprare la terra dalla famiglia Koyunbaba sarebbero morte o colpite da malattia.Domeniconi si è riferito a due esempi specifici: uno era quello di una donna tedesca che voleva conservare l’area nel suo stato incontaminato, che fu presto colpita da un cancro. L’altro era quello di uno dei tre figli della famiglia Koyunbaba, che vendette all’improvviso una parte della terra, ma si suicidò per impiccagione. Parte stasera anche il progetto Canzoniere italiano con Alleria, nell’arrangiamento di Filippo D’Allio in prima esecuzione assoluta.