Il music hall di Viviani e dintorni - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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Il music hall di Viviani e dintorni

Il music hall di Viviani e dintorni

Olga Chieffi

Sarà il duo da posteggia composto da Antonella Monetti, voce e fisarmonica e Michele Signore al violino, l’ assoluto protagonista nella chiesa di San Giorgio in Salerno, quale terzultimo appuntamento della rassegna “Grande Musica a San Giorgio”, promossa dall’Associazione Alessandro Scarlatti, presieduta da Oreste de Divitiis, giunta alla sua IV edizione, dal titolo “Senza confini” che ci accompagnerà sino al 22 giugno. Le sorprendenti architetture barocche dell’antica Chiesa di San Giorgio accolgono la programmazione musicale ideata e promossa dall’Associazione Alessandro Scarlatti presieduta da Oreste de Divitiis, e realizzata con il sostegno del MIC e della Regione Campania, in collaborazione con la Fondazione Alfano I e Salerno Sacra e con il patrocinio del Comune di Salerno. Antonella Monetti e Michele Signore proporranno un’antologia di brani che omaggia due grandi interpreti della canzone napoletana Luisella Viviani e Ria Rosa. Due personalità eccentriche di cantanti e attrici che hanno saputo indicare con la loro esperienza artistica uno spazio di libertà e di autodeterminazione privilegiato la cui eco giunge fino a noi nell’interpretazione di questa formazione duo da posteggia. Scorrendo la scaletta ci imbattiamo nei titoli delle canzoni che Raffaele Viviani inseriva nelle sue commedie, Tarantella segreta e Carmen la zuccona tratte da Eden Caffè Teatro, la Canzone ‘e sotto ‘o carcere, da Circo Equestre Sgueglia. Il Teatro Eden era un caffè concerto, con pochi tavoli e una piccola platea aperto a Napoli nel 1894, ampliato negli anni successivi. Dopo la sua chiusura, Viviani raccolse la sua esperienza su quel palcoscenico nella commedia musicale Eden Teatro che rappresentò nel 1919 al Teatro Umberto. Vi sono condensati i numeri che venivano proposti negli spettacoli di varietà davanti al rumoroso pubblico che gremiva la sala, con uno spaccato sul retropalco in cui emerge la vita intima con le delusioni e le ambizioni di un vasto campionario di artisti. Questo meccanismo di teatro nel teatro che interseca esibizioni e frustrazioni trascolora dallo spasso alla malinconia, dalla parodia alla sofferenza. È il mondo del varietà che nascondeva le lacrime dietro il belletto, che celava il dolore con la mistificazione della risata. Il music hall di Viviani è come la corda del funambolo sulla quale volteggia la fragilità dell’essere umano… Viviani coglie le sue creature nelle difficoltà più assurde e ridicole della vita, risvegliando in noi, spettatori, un amore per un’arte che svanisce, evapora, consumata dalla sua stessa leggerezza… Così Viviani, senza aver bisogno di una trama drammatica, ci mette a confronto con personaggi che diventano lo specchio di quanto di più fragile e nobile possediamo fino a farci credere che un soffio può essere una tempesta e una canzone può essere immortale. Il quadro offerto dall’autore nella chiarezza meridiana é un’opera completa e complessa, in cui proletariato, sottoproletariato e media borghesia si stagliano sul piano drammatico, divisi dalle posizioni di classe o uniti dalla comune miseria; e sempre, sempre, è l’eco della strada che reca le gioie e i dolori di Napoli povera e generosa. Quella verità, di cui Viviani coglie l’aspetto comico e drammatico, gli si presenta, oltre che nel suo contenuto passionale, anche in quello sociale e morale. Ciò è perché Viviani ha conosciuto per propria esperienza, in Napoli poverissima, la condizione del più povero; e gli basta talvolta, una battuta, un distico, per vendicarlo dalle umiliazioni, dalle offese, dalla secolare ingiustizia. Non è mai una parola ribelle (questo è il limite non dell’artista, ma dell’uomo) ma è sempre una parola amara, tagliente, dolorosa (è quella dell’uomo del popolo che sta dalla parte del popolo; e del poeta che sa dirne il dolore). Non poteva mancare la figura e la voce di Bammenella affidata al sentire teatrale di Antonella Monetti. Bammenella è la protagonista della marginalità, una donna forte e volitiva, che rifiuta onorevolmente di arrendersi e ricorre all’espediente di esaltare la condizione che, viceversa comprende di dover subire. Finale con l’omaggio a Ria Rosa a cominciare da un brano che rientra nel ricco filone della canzone umoristica napoletana, ma si distingue per ma si distingue per l’originale punto di vista del testo, che è quello di una donna decisa a sottrarsi ai divieti di un fidanzato troppo bacchettone. Rossetto, sigarette, costume corto, sport di ogni genere: è attirata da tutto ciò che fa modernità. Al contrario del compagno, che ama l’Ottocento… e ancora “Fresca fresca”, “Stu cazone co’ tiene affà”, sino a “’E pentire, l’urdema Tarantella” di Libero Bovio. Musiche e versi che con i loro contenuti hanno raccontato semplicità ed erotismo, essoterismo e magia, rituali sacri e profani, feste popolari. Ed è proprio qui che trova origine di questo particolare canzoniere, dove le suggestioni, le intonazioni, le evocazioni del nostro vernacolo si trasforma in un canto ora dolente, ora euforico, capace di esprimere l’eterno incanto dei sensi di questa magica sirena Partenope. Dal mare nascono e al mare ritorneranno, infatti, le note di questo concerto, che abbracciano la tradizione popolare, la “poesia cantata” del repertorio d’autore, completata dalla memoria sonora collettiva con il vigore ritmico e l’aggressività espressiva che sa trasformarsi in danza e nella eterna sfida del popolo partenopeo alla vita.