di Pina Ferro
Raggiunto da una misura cautelare lo scorso mese di febbraio, da ieri, l’ex sostituto procuratore presso il Tribunale di Salerno, Roberto Penna è di nuovo un uomo libero. I giudici della settima sezione del Tribunale di Napoli hanno accolto l’istanza presentata, lo scorso 25 novembre, dall’avvocato Guglielmo Scarlato.
Venute meno le esigenze cautelari (Penna era agli arresti domiciliari) questa la ragione alla base della richiesta presentata ai giudici partenopei. Una decisione arrivata nella tarda mattinata di ieri e per la quale i magistrati titolari del fascicolo investigativo si erano opposti.
Nessuna dichiarazione ufficiale è giunta da Roberto Penna che è stato costretto in casa per un lunghissimo periodo. Insieme a Penna sono stati scarcerati anche la compagna di quest ultimo, l’avvocato Gabriella Gallevi e l’imprenditore Umberto Inverso, difeso dall’avvocato Michele Tedesco..
Ai soggetti raggiunti dall’ordinanza cautelare veniva contestato, a vario titolo, la corruzione per l’esercizio delle funzioni, per atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, oltre che induzione indebita a dare o promettere utilità.
Abusando della sua funzione e in cambio della promessa del conferimento di incarichi di consulenza professionale all’avvocato a cui era sentimentalmente legato, il magistrato Roberto Penna avrebbe promesso, e in alcuni casi anche fornito, agli imprenditori arrestati, aderenti a un consorzio, notizie coperte da segreto investigativo su indagini potenzialmente pregiudizievoli per le loro attività.
Il 14 luglio dello scorso anno i carabinieri del Ros, su delega dell’ufficio inquirente partenopeo (Sostituti procuratore Ardituro e Fratello) eseguirono una serie di perquisizioni nei confronti degli arrestati.
L’attività d’indagine dei carabinieri, che va dall’ottobre 2020 al luglio 2021, avrebbe fatto luce su un vero e proprio «patto corruttivo» tra il magistrato, a conoscenza, per ragioni d’ufficio, di informazioni coperte da segreto, e gli imprenditori del consorzio i quali avvalendosi della sua compiacenza sarebbero riusciti a evitare i provvedimenti interdittivi della Prefettura di Salerno, dove, peraltro, il consorzio in questione aveva la sua sede.
Gli imprenditori, inoltre, sempre avvalendosi dell’aiuto del magistrato, avevano intenzione di allacciare rapporti privilegiati con i funzionari del Palazzo di Governo di Salerno per conseguire la collocazione del consorzio nella cosiddetta «white list».
Tra gli obiettivi che si erano prefissati figurava anche la sottoscrizione di un protocollo di legalità tra il loro consorzio e la Prefettura.