di Anna Villani
In via di Mezzo ad Angri vi sono preziosità di cui andare fieri. Purtroppo non più ammirabili né dagli angresi né da turisti o da chi vi è di passaggio. Lungo l’asse verticale della Via di Mezzo da nord a sud, abitavano le antiche famiglie menzionate nei protocolli dei notai dell’epoca, casa Barba, Casa Chiaralanza e De Conterio, oltre la Cappella vi erano i Pisacane ed i maestri D’Antoni. La piccolissima cappella nata tra l’anno 600 e il 700 per volere del nobile Baldassarre Pisacane aveva inizialmente il nome di Cappella Montevergine poi rinominata dei santi Cosma e Damiano, medici santi vissuti tra il 260 ed il 303 d.C., morti da martiri sotto l’impero di Diocleziano, passati alla storia per avere curato gratuitamente gli ammalati. Oggi, questa piccola cappella non è più accessibile, chiusa al pubblico da diversi anni – pare per rischio crolli. Eppure, fino a poco tempo fa, un gruppo di famiglie, residenti in zona, se ne prendeva cure per pulizie e manutenzione e, nel giorno della festa, il 26 settembre, onoravano la memoria dei due santi, organizzando pure una serata a base di piatti succulenti, pasta e fagioli o soffritta, il ricavato andava a copertura delle spese della cappella tenuta aperta grazie ai turni delle volontarie. Ma, cos’ha di così speciale la Cappella Pisacane e perché è un peccato tenerla chiusa? All’interno vi sono “i Sette Dormienti” opera unica nel suo genere. Pare che in nessun luogo al mondo vi sia una riproduzione dei Sette Dormienti come questa. Sette statue, perlopiù senza dita, si dice provenienti da Efeso. Come siano arrivate ad Angri non si sa. I sette dormienti si chiamano: Costantino, Dionisio, Giovanni, Massimiano, Malco, Marciano e Serapione, vestiti da combattenti romani con armature di latta di colore rosso e marrone, sbiaditi dal tempo ma comunque ancora in buono stato, considerando gli anni. La loro storia ebbe inizio nel 250 d.C. quando l’imperatore Decio cominciò la persecuzione dei cristiani. Anche i sette giovani furono perseguitati e bloccati, mentre li interrogavano riuscirono a scappare all’interno di una caverna dove furono trovati e rinchiusi vivi. Non avevano altra scelta che attendere la propria fine perciò caddero in un sonno profondo, fino a quando un giorno, un pastore, per ricavare uno spazio per i propri animali buttò giù la parete della grotta che era stata chiusa per impedirgli di uscire. Svegliatisi, i sette chiesero se fosse sicuro uscire fuori ma il pastore non capiva a cosa alludessero notando anche il modo strano come fossero vestiti. Uno dei sette si recò allora in città per comprare qualcosa da mangiare ma trovò tutto cambiato, i soldi che avevano non erano nemmeno più spendibili. Cosa era successo? In pratica, pensavano di essersi addormentati il giorno prima mentre avevano dormito per due secoli. La piccola Cappella di via Di Mezzo dovrebbe contare al suo interno ancora diverse statue: Santa Rita, San Francesco Saverio, San Gerardo, S.Antonio Abate, la Madonna dell’Addolorata oltre ai Sette Dormienti. Opere oggi perlopiù tarlate, vestiti consunti e logori, rovinati dal tempo che passa inesorabile per gli uomini come per le cose. L’unico intervento concreto resta quello compiuto dal maestro angrese Gianni Rossi. Nel luglio del 2007 diede vita all’associazione artistica e culturale “Panacea” impegnandosi personalmente per il restauro dell’antica statua della “Madonna Liberatrice dei flagelli” (vedasi foto), anch’essa custodita nella cappella Pisacane. Un’opera salvata all’incuria. Non esiste nessun registro o documento che possa essere utile a ricostruire la storia della statua, risalente all’800 ma di sicuro secondo esperti di “grande importanza”. Per salvare le sorti della Cappella già nel dicembre del 2001 alcuni abitanti di via di Mezzo, costituitisi in una sorta di comitato spontaneo, lanciarono un accorato appello all’allora Sovrintendenza ai Beni Culturali di Salerno ed alle istituzioni affinché intervenissero per finanziare i lavori di ristrutturazione per il recupero della struttura. Un antico monumento, entrato nel cuore degli abitanti del quartiere. E c’è stata una figura in particolare che ha legato il proprio nome a questa Cappella: Peppinella “dolceamore” che per oltre 30 anni provvide alla sua cura. Figura indimenticata in questo spicchio di quartiere dove si conoscono tutti. Negli anni passati la Cappella è stata presa di mira da parte di ignoti con furti continui, tra questi il porcellino ai piedi di S.Antonio o, come nel maggio del 2001 quando le offerte per S. Rita fecero gola a qualcuno che ripulì il cestino all’interno, per poi scappare. Il ricavato delle iniziative per le festività di S.Rita e dei 2 patroni, servivano a coprire le spese legate al mantenimento della struttura. Di qui l’idea di organizzare qualche piccola sagra intorno alla cappella o la vendita delle rose benedette di santa Rita. Piccole iniziative per piccoli incassi che permettevano di tenere aperta la cappella e consentire a qualcuno di passaggio di lasciare la propria preghiera o raccogliersi per qualche attimo davanti alle statue religiose. In tutto questo, dalla promozione degli eventi culinari, alla distribuzione delle rose, la preparazione delle pietanze ed il mantenimento della cappella le donne locali hanno avuto sempre un ruolo di primissimo piano unendo fede, devozione e tradizione insieme. Per salvare opere e devozione nei primi anni del 2000 rivolse un appello pure il compianto abate della Collegiata di San Giovanni, don Alfonso Raiola. Purtroppo, tutti gli appelli sono caduti nel vuoto e la cappella resta chiusa nella via di Mezzo di un’Angri carica di bellezze messe in un angolo da cui ci guardano interrogandoci, come a dire: “perché ci abbandonate?”