Tutti i dipendenti pubblici, dirigenti compresi, non possono accettare regali da nessuno, men che meno da chi è soggetto commissionario di opere e/o servizi per conto dello stato: se li accetta, questi non possono mai superare il valore di 100 euro (tollerato fino ad un massimo di 150 a seconda della natura del dono) e qualora la soglia venisse oltrepassata le strade che l’impiegato troverebbe dinanzi gli impongono o di consegnare l’oggetto ricevuto alla pubblica amministrazione per via gerarchica, o restituirlo al benefattore oppure unire le mani in preghiera sperando che della cosa non si venga mai a sapere alcunché. Lo stabilisce la legge, con le integrazioni previste dalla normativa anticorruzione. Ora, per rimanere sul tema affrontato negli ultimi giorni da Le Cronache, vale a dire l’indagine della procura di Salerno sulla gestione dei soldi dell’Asl destinati ai centri privati (39 indagati), colpiscono alcune vicende, favorite dai rapporti di consuetudine tra imprenditori e dirigenti di via Nizza. Come un buono da 500 euro da spendere in abiti, oppure lavori di manutenzione in una residenza personale o, ancora, provvedere alle necessità di trasporto per una festa di compleanno: due, tre esempi di (apparente) degenerazione del rapporto intercorrente tra chi, pubblico dipendente, decide come, quando e -soprattutto- quanto del denaro di tutti dovrà esser erogato in favore di questa o quell’azienda che proprio quel danaro intende percepire in forza di rapporti rigidamente disciplinati da norme, regolamenti e circolari varie. Un do ut des antico quanto il mondo ma da questo punito da sempre quando uno dei protagonisti della speciale relazione incarna ruolo e funzione a garanzia di ognuno. Stiamo parlando di alcuni casi emersi in sede di indagine, delegata dal pm Silvio Marco Guarriello al Nucleo tutela spesa pubblica della Gdf, inchiesta che potrebbe approdare ad una richiesta di giudizio immediato da parte della procura tenuto conto della traiettoria sin qui seguita. Una delle figure principali tra gli indagati, il direttore della Funzione centrale economico-finanziaria dell’Asl Maria Anna Fiocco, il 19 aprile dell’anno scorso, festeggiò il compleanno della figlia in un locale di Vietri sul mare, il ristorante «U’ chevalier». A provvedere al reperimento di un paio di pulmini per il trasporto di una decina di invitati, perlopiù bambini e ragazzi, ci pensò un altro degli indagati, l’imprenditore Aniello Renzullo (a capo di un gruppo di aziende vertiginosamente cresciuto negli ultimi anni cui ci dedicheremo prossimamente), titolare del centro “Lars” nell’agro sarnese. Su richiesta della dirigente Fiocco, come si evince dagli atti, l’imprenditore brigò per ottenere due piccoli pulmann: Renzullo contattò l’impresa di trasporti “Annunziata” di Sarno, che nel giorno convenuto mandò due suoi mezzi in via Vernieri a Salerno, nei pressi del cinema Capitol per caricare gli invitati e trasferirli al ristorante. Gli investigatori, che da tempo intercettavano sia i telefoni che gli uffici di via Nizza, andarono sul posto e fotografarono le fasi dell’operazione, ritraendo la stessa Fiocco a bordo del mezzo, fino al ristorante: alla fine, dei due uno soltanto servì alla bisogna, l’altro rientrò in sede, tutte fasi precedute da un nervoso scambio di telefonate e messaggi tra Renzullo e Fiocco, la quale trepidava per il ritardo degli autobus. L’altro soggetto centrale dell’inchiesta, la responsabile del Sistema informativo e dominus dei “tetti di spesa” assegnati dalla Regione ai centri convenzionati, Antonio Scaramuzza, cade -tra l’altro- anche su una buccia di banana piccola, ma non troppo. Nell’ambito dei diversi rapporti intrattenuti con le imprese la cui vita dipendeva dalle sue elargizioni (il cuore dell’indagine, che, ricordiamolo, è nata a seguito della denuncia di un imprenditore del settore contro i vertici dell’Asl) Scaramuzza un pomeriggio del 2 maggio 2017 riceve in ufficio l’imprenditrice Giovanna Manzo, oggi co-indagata, socia di diritto e di fatto dello “Studio diagnostica e terapia fisica Dell’Angelo Maria sas” e del “Cardiocenter sas di Dell’Angelo e Manzo”, a Pontecagnano. Le cimici piazzate hanno registrato l’imprenditrice che regala alla dirigente Asl un buono da 500 euro da spendere in abiti firmati nel negozio Max Mara. In cambio la dirigente, scrivono gli inquirenti, «si è adoperata a risolvere numerose problematiche riferite a ritardi nei pagamenti o interpretative delle norme riferite alle branche in cui operano i centri, sulla base delle richieste della stessa Giovanna Manzo». In un’altra intercettazione la dirigente si lamenta -diciamo- con la donna del valore del regalo ricevuto a Pasqua ma, al tempo stesso, le chiede se abbia voglia di unirsi a lei per una vacanza all’Isola d’Elba tra l’11 e il 14 maggio successivi. La Manzo, però, rifiuta. Per non dire poi di alcuni lavori di manutenzione in casa curati dagli imprenditori del centro “Verrengia” e/o l’interessamento per un suo avanzamento di carriera all’Asl che avrebbe dovuto esser favorito dall’imprenditore Cobellis: e qui entriamo nella politica, lo spettro che aleggia sullo sfondo di questa inchiesta giudiziaria, specie per alcuni fenomeni osservati nell’agro nocerino sarnese. Come vedremo.
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