di Aldo Primicerio
I media, i cittadini, ma anche le Procure lo chiamano l’ondivago. E’ Carlo Nordio, ex-Pm, un fedelissimo del compianto Silvio, ed ora ministro della Giustizia. L’ondivago è colui che vaga sulle onde del mare, un incerto, un volubile, un incostante, un titubante, insomma un indeciso. Qualche prova? Un anno fa, nel gennaio del 2023, a La7 Nordio diceva che i mafiosi non parlano al telefono. Qualche giorno dopo faceva sapere che le intercettazioni sono indispensabili per il terrorismo e le mafie. E’ questo, sempre più spesso, l’atteggiamento del governo Meloni: cambiare idea fino a smentirsi sui temi centrali della vita del Paese. La verità vera la dice Cafiero De Raho, ex-Procuratore Antomafia ed oggi deputato 5Stelle: Le intercettazioni non nascono nel contrasto diretto con le mafie, ma ci si arriva per gradi e dopo. Si parte proprio dalle intercettazioni, dagli scambi di informazioni tra corrotti, insomma da tutto quello che c’è dietro le mafie, anche da personaggi che sembrano impensabili, e che spesso sono noti imprenditori ed anche politici.
Nei numeri la disinformazione e le bugie del ministro Nordio
Ma, oltre l’ondivaghezza del ministro ci sono le sua disinformazione e le bugie che ne conseguono. Lui dichiara: le intercettazioni sono una barbarie, spese assurde per risultati minimi. Parla proprio lui che le ha usate a piene mani. Ma a spiazzarlo sono la sua impreparazione. Lui non legge le carte, i documenti, i numeri, i bilanci del Ministero. Noi l’abbiamo fatto al suo posto. E può farlo chiunque digitando su Internet l’indirizzo giustizia.it dove troverà il consuntivo spese per il 2022, e dove potrà aprire il bilancio di previsione per il 2023 e quello per il triennio 2023-2025.
Nel consuntivo 2022 la prima bugia di Nordio. Su uno stanziamento definitivo di € 10 mld946mln il Ministero della Giustizia ha speso 9mld516mln. Ha speso quindi meno di quanto stanziato, insomma un ministero in attivo, virtuoso rispetto ad altri in passivo o disastrati. Nei bilanci preventivi 2023-2025 vengono smascherate altre clamorose bugie del ministro. Infatti l’analisi dello stesso Ministero rivela che dal 2007 in poi la spesa del dicastero è progressivamente diminuita passando all’1,57% dell’anno 2007, all’1,42% dell’anno 2008, all’1,40% dell’anno 2009, all’1,36% dell’anno 2010, all’1,35% dell’anno 2011, all’1,37% dell’anno 2012, all’1,33% dell’anno 2013, all’1,28% dell’anno 2014, all’1,27% dell’anno 2015. Dagli anni successivi tale percentuale è tornata a risalire, per poi riscendere, passando all’1,28% nel 2016, all’1,31% nel 2017, all’1,32% nel 2018, all’1,35% nel 2019, all’1,34% nel 2020, all’1,16% nel 2021, all’1,25% nel 2022. La legge di bilancio per il 2023 si presenta con una percentuale dell’1,27% rispetto al Bilancio dello Stato.
Giustizia, materia delicata e complessa. Ci vuole testa e ragionevolezza
E non ci siamo fermati, perché siamo andati a spulciare le spese degli altri Ministeri in percentuale sul bilancio dello Stato. Vediamoli in ordine decrescente: Economia e Finanze 58,1%, Lavoro 19,9, Infrastrutture 12, Istruzione 6,2, Interno 3,8, Difesa 3,2, Università e Ricerca 1,6. Sviluppo economico 1,5, Giustizia appunto 1,2%. Non entriamo nel merito della distribuzione, dettata da spese per organizzazione, tecnologie ed organici. Ed allora caro Carlo, dov’è questa barbarie, questo M.Evo? Forse nella testa di qualcuno? E qui si spiega perché, in Italia come in qualsiasi Paese di questo pianeta, la giustizia è una materia complessa.
I due paradossi della “asimmetrica” giustizia italiana
Per gestirla ci vorrebbe ragionevolezza, come scrive Giancarlo Caselli, un grande ex delle toghe. Ed invece? Invece due paradossi. Il primo quando il sottosegretario alla giustizia Delmastro annuncia ispezioni in 13 Procure per verificare eventuali violazioni delle norme che consentono conferenze-stampa solo nei casi di rilevante interesse pubblico, in altre parole, se i magistrati abbiano parlato invece di tacere. Ed il paradosso? Sta nelle notizie che Delmastro passò al V.presidente del Copasir Donzelli sul caso Cospito.
Il secondo paradosso sta nello squilibrio informativo tra la difesa di un imputato – che parla quando e come vuole davanti a microfoni e taccuini anche per tutelare l’immagine del suo difeso – e l’accusa pubblica che, specularmente, potrebbe e dovrebbe precisare e chiarire anch’essa sui soggetti coinvolti.
Un intervento, questo di Delmastro che pretende di ingessare il rapporto dei magistrati con la stampa, finendo con il favorire i potenti di turno. E poi, chi afferma che il magistrato deve darsi dei limiti altrimenti l’equilibrio salta, meglio che taccia invece di fare bla bla. Ed allora caro Carlo, è questa la giustizia che pensi di affermare? Una giustizia asimmetrica, come la definisce Caselli, a scapito dei cittadini e del Paese?
Meloni in politica nel nome di Borsellino. Ma è davvero così?
La nostra premier sui social non è una twitteriana esclusiva come Salvini e Conte. Lei è una raffinata, ed usa molto anche Linkedin. E ci fa piacere, perché la piattaforma di Microsoft è anche il mio network preferito. Ma la Giorgia un un suo post di solo qualche giorno fa non l’ha usato con la coerenza dovuta da un presidente del consiglio. Infatti, ricordando il 19 gennaio come il giorno di nascita di Paolo Borsellino, lei scrive testualmente che “è per lui che iniziai a fare politica ed è nel suo nome, e nel nome di tutti coloro che hanno sacrificato la vita per combattere la criminalità organizzata, che prosegue il nostro impegno nella lotta alla mafia, giorno dopo giorno. Per un’Italia migliore, per noi, per i nostri figli e le nuove generazioni”.
E’ un’affermazione che le fa onore. Ma è un dire davvero sentito e convinto? E’ Il Fatto a porsi l’interrogativo. Un’affermazione, quella della Meloni, che contrasta duramente invece con i dispositivi che il suo governo ed i suoi ministri hanno preparato per riformare la giustizia, e che quindi appare come un tentativo di ingraziarsi simpatie e di carpire la buonafede dei cittadini. Insomma se ci si volesse davvero ispirare ad un eroe dello Stato, non si ciancierebbe scioccamente con queste bugie sulle intercettazioni telefoniche, e non si penserebbe a modifiche della nostra Costituzione per imbavagliare la giustizia e la stampa.
E se la Meloni fosse davvero quella che dice, avrebbe già licenziato Nordio, la Santanchè, Sgarbi, e tappato la bocca a Crosetto, chi inadeguato e chi indegno di essere ministro o sottosegretario di un governo italiano. Quindi, cara Giorgia, poiché sei brava ed intelligente, fai qualche passo indietro come sai fare tu, correggi le distorsioni insopportabili per noi cittadini, e consenti al grande Paolo di non girarsi nella tomba se di lassù potesse ascoltare tutte le bugie che circolano su questo mondo infame.