Incendi. Italia in mano ai piromani. Istituzioni? Inette - Le Cronache Attualità
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Incendi. Italia in mano ai piromani. Istituzioni? Inette

Incendi. Italia in mano ai piromani. Istituzioni? Inette

Aldo Primicerio

Cominciamo dai numeri. Sono spaventosi. Sapete quanti ettari sono andati in fumo solo in questi 8 mesi del 2025? Oltre 56mila, in continuo aumento negli ultimi 5 anni. E i danni calcolabili in euro? 10mila euro per ogni ettaro. Pertanto, se la matematica non è un’opinione, soltanto quest’anno finora, gli incendi nel nostro Paese sono costati oltre mezzo miliardo di euro, 566mila euro per la precisione.

E non è tutto. Sapete quanto costa l’intervento di un aereo Canadair? Da 6mila a 15mila euro all’ora, poco meno un elicottero specializzato. E quindi, si stima un altro mezzo miliardo di euro, in totale dunque 1 mld di euro all’anno.  Ma quanti Canadair ci sono in Italia, di chi sono, chi li pilota? Da noi questi aerei sono 19, tanti eppure pochi per quel che accade, di proprietà privata ma gestiti dai Vigili del Fuoco italiani.

Altro interrogativo: perché scoppia un incendio? Ad es. sul Vesuvio o sulle Madonie o sull’Etna o in Sardegna o, più vicino sul Castello di Arechi a Salerno, specie al Sud quindi? Nel 60% dei casi è di origine dolosa, nel 15% è colposa cioè effetto di disattenzione o negligenza, nel 25% causato da fulmini o eruzioni. Pertanto l’autocombustione in pratica non esiste. Ergo, nel 75% dei casi dietro c’è l’umanità, ed ancora più indietro c’è un demente, un delinquente, un bastardo. Chiamatelo come vi piace perché ognuno di questi epiteti è appropriato.

 

Italia in una storica incapacità di prevenire, individuare, colpire, punire. Chi controlla? Quali le cause?

Sì, purtroppo un’Italia rassegnata quella di Stato, Regione, Comuni. L’abbiamo già scritto in passato. E’ un’Italia assai indietro, lenta anni luce, macchinosa, vecchia,  sempre incollata all’ex-post, al dopo, a quando il guaio è fatto. E’ sempre chiarissima la matrice colposa e dolosa e patologica dell’innesco. Ma restano quasi sempre senza volto gli incendiari, sia i piromani con seri disturbi mentali sia, in minima parte, i distratti del fuoco. Ma chi controlla? L’Italia conta quasi 48mila forestali. Tutta gente in gamba. In Italia per numero sono tanti. Cinque volte più dei famosi Rangers canadesi, che però sorvegliano 400.000 km2 di boschi. E se in Canada c’è un sorvegliante ogni 95 km2, la Sicilia ne avrebbe uno ogni 0,136 km. Tanti che non dovrebbe essere consentita neanche l’accensione di un cerino. E invece siamo sopraffatti dall’assalto degli incendiari. Perché? Tanti i motivi. Dagli orari di sorveglianza sbagliati ai piani comunali e regionali antincendio riposti nei cassetti, fino alla tecnologie sconosciute o inutilizzate. Ne scriviamo più avanti.

Le cause colpose? Fuochi non spenti dopo un barbecue, lanci dalle auto di fiammiferi e cicche di sigarette ancora accesi, tentativi di ripulitura col fuoco di incolti e scarpate stradali e ferroviarie, rinnovazione di pascoli con bruciatura di stoppie, macchinari agricoli che producono fiamme libere e scintille, lanci di petardi e razzi. Lo scrive, in un mirabile articolo su Greenreport, il giornalista ambientale  Erasmo De Angelis. Ma, tra le cause, anche roghi appiccati da chi lucra su bonifiche e rimboschimenti, per ritorsioni della criminalità, per vendette e regolamenti di conti personali tra confinanti, per reazione a vincoli apposti sulle aree protette, per il gesto delinquenziale di dementi che sbavano quando compiono degli orrori. E si moltiplicano gli inneschi nei punti più irraggiungibili dalle squadre di soccorso, ma ben conosciuti da chi appicca il fuoco, quando soffiano i venti più forti. In un ettaro di superficie in cenere perdono la vita in media anche 400 animali selvatici, tra rettili, mammiferi e 300 uccelli.

 

“Qui si brucia anche per dispetto o per vendetta contro la pubblica amministrazione”. E se ci guardassimo intorno un po’ di più?

Sembrebbe detto ieri ai microfoni televisivi. Ed invece lo scrisse più di un secolo fa Giovanni Verga, il grande scrittore siciliano del verismo. Ed allora? Se in 9 incendi su 10 c’è la mano di un bastardo criminale, che o vuole vendicarsi o gli piace semplicemente affascinarsi davanti alle fiamme come ad uno spettacolo perché è fuori di testa, perché non darsi una mossa? Una delle risposte è che lo Stato è assente. Perché l’Italia non sembra più uno Stato. E’ un groviglio di regioni e municipi ai quali i Padri Costituenti, con una previsione in buona fede e pregna di speranze, predissero un futuro di autonomia federalistica e di libertà. Un’altra risposta è che per noi (noi, un governo, uno Stato) l’ambiente, la natura, non sono beni economici, non li regge un’equazione quantistica. Sono piuttosto beni strumentali, belli da vedersi, da respirarsi, di cui vantarsi. Ma se vanno in fumo peggio per loro. Perché noi qui abbiamo altro cui pensare. Abbiamo i baristi, ristoratori, pizzaioli, gestori di piscine, palestre, discoteche,  impianti sciistici e imprese da tutelare ed indennizzare con i soldi pubblici. Come se dovessere aprire i battenti e lavorare a tutti i costi, e – se occorre – a spese nostre.

Poi ci guardiamo intorno. E leggiamo che hanno imparato a farlo negli Usa per le foreste di Nebraska, Illinois ed Oregon, in Galles e Scozia, in Cina e, più vicino a noi, in Turchia. Qui lo reclamano gli incendi boschivi che devastano il Sud del Paese. Ed hanno imparato a farlo con i velivoli senza equipaggio, i droni, grazie ai quali qualche giorno fa sono stati individuati e salvati dalle fiamme tre operatori di una torre di avvisatamento. Sono piccoli gioielli della tecnologia turca, i Bayraktar e gli Aksungur, capaci di volare a 27mila piedi di altezza (8mila metri) per 24 ore. Uno di questi modelli è capace anche di stare in aria fino a 49 ore, di sorvegliare e di trasportare fino a 750 kg di materiale ignifugo o anche di acqua. Li ha studiati l’UE con un suo centro di ricerca. Ed è emerso che l’uso di robot intelligenti per esplorare l’area e far cadere l’acqua può consentire agli umani di stare più indietro dalle zone pericolose, guardando solo i dati dei droni per prendere decisioni. Poiché i droni possono volare giorno e notte a basso costo (con soli  350 euro/giorno!) e ottenere un rapido accesso a incendi urbani o rurali precedentemente inaccessibili, possono aiutare a salvare sia la vita del pubblico che dei primi soccorritori. Ne è nata anche la teoria di utilizzare sciami di droni antincendio. Diversi droni autonomi che rilasciano 600 litri di acqua ogni minuto durante la notte, mentre altri veicoli senza equipaggio si riempiono per ripetere l’attacco a un incendio furioso. Non per sostituire ma per integrare aerei ed elicotteri. Sempre che gli interessi delle lobbies di questi velivoli non guardino a questa ipotesi come ad un pericolo di vedersi sottratto il business dello spegnimento.

 

Ed infine un esempio per tutti, quello di Nature Guardians

E’ un progetto che vede insieeme WWF e Huawei, per la sorveglianza digitale degli incendi, grazie all’installazione di telecamere smart e di gateway per la prevenzione ed il rilevamento tempestivo di eventuali incendi boschivi nelle Oasi WWF, tra cui quella campana degli Astroni a Napoli. Le Oasi rappresentano un’ottima opportunità per sperimentare metodologie innovative per la conservazione ambientale che possono poi essere diffuse su scala più vasta. La tecnologia può essere quindi uno strumento prezioso per la tutela di habitat, biodiversità e salute umana, ad esempio aiutando a prevenire minacce quali gli incendi boschivi. Una regione, un comune, un corpo di vigili e persino un ministero non può comprare aerei da 30 mln di dollari, o largheggiare con Canadair o elicotteri a 15mila e 10mila euro l’ora. Insomma è il momento di smetterla con le giaculatorie e di programmare una buona volta una strategia per la prossima estate. Magari non dicendo più “mamma li turchi”, ma piuttosto “grazie a li turchi”.