Di Olga Chieffi
Può risultare strano, ma uno dei romanzi più difficili del ‘900, il “Dedalus” di James Joyce, inizia con l’ incipit tipico delle fiabe: “C’era una volta tanto tanto tempo fa una muuuuucca che veniva avanti lungo la strada, e questa muuuuucca che camminava lungo la strada incontrò un simpatico ragazzetto a nome confettino…” Le cinque “u” di Mucca non sono un refuso di stampa, ma un preciso segnale espresso da un testo importante che appartiene di diritto all’impianto letterario dei romanzi connotati dal “flusso di coscienza”, ovvero la tecnica narrativa che verrà attribuita a Joyce come una delle caratteristiche più tipiche delle sue opere, nonché come una delle formulazioni di scrittura più importanti dei nostri tempi. Stephen Dedalus non è, certo, un personaggio qualsiasi: Joyce ne fa anche uno dei protagonisti dell’“Ulisse”, dove è un raffinato intellettuale che si muove nei meandri di Dublino, un professore di Storia antica che discetta delle imprese di Pirro e di Storia Romana e dà vita a complicati monologhi , contrapposto al ben più elementare, e un po’ rozzo, Leopold Bloom; ebbene, se uno scrittore come Joyce ci presenta un personaggio in due delle sue opere, facendolo uscire dall’una ed entrare nell’altra come se niente fosse, ci sarà un preciso motivo. O più di un motivo; si tratta, in effetti, di uno di quei segnali lanciati al “lettore”, o meglio, un segnale rivolto a quello che Umberto Eco avrebbe poi chiamato “lettore ideale”, ovvero un lettore capace di interpretare gli elementi sottesi nel testo, da intendersi come indicatori di senso. E’ questo che hanno fatto diciotto artisti salernitani che hanno realizzato un’opera a testa, ciascuna dedicata ad uno dei diciotto capitoli dell’Ulysses: Annalisa Apicella, Antonio Baglivo, Elisa D’Arienzo, Gaetano Paraggio, Gianni Grattacaso, Gianluca Tesauro, Giorgio Della Monica, Laura Marmai, Lucia Carpentieri, Lucio Ronca, Lucio Liguori, Nello Ferrigno, Pasquale Liguori, Pio Peruzzini, Salvatore Autuori, Sandro Mautone. Una collettiva curata da Vito Pinto che verrà inaugurata nei locali del Complesso del San Michele, messo a disposizione dalla Fondazione Carisal, e che vedrà il vernissage questa sera alle ore 18,00 restando visitabile sino al 25 giugno di tutti i giorni dalle ore 16,00 alle ore 19,00. E’ questa mostra l’evento clou delle manifestazioni del Bloomsday, che quest’anno, a Salerno, hanno raggiunto il traguardo dei dieci anni. Infatti, la manifestazione è stata titolata “T.E.N. The Extraordinary Novel”, dove quel ten sta anche ad indicare gli anni compiuti dagli appuntamenti annuali organizzati dall’Associazione Culturale James Joyce di Salerno, presieduta da Bruna Autuori. “Non è stato facile realizzare questa mostra – ha sottolineato il curatore, Vito Pinto – perché gli artisti si sono dovuti confrontare con un mondo, quello irlandese, che è ben distante, geograficamente e storicamente, dalla nostra cultura mediterranea. Tra l’altro maestri di grande spessore artistico della pittura, della ceramica, della fotografia sono stati affiancati dal fresco nonché sicuro talento di alcuni giovani in un interessante confronto generazionale. I risultati sono sorprendenti: una coralità di individualità artistiche unite per omaggiare un genio della letteratura mondiale”. E’ proprio l’arte che mette in ordine il caos o – come ha scritto James Joyce – crea un caosmo, un cosmo ordinato che mantiene un contatto con il caos. L’esposizione, creerà collegamenti trasversali con l’arte visiva. L”Ulisse”, per esempio, tratta la rappresentazione della simultaneità con un testo lineare che, in un modo nuovo, e la mostra ci fa percepire il romanzo come una creazione spaziale. I riferimenti trasversali all’arte figurativa, vengono poi resi evidenti: l’estetica del frammento, la pluralità delle visioni ed il simultaneismo possono essere rilevati anche nella letteratura. In generale, l’attenzione viene guidata sulla spazialità del testo, sull’immagine che evoca e sulla sua dinamica temporale.