Con le opere d’esordio del pittore fiorentino, sarà inaugurata oggi, alle ore 11,30, la cinquantesima stagione espositiva della Galleria Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta
Di OLGA CHIEFFI
Negli anni Settanta percorsi a Firenze lì, forse più che altrove, dai fremiti di un rinnovamento che toccava tutte le espressioni culturali, esordiva, da geniale autodidatta della pittura e, non soltanto, Luca Alinari, artista che ha sempre padroneggiato il concetto e la parola con la medesima maestria delle materie dell’arte, dalla matita al video. Sarà questo il pittore che oggi, alle ore 11,30, inaugurerà la cinquantesima stagione della galleria Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta. La rassegna sceltissima di quadri di quegli anni ha il valore retrospettivo di un nucleo seminale, di un vivaio rigoglioso di potenzialità artistiche, nel quale i temi propri di Alinari sono già presenti, le modalità espressive già individuate, i tratti stilistici già più che accennati, nella loro pluralità tenuta insieme da una personale coerenza interiore. E’ questa una particolare fase d’esordio della sua pittura che gli valse la convocazione alla Biennale di Venezia nel 1982. La sua opera si colloca storicamente a metà tra il Concettualismo degli anni Sessanta-Settanta e il ritorno alla pittura degli anni Ottanta, con la Transavanguardia e i Nuovi-nuovi, di cui è senz’altro uno dei più ricercati anticipatori. Anche per questa ragione la produzione di questa sua feconda stagione, fatta di automi, elettrodomestici e attrezzi, merita di essere riscoperta. Le tele sono dipinte con un taglio ironico e fantastico e cromie accese. L’impianto narrativo delle sue opere è suggerito liberamente dall’assemblaggio di elementi figurativi isolati, per poi acquistare maggiore rilevanza organizzandosi in forma di racconto di carattere evocativo. Lo spazio del quadro si struttura, così, in una prospetticità scenica che accoglie figure, situazioni, brevi frasi. Edoardo Sanguineti racchiude il suo segno in questi versi “la ciminiera calibrata e cava spegne gli zoccoli del sogno, i praticabili a falce,/i tuoi prati privati e mi indica le valvole e le valve: mi trascura misura e [statura, così statica):/tengo a bada, per te, le bandierine a raffica, con i tronchi traviati,/svagati, a campanelle, a campanule): /le nebbie sono centripete: l’erpete è un[erpice….”. Alinari lascia aperta l’opera, avendo prioritariamente dischiuso la mente, che governa la partitura con l’abilissima simulazione della naturalità con cui devono manifestarsi, e farsi credibili, anche gli accadimenti straordinari altamente improbabili, nella considerazione comune, dunque da escludersi decisamente come incongruità e arbitrio del sogno. Accadimenti tuttavia contenuti, per quanto invisibili, nel limo del mondo fenomenico, la cui estensione ci è ignota, e rimane inesplorata, finché non fissiamo lo sguardo per riconoscerne i riflessi nel nostro immaginario. La pittura di Luca Alinari ha il fascino di un’ apparente leggibilità e facilità. In realtà, regala letture e suggestioni diverse, segni di una personalità complessa e non facilmente conoscibile. L’uso della scrittura nei dipinti rivela un’evidente vocazione dell’artista all’ affabulazione. I titoli dei suoi quadri sono tracce che rinviano ad altro e, forse, più che indicazioni per la lettura dell’opera, sono epifanie di una personalità intrigante e complessa. Potremmo definirle quasi storie in cornice poiché l’autore vi riesce a far convivere, desiderio di sogno, memorie, contemporaneità del sentimento, in una apparente leggerezza celebrandovi l’infelicità di un mondo ucciso dal progresso, dal suo frenetico correre verso un nulla che porta ad una volontaria reclusione dell’io.