di Salvatore memoli
Ci sono luoghi che si fermano nella mente e nel cuore e fanno vibrare di emozioni. Per me uno di questi luoghi, talmente caro da provare disagio a dire quanto mi appartenga, con ogni angolo dei suoi numerosi ambienti, é la Certosa di Padula!
Non é la fabbrica in sé che mi interessa, é il luogo di fede, il recinto sacro, che ha ospitato per secoli una comunità di eremiti che ha riempito di meriti e di benemerenze la bella Padula e il Vallo di Diano. Oggi sono vanto del Mezzogiorno e dell’Italia, per tanti aspetti importanti, le memorie e il monumento, che come un gigante si lasciano ammirare da visitatori che vengono da tutto il mondo.
Mi capita di ritornare spesso a visitare la Certosa. Nei ricordi infantili, la Certosa era una realtà abbandonata. L’amore dei Padulesi, di giovani impegnati in associazioni ed in politica, mise al centro di nuovi interessi una scelta appassionata per la Certosa e il suo recupero. Ne fece un programma intelligente, diffuso bene, mirato a dare centralità ad un patrimonio mondiale che moriva sotto gli occhi di tutti. Ho vissuto quegli anni ed ho assistito al risveglio della Certosa. Come la più bella delle creature volute dalla mano dell’uomo, guidata da Dio, la Certosa ha ripreso a far battere il suo cuore, si é dato un restyling, anno dopo anno, si é fatta amare, conoscere, sentire come la dimensione religiosa più imponente del Mezzogiorno. La Certosa era un potentato religioso ed economico. Ad essa era legato il governo di vasti possedimenti, di aree produttive, granai, stalle, caseifici, grange che sovrabbondavano di beni agricoli. É diventata la Reggia, la Reggia del silenzio, governata da potenti e rispettati Priori ed amministrata da Procuratori che erano come moderni amministratori delegati.
La Certosa di oggi ha ripreso a vivere, benché senza i suoi monaci, senza le salmodie, senza i silenzi operosi di comunità che hanno fatto vivere ogni angolo del luogo che era prevalentemente eremitico e solo in pochi momenti cenobio.
La Certosa che amo e la Certosa che gli occhi di un innamorato riescono a vedere, con tutte le notizie di tante pubblicazioni che ne parlano, é qualcosa ancora da scoprire, da sentire con il cuore. Occorre sintonizzarsi sulle note di antiche salmodie, di gesti del silenzio, di incenso consumato per Dio, di preghiera di cui le mura sono impregnate, immaginare il fruscio di passi misurati e di abiti di lana bianca di cui erano ricoperti i monaci che si spostavano per andare in chiesa, per sentire, ancora oggi, la vita propria di questo luogo.
É proprio vero per me quello che scrivevo anni fa: Ogni volta che varco la soglia del portone che immette in quella zona destinata alla clausura, mi pare di avvertire il profumo purissimo di una vita che ancora c’é, che si espande fino a rendere sempre mistico questo luogo di fede purissima.
Per me, la Certosa restituita dall’intelligenza e dalla cura dell’uomo al suo antico splendore, é il dono più bello che sia stato fatto a tutta l’umanità ed ai Padulesi ( tale mi considero anch’io!).
Mi piace ricordare che in questo luogo la storia parla delle virtù di tanti religiosi con una forte tempra spirituale. Oggi c’é poco di quei secoli di preghiera,singola e corale, resta l’amarezza che i luoghi non vivano al presente di quella spiritualità monastica che ha riempito di fede la Certosa. Dalle celle appartamenti, al refettorio, alla sala del capitolo, alla chiesa dove le solitudini si univano in comunità, il canto dei monaci é stato solenne e pieno di carica mistica. Oggi non ci sono più i certosini a Padula, molte certose nel mondo sono chiuse, il ricordo della memoria monastica deve essere documentato e mostrato ai visitatori, attraverso sistemi divulgativi mediatici da collocare nei vari luoghi della Certosa che possono accompagnare la ricerca di quello che fu la storia. Non si é voluto mai valutare la proposta d’invitare una piccola comunità monastica ( trappisti, camaldolesi ecc.), per animare in una parte della Certosa una liturgia viva che ancora parla a tutta la chiesa e testimonia la forza di una verità religiosa che serve al comprensorio e che non tramonta mai.
Dalla Chiesa alla sala capitolare, al refettorio ed all’antica e grande cucina, ambienti che ancora oggi si fanno ammirare, si ha la dimensione di una presenza di chi ha costruito fede, patrimonio, cultura e spiritualità.
Non meno grande e importante é l’architettura di tutti gli spazi, ciò che le ricerche ancora sperano di portare in luce come una grande condotta, come si é sempre raccontato, che convogliava il latte dalla montagna di Padula Mandrano fin dentro la Certosa. Solo pochi anni fa intraprendenti curiosi, come ricorda l’esperto Alfonso Monaco, si sono sostituiti agli studiosi ed hanno individuato l’imbocco di questa condotta.
In questo luogo tante volte avvolto dal chiasso che diventa schiamazzo, dovrebbe prevalere il silenzio. Silenzio di studi, di biblioteche, di sapienza di monasteri, di vite eremitiche e claustrali che si sono consumate nella privazione e nelle intuizioni di vite monastiche, modelli del Creatore, che amano le caratteristiche del silenzio e dell’eternità.
Capita a volte di sentire in Certosa una campana suonare, bastano pochi battiti per risvegliare quanto ancora é vivo per sempre.
Sarebbe bello poter passeggiare nei chiostri immensi, nelle celle custodi di obbedienze, guardare il grande tabellone che parlava al posto d’uomo per organizzare i monaci e le loro obbedienze, sentire la storia viva della Certosa e dei Certosini.
Se si é attenti si può ancora sentire l’anima di questi monaci che custodisce la Certosa. E, con una buona disposizione, si coglie il risveglio della più forte spiritualità monastica che ha dato lustro al territorio.